Università e ricerca: su Nature le critiche alle politiche di Renzi
3 min letturaNature, una delle principali riviste scientifiche internazionali, ha pubblicato ieri un articolo, firmato da Alison Abbott, in cui vengono riportati i giudizi di alcuni scienziati sulle politiche del Governo Renzi in materia di università e di ricerca.
«Rimasto in carica per quasi tre anni - scrive Abbott - Renzi ha promesso avanzamenti per la scienza e l’università ma non è riuscito a migliorare la condizione della ricerca, secondo gli scienziati che lamentano anche la sua interferenza negli affari accademici».
Secondo il biologo Cesare Montecucco, dell'Università di Padova, Renzi aveva generato una sensazione di energia e di ottimismo nel settore dell’università e della ricerca, ma le aspettative sono state in gran parte deluse.
Nature scrive che l'Italia è un paese dove gli investimenti in università e ricerca sono tra i più bassi in Europa, nonostante l'alta produttività scientifica dei ricercatori italiani. Ma non si sono visti miglioramenti significativi durante il Governo Renzi, secondo i numerosi scienziati e ricercatori che da tempo chiedono meno burocrazia per le istituzioni di ricerca e una nuova agenzia di finanziamento, sul modello della National Science Foundation americana.
Due vicende, in particolare, hanno suscitato le critiche della comunità scientifica nei confronti delle politiche del Governo.
Con un decreto approvato a novembre dell'anno scorso, il Governo ha affidato all'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, una fondazione di diritto privato che riceve finanziamenti pubblici, l'elaborazione di un progetto scientifico, con un primo stanziamento di 80 milioni di euro, che porterà alla realizzazione di un centro di ricerca a Milano, all'interno dell'ex area Expo. Questo nuovo centro, chiamato Human Technopole, si occuperà, tra l'altro, di genomica e di nutrizione e secondo le previsioni avrebbe dovuto ricevere un finanziamento di 1,5 miliardi in dieci anni (finora, oltre agli 80 milioni iniziali, sono stati stanziati circa 628 milioni totali fino al 2022 e 140,3 milioni a partire dal 2023).
Molti nel mondo accademico hanno criticato la decisione di concentrare un investimento pubblico in un singolo nuovo progetto, quando le Università e la gran parte degli altri enti di ricerca pubblici sono da molti anni privi delle risorse necessarie. Nature ricorda che è stata particolarmente controversa la modalità con cui il governo ha deciso questo investimento. L'idea è stata discussa senza il coinvolgimento della comunità scientifica e affidando, per decreto, a un singolo soggetto la redazione del piano.
Del "caso Human Technopole" si era occupato lo scorso settembre il programma PresaDiretta, in una puntata dedicata allo stato della ricerca in Italia. In un'intervista la senatrice a vita e scienziata Elena Cattaneo aveva affermato che quello adottato dal governo per lo Human Technopole «è un metodo che individua in modo arbitrario, discriminatorio, un ente o un'idea senza immaginare che ce ne possa essere un'altra migliore».
Un'altra vicenda molto controversa ricordata da Nature è stata quella delle cattedre Natta (dal nome del chimico e premio Nobel italiano Giulio Natta). Lo scorso settembre il governo, con un decreto, ha deciso la creazione di 500 cattedre universitarie, da assegnare principalmente a italiani che lavorano all’estero. Le assegnazioni avverrebbero attraverso una selezione svolta da 25 commissioni di valutazione, presiedute da commissari nominati dal governo.
«La nomina di presidenti di commissioni da parte del primo ministro non è accettabile», secondo l'opinione del fisico Giorgio Parisi dell’Università La Sapienza di Roma, riportata da Nature. «È una scelta politica per fare la selezione indipendentemente dalle università italiane, ma ci si può rivolgere allora a organizzazioni accademiche esterne, come le accademie nazionali europee»
La vicenda della cattedre Natta ha suscitato numerose critiche da parte della comunità della ricerca. A ottobre alcune decine di docenti universitari, ricercatori, scienziati, tra cui lo stesso Parisi, hanno firmato una lettera aperta, rivolta a Matteo Renzi, poi diventata una petizione sottoscritta da più di 5mila persone:
L’intromissione diretta di Palazzo Chigi in un concorso pubblico ci appare grave di per sé e per il precedente che rappresenterebbe per il futuro, a causa del legame che istituisce tra la maggioranza politica del momento e la scelta di docenti universitari e, di conseguenza, il contenuto della ricerca e dell’insegnamento.
Parisi, scrive Nature, ha criticato anche alcune decisioni riguardanti il finanziamento universitario per il 2017. In particolare il fatto che una parte, 271 milioni di euro, verrà ridistribuita ai dipartimenti universitari che secondo l’ANVUR, l’agenzia nazionale di valutazione, dimostrano i migliori risultati nella ricerca. Secondo Parisi si dovrebbero mettere a disposizione nuove risorse per ricompensare chi ottiene alte prestazioni, invece di trasferirle dal bilancio generale dell’università, che è già molto ristretto. «Questa ridistribuzione da parte del governo comporterà che le università del sud, più deboli, perderanno ancora più risorse, e questo sarebbe un disastro sociale».
A febbraio Parisi aveva inviato una lettera a Nature, sottoscritta da altri 68 scienziati, e promosso una petizione per sollecitare «l'Unione Europea a fare pressione sul Governo Italiano perché finanzi adeguatamente la ricerca in Italia e porti i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza».