Grande coalizione, contratto per il programma e coinvolgimento della base. Come è andata in Germania
8 min letturaLe elezioni del 4 marzo scorso non hanno dato una maggioranza politica che potesse permettere a un partito o a una coalizione di governare. Da oltre 70 giorni c’è uno stallo istituzionale. Da marzo, infatti, ci sono stati alcuni tentativi di intesa tra i maggiori partiti e coalizioni, ma nessuna è andata a buon fine.
Se una forza politica di #cdx ritiene di assumersi la responsabilità di creare un #governo con #M5S prendiamo atto con rispetto. Non voteremo la fiducia, valuteremo l’operato del governo che nascerà, sostenendo i provvedimenti utili per gli #italiani: https://t.co/brv3wb01M0
— Silvio Berlusconi (@berlusconi) May 9, 2018
Il 9 maggio però qualcosa è cambiato. Silvio Berlusconi ha dato il via libera all’alleato Matteo Salvini della Lega per provare a fare un’alleanza di governo con il Movimento 5 Stelle, senza la conseguenza politica di una rottura della coalizione di centrodestra.
Dopo quell’annuncio del presidente di Forza Italia, Lega e Movimento 5 stelle, in diversi incontri riservati tra i due leader e pochi collaboratori e parlamentari dei rispettivi partiti, hanno fatto il punto su programma e sul nome del futuro presidente del Consiglio.
ATTENZIONE.
Questa è la versione definitiva. Definitiva definitiva. FINALE. E ora gli iscritti dei due partiti voteranno. https://t.co/chd2TtTfZr— Il Post (@ilpost) May 18, 2018
Dopo diversi giorni di bozze pubblicate dai media, ieri è stato reso noto il testo del cosiddetto "contratto di governo" definitivo tra Lega e M5S composto da 57 pagine. Sul nome invece di chi guiderà il nuovo esecutivo non è stata ancora raggiunta un’intesa. Salvini ha comunque detto che il prossimo lunedì andrà dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con un nome.
Già poco prima dell’inizio delle consultazioni del Presidente della Repubblica per trovare una maggioranza di governo, Luigi Di Maio, capo politico dei Cinque Stelle, aveva proposto l’idea di stipulare un contratto di governo “come in Germania”. “Sappiamo”, aveva detto Di Maio, “che non ci sono numeri perché una forza politica governi da sola e dobbiamo essere concreti: io voglio proporre ai miei interlocutori un contratto di governo come in Germania. Mettiamoci attorno a un tavolo, decidiamo le cose da fare”.
In un post sul “Blog delle stelle”, lo stesso Di Maio aveva specificato: “Proponiamo un contratto di governo come quello che viene sottoscritto dalle principali forze politiche in Germania dal 1961. È un contratto in cui scriviamo nero su bianco, punto per punto, quello che vogliamo fare, dove si spiega per filo e per segno come si vogliono fare le cose e in quanto tempo. Dentro si inseriscono tutti i dettagli delle cose che si devono fare, si firma davanti agli italiani e poi si realizza. Quello che c'è scritto è ciò che il governo si impegna a fare". Il contratto, proseguiva il leader M5S, non si configurava, dunque, come un accordo né un’alleanza ma come un impegno che “forze alternative e distanti tra di loro assumono davanti ai cittadini, prendendosi la responsabilità di lavorare insieme per il bene degli italiani”.
Lega (che alle elezioni ha ricevuto oltre 5milioni e mezzo di voti) e M5S (quasi 11 milioni di voti) hanno poi voluto sottoporre il contratto stipulato ai loro rispettivi sostenitori. Ieri, ad appena un giorno dalla versione definitiva, gli iscritti del Movimento 5 stelle hanno votato (dalle 10 alle 20) il programma sulla piattaforma Rousseau, che, solo tre giorni fa, il garante della Privacy, Antonello Soro, ha definito ancora vulnerabile a possibili attacchi hacker.
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Gli iscritti "certificati" su Rousseau (oltre 120mila), dopo aver ricevuto un sms con una password, potevano leggere e votare l'intero programma e decidere con un sì o un no se approvare o meno il "contratto" di governo. Al termine della votazione online, Luigi Di Maio ha comunicato che il "contratto" ha ricevuto il voto favorevole del 94% dei votanti. In totale, hanno votato 44.796 (cioè circa lo 0,4% dei voti presi alle elezioni): per il sì 42.274, per il no 2.522 no. Il M5S ha precisato inoltre che un Notaio ha garantito la regolarità del voto.
