Catalogna e l’indipendenza: cosa sta succedendo
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Aggiornamento 12 novembre, ore 11:00 - Centinaia di migliaia di persone hanno manifestato ieri per le strade di Barcellona per chiedere la liberazione dei politici catalani arrestati durante la repressione da parte dello Stato del processo referendario illegale. Attualmente sono in prigione senza possibilità di cauzione i rappresentanti di due associazioni culturali indipendentiste e gli ex consiglieri del Govern. L'obiettivo della protesta pacifica, organizzata dalle associazioni indipendentiste, era denunciare l'esistenza di "prigionieri politici" in Spagna e rivendicare lo status di "Repubblica indipendente".
La manifestazione, secondo i dati forniti dalle forze dell'ordine, ha riunito circa 750mila persone durante la giornata, molte di queste arrivate da tutta la regione grazie al servizio di 947 autobus coordinato dagli organizzatori, secondo eldiario.es. Qui potete vedere alcune foto della protesta.
"Barcelona tonight. Massive demonstration demanding the release of jailed Catalan political and civil society leaders". #Freedom11N
Llibertat patriotes catalans!#RepúblicaCatalana#Llibertatpresospolíticspic.twitter.com/xirTRPBW9U— Llibertat.cat (@Llibertatcat) November 11, 2017
Era presente anche il sindaco di Barcellona, Ada Colau, che alla fine della manifestazione ha trasmesso il suo sostegno ai politici inquisiti dalla magistratura. Sono intervenuti in diretta video da Bruxelles anche l'ex Presidente Carles Puigdemont e i suoi ex consiglieri. Puigdemont ha chiesto all'Unione europea di smettere di ignorare la questione.
In realtà, la posizione della Ue rispetto alla crisi catalana è piuttosto chiara: non ha mai riconosciuto l'indipendenza unilaterale della regione e ha dichiarato in diverse occasioni che questa crisi è responsabilità del Governo spagnolo e non dell'Unione europea, l'ultima due giorni fa quando Juncker ha rinnovato il suo sostegno al Presidente Mariano Rajoy in difesa della legalità e contro il "veleno" del nazionalismo.
Aggiornamento 6 novembre, ore 9:00 - Un giudice belga si è riunito durante cinque ore con l'ex Presidente catalano Carles Puigdemont e gli ex consiglieri che si trovano con lui a Bruxelles. Al termine delle loro dichiarazioni sono stati rilasciati in libertà con misure cautelari, in attesa che il mandato di cattura internazionale presentato dall'Audiencia Nacional segua il tuo iter burocratico.
Aggiornamento 3 novembre, ore 11:00 - Il giudice dell'Audiencia Nacional, accogliendo la richiesta della Procura spagnola, ha ordinato ieri l'arresto del Vicepresidente del Govern catalano, Oriol Junqueras, e di sette ex consiglieri regionali che ancora si trovano in Catalogna. La "fuga" in Belgio dell'ex Presidente della regione Carles Puigdemont e di alcuni dei suoi consiglieri ha determinato la decisione del tribunale di decretare l'arresto senza cauzione.
Il giudice ha aggiunto alle motivazioni di questa decisione il rischio di una fuga per evitare le pene elevate a cui vanno incontro gli accusati. Il massimo per i delitti contestati potrebbe essere 50 anni di prigione: 25 anni per il delitto di ribellione, 15 per il delitto di sedizione, 8 per quello di malversazione di fondi (che potrebbe arrivare a 10 nel caso venisse riscontrata una falsificazione della contabilità pubblica).
In seguito all'arresto degli otto politici, la Procura ha chiesto al giudice dell'Audiencia Nacional di emettere un mandato di arresto europeo contro l'ex Presidente Puigdemont e gli altri ex consiglieri che si trovano attualmente con lui in Belgio. Il giudice ha emesso questo mandato poche ore dopo, chiedendo all'autorità belga l'arresto senza cauzione dell'ex Presidente catalano.