La Lega invece, durante il fine settimana, predisporrà nelle maggiori piazze italiane oltre 1000 gazebo per far votare il programma di governo. Il Corriere della Sera spiega che "si potrà votare dalle 9 alle 18" alcuni dei punti salienti discussi in questi giorni, "non l’intero testo, che sarà comunque consultabile sul sito e in ogni postazione di voto". Il quotidiano aggiunge poi che "verrà presa nota dell’identità dei votanti, per dare una veste formale alla consultazione cui tutti sono invitati". Quindi, sembra di capire che tutti coloro che si presenteranno ai gabezo con l'intenzione di votare potranno farlo, non solo gli iscritti.
Di seguito la scheda che verrà consegnata a chi andrà votare nei gazebo della Lega.
Come è andata in Germania tra Cdu, Csu e Spd
174 pagine contro 58, 14 capitoli contro 30, nove firme - quelle dei segretari generali, dei capigruppo e dei presidenti dei tre partiti alleati - apposte in calce in diretta tv contro le firme dei due leader di coalizione davanti un notaio, oltre una settimana data alla base per esprimersi contro un fine settimana: le differenze tra il Koalitionsvertrag su cui si regge il quarto governo Merkel e il "Contratto per il cambiamento del governo" siglato da M5S e Lega sono evidenti. Ripercorriamo le tappe che hanno portato in Germania alla sigla del contratto di coalizione tra Cdu, Csu e Spd, nonché le modalità con cui è stato approvato dagli iscritti e la sua struttura.
I tempi
169: tanti sono i giorni trascorsi dalle politiche del 24 settembre 2017 fino alla firma del contratto, il 12 marzo 2018. Per la Germania si è trattato di un record, dovuto all'insolita complessità delle trattative per la formazione del nuovo governo. Di fronte al risultato della Spd, crollata al 20,5% (il peggior risultato del dopoguerra), il candidato cancelliere socialdemocratico, Martin Schulz, ha annunciato la sera stessa del voto di non voler ripetere l'esperienza della Grande Coalizione e di voler andare all'opposizione. Il 24 ottobre – a un mese esatto dal voto – la Cdu di Merkel e i cugini bavaresi della Csu hanno avviato le trattative con i Verdi e i liberali della Fdp per un'inedita coalizione 'Giamaica', che sono durate 27 giorni: il 20 novembre la Fdp ha annunciato il fallimento dei colloqui.
Anche per effetto del pressing esercitato dal presidente della Repubblica, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, la Cdu/Csu e la Spd hanno iniziato a discutere di una possibile riedizione della Grande coalizione. Il 7 dicembre un congresso della Spd ha dato il via libera ai colloqui preliminari con la Cdu/Csu, che si sono svolti dal 7 al 12 gennaio 2018 e sono sfociati in un documento di 28 pagine che rappresenta il nucleo del contratto vero e proprio. Il 21 gennaio un congresso straordinario dei socialdemocratici ha acconsentito all'avvio delle trattative di coalizione, che si sono tenute dal 26 gennaio al 7 febbraio (12 giorni in tutto). È in questa fase che è stato definito il contratto di coalizione: il testo è stato elaborato da 18 gruppi di lavoro su altrettanti temi, a cui si aggiungono altri quattro gruppi più ristretti, uno dei quali composto soltanto dai leader di Cdu, Csu e Spd.
Il voto delle rispettive basi
I tre partiti hanno deciso di coinvolgere le loro basi con modalità e tempi differenti. L'8 febbraio i vertici e il gruppo parlamentare della Csu hanno approvato il Koalitionsvertrag. Il 26 febbraio è stata la volta della Cdu: un congresso del partito di Merkel ha votato a larghissima maggioranza – appena 27 'no' su 975 delegati – il contratto. La Spd ha deciso invece di organizzare un referendum tra gli iscritti.
Il referendum della Spd
La consultazione è stata preceduta da sette conferenze regionali, organizzate tra il 17 e il 25 febbraio in varie città tedesche, durante le quali i principali esponenti nazionali hanno informato la base sui contenuti del contratto.
Al referendum hanno potuto partecipare tutti coloro che sono risultati iscritti al partito entro le 18 del 6 febbraio, indipendentemente dalla loro cittadinanza e dalla loro età (per aderire alla Spd bisogna avere almeno 14 anni). In totale gli aventi diritto sono stati 463.723. I voti espressi sono stati 378.437 (78,4%), quelli validi 363.494. I sì sono stati 239.604 (66,02%), i no 123.329 (33,98%). A titolo di paragone: alle elezioni del 24 settembre la Spd ha raccolto circa 11,4 milioni di "secondi voti" (nel sistema elettorale tedesco il "secondo voto" è determinante per la suddivisione dei seggi al Bundestag).