Aggiornamento 31 ottobre, ore 16:30 - L'ex Presidente catalano Carles Puigdemont non chiederà l'asilo politico, ma rimarrà in Belgio fino a che non otterrà "garanzie" di un giusto processo dalla Spagna.
Durante una conferenza stampa, tenutasi questa mattina a Bruxelles, Puigdemont ha ribadito che non riconosce la destituzione del suo Govern e ha garantito di essere ancora a capo della regione: "Possiamo adempiere alle nostre obbligazioni anche da qui". Una parte del suo esecutivo, tra cui il vicepresidente, è in Catalogna, dove "sta realizzando attività politiche come membri legittimi. Non abbiamo abbandonato le nostre funzioni di governe", afferma Puigdemont.
L'ex Presidente catalano ha però riconosciuto implicitamente le elezioni regionali del prossimo 21 dicembre, convocate dal Governo di Mariano Rajoy: "Sono una sfida che dobbiamo affrontare con tutte le nostre forze". E ha lanciato un appello al settore pubblico e alle istituzioni catalane, chiedendo di "fare il possibile per evitare la demolizione del sistema catalano". L'ex Presidente ha concluso dicendo che "finché esiste la minaccia della vendetta, non ci sono le condizioni oggettive per tornare".
Aggiornamento 30 ottobre, ore 16:30 - L'ex Presidente catalano, Carles Puigdemont, è venuto a conoscenza delle accuse della Procura mentre si trovava già in Belgio, dove lui e sette membri del suo Govern si sono rifugiati per sfuggire alla giustizia spagnola, secondo eldiario.es. In questo modo l'ex Presidente evita la dichiarazione davanti al giudice e obbliga lo Stato spagnolo a una causa giudiziaria internazionale. Puigdemont e i suoi consiglieri stanno valutando la possibilità di chiedere asilo politico in Belgio, un paese europeo considerato particolarmente garantista davanti alle richieste di estradizione.
Aggiornamento 30 ottobre, ore 13:30 - La Procura spagnola ha accusato l'ex Presidente catalano Carles Puigdemont e il suo Govern dei reati ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici, in relazione al referendum dell'1 ottobre e alla dichiarazione unilaterale di indipendenza. Il Procuratore generale ha chiesto ai tribunali di fissare una cauzione di 6,2 milioni di euro. Puigdemont e gli ex consiglieri sono stati convocati per dichiarare davanti al giudice, in quel momento si deciderà se sono necessarie misure cautelari come la prigione.
Aggiornamento 27 ottobre, ore 20:30 - Il Presidente del Governo Mariano Rajoy ha annunciato in conferenza stampa (senza concedere domande) che il Consiglio dei Ministri straordinario ha approvato un decreto attraverso il quale destituisce il Presidente catalano Carles Puigdemont e tutto il suo esecutivo, scioglie il Parlament catalano e convoca nuove elezioni regionali per il prossimo 21 dicembre.
«La normalità inizia con la legge, con il recupero della legittimità istituzionale e restituendo la voce ai catalani: ho sciolto il Parlament e convocato elezioni regionali per il 21 dicembre», ha dichiarato Rajoy ai giornalisti.
Queste misure erano già previste dalla proposta che il Governo ha presentato al Senato questa mattina, approvata con 214 voti favorevoli, 47 contrari e un'astensione. Rajoy ha ringraziato i leader del Partido Socialista (PSOE) e di Ciudadanos (C's), Pedro Sánchez e Albert Rivera, per il loro sostegno all'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione.
Aggiornamento 27 ottobre, ore 17:00 - Questa mattina il Parlament catalano ha approvato la dichiarazione unilaterale di indipendenza e proclamato la "Repubblica di Catalogna come stato indipendente e sovrano", in seguito a una votazione segreta alla quale ha partecipato solo metà della camera. La proposta indipendentista è stata approvata con 70 voti a favore, 10 contrari e 2 nulli.
I parlamentari regionali dell'opposizione del Partido Popular (PP), del Partit dels Socialistes de Catalunya (PSC) e di Ciutadans (C's) hanno abbandonato l'aula durante la votazione. L'unico partito dell'opposizione ad aver partecipato alla votazione è la formazione Catalunya Sí que es Pot, la coalizione di sinistra della quale fanno parte anche i parlamentari catalani di Podemos, dopo aver pronunciato un duro discorso contro gli indipendentisti e la dichiarazione unilaterale di indipendenza (sono loro, presumibilmente, i 10 voti contrari).
Quarantacinque minuti dopo la dichiarazione di indipendenza nel Parlament, mentre in piazza a Barcellona ancora si festeggiava la notizia dell'indipendenza al grido di "Visca la República!", il Senato spagnolo ha approvato la richiesta del Governo Rajoy di applicare l'articolo 155 della Costituzione in Catalogna, con i voti del Partido Popular (PP), del Partido Socialista (PSOE), di Ciudadanos (C's), e di Coalición Canaria (CC): 214 voti favorevoli, 47 contrari e un'astensione.
L'approvazione dell'articolo 155 prevede la destituzione dell'attuale Govern catalano (il potere esecutivo regionale ricadrà sul Governo spagnolo), la restrizione dei poteri del Parlament catalano, il commissariamento statale degli organismi e servizi della comunità autonoma (includendo la polizia locale: i Mossos d'Esquadra) e la convocazione di elezioni regionali anticipate entro sei mesi. Il Parlament, inoltre, sarà privato del potere di investire il Govern che verrà fuori da queste elezioni, tale responsabilità sarà del Governo spagnolo. È la prima volta nella storia costituzionale del paese che viene applicato questo articolo.
I senatori di Unidos Podemos, Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), Partido Nacionalista Vasco (PNV) y Partit Demòcrata Europeu Català (PDeCAT) hanno votato contro la risoluzione, ma Pablo Iglesias ha dichiarato in un tweet: «Siamo contrari alla repressione e favorevoli a un referendum concordato [con lo Stato], però la dichiarazione di indipendenza è illegittima e favorisce la strategia del PP».
Estamos contra la represión y por un referéndum pactado, pero la declaración de independencia es ilegítima y favorece la estrategia del PP
— Pablo Iglesias (@Pablo_Iglesias_) October 27, 2017
Nel tardo pomeriggio si riunirà il Consiglio dei Ministri per decidere la risposta del Governo alla dichiarazione di indipendenza. Il Presidente Rajoy ai microfoni dei media spagnoli ha assicurato che la priorità del Governo è "restaurare la legalità in Catalogna".
Aggiornamento 20 ottobre, ore 11:00 - Il Partido Popular di Mariano Rajoy e il PSOE di Pedro Sánchez hanno raggiunto un accordo sull'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione per convocare le elezioni in Catalogna a gennaio. Secondo il diario.es, l'obiettivo dei due partiti è intervenire il meno possibile sull'autonomia catalana per garantire il processo elettorale e "recuperare la normalità democratica".
Aggiornamento 19 ottobre, ore 11:30 - Questa mattina il President catalano Carles Puigdemont ha risposto alla sollecitazione del capo del Governo spagnolo Mariano Rajoy riconoscendo che il Parlament non ha votato l'indipendenza, per tanto non c'è stata nessuna dichiarazione unilaterale di indipendenza formale.
Puigdemont ha anche ribadito la sua volontà di dialogo e ha rimproverato allo Stato spagnolo il fatto di aver risposto alla sua proposta di negoziazione con la minaccia di applicare l'articolo 155 e con l'arresto dei due leader indipendentisti Jordi Sánchez, presidente dell'Assemblea Nacional Catalana (ANC), e Jordi Cuixart, presidente di Òmnium Cultural, due associazioni politico-culturali che hanno come obiettivo promuovere e raggiungere l’indipendenza in Catalogna. Ha concluso la sua lettera minacciando Rajoy di dichiarare ufficialmente l'indipendenza «se dovesse continuare la repressione».
Il Governo spagnolo ha ritenuto insoddisfacente la risposta del President catalano e ha confermato la volontà di applicare l'articolo 155 della Costituzione, con l'obiettivo di convocare elezioni anticipate in Catalogna. Sabato il Consiglio dei Ministri si riunirà con urgenza per votare nel dettaglio quali misure che verranno adottate attraverso l'articolo 155.