Due le modalità previste per partecipare al referendum: per posta e online. Gli iscritti in Germania – la quasi totalità - hanno potuto votare esclusivamente per posta: entro il 20 febbraio hanno ricevuto un plico contenente, oltre a del materiale esplicativo, una scheda col quesito vero e proprio ("Il partito socialdemocratico dovrebbe stipulare il contratto negoziato nel febbraio del 2018 con la Cdu e la Csu?"), da riporre in una busta blu, che andava inserita in una busta rosa insieme a una dichiarazione giurata ("Garantisco di aver siglato personalmente la scheda elettorale allegata"). Sono state prese in considerazione solo le schede ricevute entro la mezzanotte del 2 marzo. Per andare sul sicuro, gli iscritti sono stati invitati a rispedire la scheda già il 27 febbraio.
Per ovviare ai tempi lunghi delle poste, gli iscritti all'estero, che sono appena 2.300 circa, hanno espresso il loro voto online. Ognuno ha ricevuto un'apposita mail, che riassumeva i passi da seguire. Gli iscritti hanno dovuto anzitutto richiedere un Pin (per farlo, era necessario inserire il numero della propria tessera e la data di nascita). Il voto vero e proprio è stato espresso su un'apposita piattaforma della Spd protetta da login: i dati di accesso erano costituite dal numero della propria tessera e dal Pin precedentemente ottenuto.
Il partito non ha specificato quanti abbiano partecipato al voto online (qui i risultati complessivi).
Secondo la Spd, il referendum è costato circa 1,5 milioni di euro.
Il contratto di coalizione
Più che il Koalitionsvertrag, l'accordo tra M5S e Lega ricorda, nella genericità di molti dei suoi passaggi, il pre-contratto di coalizione tedesco, cioè il documento siglato da Cdu, Csu e Spd il 12 gennaio, al termine dei loro colloqui preliminari. Il Koalitionsvertrag vero e proprio si contraddistingue per un livello di dettaglio molto più elevato, con effetti paradossali: il tema "Immigrazione", un cavallo di battaglia della Lega, viene liquidato nel testo M5S-Lega in tre pagine, contro le sei che il Koalitionsvertrag dedica a "Immigrazione" e "Integrazione" (un termine, quest'ultimo, assente nel "Contratto per il cambiamento"). Per non parlare delle priorità. Un esempio: il tema "Europa", che nell'accordo M5S-Lega costituisce il 29esimo capitolo su 30, occupa il primo posto nel Koalitionsvertrag.
Tralasciando le differenze più evidenti, relative ad esempio al rispetto dei vincoli europei ("Il Patto di stabilità e crescita resterà anche in futuro la nostra bussola", si legge nell'intesa tra Cdu, Csu e Spd), emergono anche dei potenziali riferimenti mancati. Uno su tutti: il "vincolo di mandato". Il contratto M5S-Lega, che prende a modello in modo tanto esplicito quanto fuorviante l'esempio tedesco, cita, a torto, l'esempio portoghese, ma dimentica paradossalmente il Koalitionsvertrag: "i gruppi parlamentari della coalizione votano in modo uniforme. Ciò vale anche per le questioni che non sono oggetto delle politiche concordate. Sono esclusi cambi di maggioranza", si legge in fondo al contratto tedesco. Un passaggio che stride in modo evidente con l'articolo 38 della Costituzione tedesca, secondo il quale i deputati "sono soggetti soltanto alla loro coscienza", ma che rappresenta da tempo una costante dei contratti di coalizione in Germania: lo si ritrova tal quale, ad esempio, già nel contratto Spd-Verdi del 1998. Si tratta della concretizzazione di un principio ben noto in Germania, quello della Fraktionsdisziplin, cioè della disciplina del gruppo parlamentare, che punta a garantire una certa omogeneità nel comportamento di voto di un partito al Bundestag. Un meccanismo che non si basa su "sanzioni" immediate per chi vi si sottrae (che sarebbero incostituzionali), quanto su metodi meno diretti, come ad esempio la mancata ricandidatura alle prossime elezioni. In ogni caso, il deputato tedesco che decida di uscire dal partito col quale è stato eletto al Bundestag o venga estromesso da esso mantiene il suo mandato.
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