Aggiornamento 11 ottobre, ore 14:00 - Il segretario del PSOE, Pedro Sánchez, ha confermato il suo sostegno al Governo spagnolo e si è unito alla richiesta formulata dal Presidente Rajoy al Presidente Puigdemont di chiarire se ha dichiarato o no l'indipendenza catalana. Ha anche assicurato che se Puigdemont non dovesse tornare alla legalità, il PSOE offrirà il suo sostegno al Governo nell'applicazione delle dovute misure costituzionali (il riferimento implicito è all'applicazione dell'articolo 155). Sánchez ha anche annunciato di aver stretto un accordo con il Governo per iniziare un processo di riforma costituzionale con l'obiettivo di modernizzare il sistema delle autonomie spagnole. «Dobbiamo aggiornare il nostro modello di convivenza», ha dichiarato.
Albert Rivera, segretario di Ciudadanos, ha confermato il suo sostegno al all'applicazione dell'articolo 155 e si è detto d'accordo a una riforma costituzionale.
Aggiornamento 11 ottobre, ore 12:30 - Il Presidente del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, ha risposto a Carles Puigdemont in una conferenza stampa senza domande: «Il Consiglio dei Ministri ha preso la decisione di richiedere formalmente al Governo della Generalitat (catalana) se ha dichiarato l'indipendenza in Catalogna. Questa richiesta è precedente a qualsiasi delle misure che il Governo decida adottare ai sensi dell'articolo 155 della Costituzione. Il Governo vuol offrire certezze agli spagnoli e ai catalani».
Con questo messaggio, Rajoy dà inizio alla procedura stabilita per l'applicazione dell'articolo 155, che permetterebbe al Governo di revocare l'autonomia in Catalogna, sciogliere il Parlament catalano, costituire un Govern provvisorio e convocare nuove elezioni regionali. «La risposta del signor Puigdemont segnerà il futuro degli avvenimenti dei prossimi giorni. Se rispetta la legalità si porrà fine a un periodo di illegalità e rottura della convivenza».
Rajoy requiere a Puigdemont que clarifique si ha declarado la independencia antes de aplicar el 155 https://t.co/OwcUlUQia6
— 24h (@24h_tve) October 11, 2017
In altre parole, se Puigdemont non rinuncia definitivamente all'indipendenza, il Governo sottoporrà la decisione di applicare dell'articolo 155 al Senato, che dovrà essere presa a maggioranza assoluta. Il Partido Popular di Mariano Rajoy ha la maggioranza assoluta nel Senato e può contare sul sostegno di Ciudadanos.
Il segretario socialista del PSOE, Pedro Sánchez, farà una dichiarazione ufficiale alle 13:00.
Aggiornamento 10 ottobre, ore 22:30 - Una volta conclusi tutti gli interventi nel Parlament, i deputati indipendentisti della coalizione del Govern catalano hanno firmato un documento intitolato "Dichiarazione dei rappresentanti della Catalogna", con il fine di dimostrare ai propri elettori che la dichiarazione di indipendenza, seppur sospesa, ha una base formale. In realtà non è una vera e propria "dichiarazione unilaterale di indipendenza", perché la Legge di Transitorietà stabilisce che questa debba essere discussa e votata in aula, mentre in questo caso si tratta un documento privato firmato dai deputati. Nel testo però si legge "Costituiamo la repubblica catalana, come Stato indipendente e sovrano, di diritto, democratico e sociale". Una dichiarazione simbolica, ma che non è piaciuta al Governo spagnolo. E non è piaciuta neanche all'alleato CUP, a quanto pare.
Il Presidente Mariano Rajoy si riunirà questa notte con i leader degli altri schieramenti e ha convocato un Consiglio dei Ministri straordinario mercoledì mattina alle 9:00.
Aggiornamento 10 ottobre, ore 20:00 - Il Presidente catalano è intervenuto nel Parlament per commentare la situazione politica dopo il referendum dell'1 ottobre. «Il mandato dei cittadini catalani è che la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica». Dopo aver spiegato con questa frase il risultato del referendum, Carles Puigdemont ha chiesto al Parlament catalano di sospendere la dichiarazione di indipendenza per aprire un periodo dedicato alle negoziazioni e alla ricerca di una mediazione internazionale.
In questo modo, Puigdemont aggira le possibili conseguenze di una dichiarazione unilaterale di indipendenza e sceglie la via del dialogo, posticipando tale dichiarazione in maniera indefinita e capitalizzando il risultato referendario in vista di una possibile negoziazione con il Governo spagnolo. Le Legge di Transitorietà che regola il referendum indipendentista permette di posticipare fino a un anno la dichiarazione unilaterale di indipendenza.
Gabilondo recuerda q la ley de Transitoriedad permite q Puigdemont retrase un año la propia declaración de independencia #objetivoCataluña
— Pilar Velasco (@Pevelasco) October 8, 2017
Aspettando la dichiarazione di indipendenza unilaterale
Oggi alle 18 il Presidente della Catalogna Carles Puigdemont pronuncerà un discorso nel Parlament catalano. Anche se non c'è stata nessuna conferma ufficiale, molti pensano che sfrutterà questa occasione per formulare la dichiarazione di indipendenza unilaterale (che in Spagna è abbreviata con l’acronimo “DUI”) della “Repubblica catalana” in seguito al risultato del referendum celebrato l’1 ottobre, considerato illegale dal Tribunale costituzionale e segnato dalla violenza delle forze di polizia nazionali che hanno cercato di impedire la sua celebrazione.
Non è ancora chiaro quale sarà la natura della dichiarazione di indipendenza. Come riporta eldiario.es, esiste una divergenza di opinioni nella coalizione di governo catalana: il partito di Puigdemont, il Partit Demòcrata Europeu Català (PDeCAT), teme che dichiarare l’indipendenza adesso, senza l’appoggio di nessuna istituzione internazionale, possa risultare un puro esercizio retorico. Ecco perché, assieme al partito di sinistra Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), si valuta l’ipotesi di posticipare la dichiarazione unilaterale con l’obiettivo di guadagnare tempo e, chissà, forzare una negoziazione con lo Stato spagnolo. Nella coalizione di governo, però, c’è anche il partito di sinistra radicale Candidatura d'Unitat Popular (CUP), che spinge per l’indipendenza immediata, senza procrastinare ulteriormente una decisione che secondo i suoi deputati rappresenta "la chiusura di un ciclo storico".
La questione è quindi più complicata di quanto possa apparire dall’esterno. Puigdemont si limiterà a formulare una dichiarazione simbolica? Il Govern vuole forzare la trattativa con lo Stato o è davvero disposto ad andare fino in fondo? Come reagirà il Governo di Madrid? E, soprattutto, come reagirà la Procura dello Stato? Puigdemont è davvero imputabile per i reati di sedizione, ribellione, disobbedienza, prevaricazione, malversazione, usurpazione di funzioni? (Non è chiaro). Il tempo per il dialogo è davvero finito (se mai c’è stato)?
Catalonia's president says going to jail beats staying Spanish https://t.co/pmTQy4lLVL pic.twitter.com/qoUD4mfdfh
— Bloomberg Brexit (@Brexit) October 10, 2017
Per rispondere a queste domande non ci resta che aspettare. Dopo il discorso del Presidente Carles Puigdemont nel Parlament, è previsto un intervento del Presidente Mariano Rajoy nel Parlamento spagnolo, con data ancora da definire. Rajoy e il suo esecutivo hanno già messo in guardia il Govern diverse volte da quando si è celebrato il referendum e c’è da aspettarsi che di fronte a una dichiarazione unilaterale di indipendenza siano pronti a reagire con decisione. Uno dei provvedimenti più aggressivi potrebbe essere l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, ovvero la revoca dell’autonomia in Catalogna.
Ieri sera il sindaco di Barcellona, Ada Colau, ha letto un discorso istituzionale, rivolto al presidente Rajoy e al presidente Puigdemont, che invocava il dialogo, e condannava sia la dichiarazione d’indipendenza unilaterale che l’applicazione dell’articolo 155: «Bisogna agire con sangue freddo e con responsabilità. Senza prendere decisioni affrettate, non possiamo mettere in pericolo la coesione sociale né le istituzioni catalane».
Questo pomeriggio il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha chiesto a Puigdemont di non prendere "una decisione che renda impossibile il dialogo".
I appeal to @KRLS not to announce a decision that would make dialogue impossible. Let's always look for what unites us. United in diversity.
— Donald Tusk (@eucopresident) October 10, 2017
L'opportunismo di Rajoy e la lotta tra nazionalismi
Forse dall'Italia non sembrerebbe, ma Mariano Rajoy non è mai stato così forte. È innegabile che la questione indipendentista abbia rafforzato il Partido Popular (PP) nel suo ruolo di “difensore della patria”.
Il PP è travolto da processi per corruzione che non riguardano solamente i suoi politici, ma, per la prima volta nella storia democratica, il partito stesso. Proprio ieri l’autorità spagnola anticorruzione ha chiesto la condanna del PP per corruzione in relazione al “Caso Gurtel”, il processo di una rete criminale nazionale che vede imputati diversi impresari e politici del partito. Ma questo non è l’unico caso giudiziario che preoccupa Rajoy: si calcola che tra processi conclusi (con sentenza di colpevolezza) e in corso, siano in totale 60 i casi di corruzione nel quale è invischiato il PP, come ha ricordato a giugno in Parlamento la deputata di Podemos Irene Montero. In quell’occasione Podemos aveva presentato una “mozione di censura” (strumento per chiedere al Parlamento di sfiduciare il Governo), che però nessuno dei partiti dell’opposizione ha accolto. Era la terza volta nella storia della Spagna democratica che l’opposizione presentava una mozione di questo tipo, e per la terza volta il Parlamento ha rifiutato.
Non dobbiamo dimenticare, poi, che la chiusura (storica) del PP a qualsiasi dialogo sulla questione catalana è una delle cause di questa crisi istituzionale, la più grave di tutta l'epoca democratica.
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Oggi, però, i riflettori nazionali non sono più puntati sulla corruzione del PP, né sulle sue responsabilità politiche e Rajoy può interpretare il ruolo di garante della Costituzione e difensore dell’unità di Spagna, con il sostegno del Re, di Ciudadanos (partito politico nato in Catalogna proprio con lo scopo di frenare l’indipendentismo), del Partido Socialista Obrero Español (PSOE) e di una grandissima fetta della popolazione, non solo di destra. La corruzione del partito di Governo è un lontano ricordo e lo scontro indipendentista, che il Governo spagnolo ha contribuito a esasperare, non ha fatto altro che rafforzare i due estremi dello spettro politico: il nazionalismo catalano e quello spagnolo.
E sebbene anche l’Unione europea abbia chiesto a Rajoy e Puigdemont di negoziare, per il momento nessuno dei due ha fatto un vero passo indietro.
Le tre piazze: nazionalismo catalano, nazionalismo spagnolo e chi chiede il dialogo
Lo scorso fine settimana il dibattito politico si è spostato un’altra volta nelle piazze, dove gli unionisti spagnoli hanno potuto dare una dimostrazione di forza, a Madrid e a Barcellona, dove decine di migliaia di persone hanno manifestato per l’unità di Spagna, cantando slogan che andavano da “Viva la Spagna” a “Puigdemont in galera”, “Con i golpisti non si dialoga”, “No al dialogo”, “Non ve ne andrete”, fino alla ‘excusatio non petita’: “Non siamo fascisti, siamo spagnoli”.
Ci sono state anche manifestazioni in favore del dialogo. Barcellona, Madrid, Valencia, Saragozza, Siviglia, sono alcune delle città nelle quali si è manifestato per chiedere al presidente del ‘Govern’ catalano Carles Puigdemont e al presidente del Governo spagnolo Mariano Rajoy di favorire il dialogo tra i due fronti, quello indipendentista catalano e quello unionista spagnolo. Migliaia di persone sono scese in piazza vestite di bianco, senza bandiere o simboli politici, ma sventolando fogli di carta bianchi e una parola d’ordine tradotta in entrambe le lingue: “Parlem/Hablemos” (parliamo).
E oggi, durante il discorso di Carles Puigdemont, la associazione indipendentista Assemblea Nacional Catalana (ANC) ha convocato una manifestazione di sostegno davanti al Parlament: «Il popolo ha detto sì all’indipendenza», rivendica il comunicato dell’associazione.
Le imprese che abbandonano la Catalogna e la solitudine di Puigdemont
Sebbene gli indipendentisti facciano leva sul risultato del referendum per rivendicare il proprio mandato popolare, il problema è che il referendum del 1 ottobre non è solo illegale, ma non rispetta neanche le garanzie di democraticità che uno strumento di questo tipo deve offrire ai cittadini, in quanto celebratosi in un contesto di clandestinità, senza le opportune garanzie per l’elettorato e infrangendo una serie di norme che vanno oltre il divieto del Tribunale costituzionale. E nessuna istituzione internazionale è disposta a riconoscere l’indipendenza di un paese nato da una convocazione popolare non democratica.
Come se non bastasse, l’ultima doccia fredda per gli indipendentisti arriva dal settore imprenditoriale: le principali banche e imprese catalane stanno spostando la propria sede legale fuori dalla regione come risposta a una possibile dichiarazione d’indipendenza. Stiamo parlando di alcune delle imprese più importanti del paese, come Caixa Bank, Banco Sabadell, Gas Natural Fenosa, Abertis, Cellnex, Colonial, ma non solo.
Questa risposta da parte del mercato, seppur prevedibile, avrà preso in contropiede quei cittadini catalani che negli ultimi anni hanno creduto alle rassicurazioni degli indipendentisti: «Le banche non se ne andranno dalla Catalogna», diceva nel 2015 l’allora Presidente della regione Arthur Mas. Ieri il consigliere regionale degli esteri catalano, Raül Romeva, ha assicurato che si tratta solamente di «alcuni annunci» e che «il settore produttivo non sarà spostato», ma la realtà è che molte di queste imprese hanno già cambiato la sede legale e trasferito la propria sede amministrativa.
Senior member of Catalonia's administration addresses news that 15 companies are leaving the region https://t.co/nwqLjGZXMV pic.twitter.com/lY0ydYdD8p
— Bloomberg (@business) October 9, 2017
Non sorprenderebbe quindi se Puigdemont decidesse di guadagnare tempo, formulando una dichiarazione "simbolica" e posticipando l'indipendenza formale. Il Presidente catalano è sempre più solo e le voci contrarie a una dichiarazione di indipendenza unilaterale si fanno largo anche dentro il suo stesso partito. Un passo indietro, però, potrebbe significare la caduta del Govern (per mano della CUP, probabilmente) ed elezioni anticipate che ERC sarebbe pronto a capitalizzare, rubando al PDeCAT la bandiera dell'indipendentismo. Dichiarare l’indipendenza in questi termini, d’altro canto, vuol dire andare incontro a conseguenze durissime: come la perdita dell’autonomia per Catalogna o una possibile imputazione per sedizione. Sarà disposto Puigdemont a sacrificarsi per la sua patria immaginaria?
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Foto in anteprima: due ragazze si tengono per mano durante la manifestazione della settimana scorsa contro la violenza a Barcellona, una indossa la bandiera estelada, simbolo dell'indipendentismo, e l'altra quella spagnola. Credit: AP/Emilio Morenatti
Nella precedente versione dell'articolo c'era scritto referendum "antidemocratico". Dopo un confronto con alcuni lettori che ci hanno fanno notare che può avere un'accezione diversa da quella intesa dall'autore, abbiamo sostituito quel termine con l'attuale affermazione: "non rispetta neanche le garanzie di democraticità che uno strumento di questo tipo deve offrire ai cittadini".