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Il buono, il brutto e il cattivo della riforma della scuola

10 Giugno 2015 12 min lettura

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Il buono, il brutto e il cattivo della riforma della scuola

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di Angelo Romano e Andrea Zitelli

Aggiornamento 9 luglio 2015: La riforma della scuola è legge. Approvata alla Camera definitivamente con 277 sì, 173 no e 4 astenuti.

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Aggiornamento 25 giugno 2015:

Con il ricorso al voto di fiducia è stato approvato al Senato il maxi-emendamento che modifica il Ddl Scuola. Il testo, che dal 7 luglio tornerà alla Camera, è arrivato in aula senza l’approvazione della Commissione Istruzione, dove erano stati presentati quasi 3000 emendamenti. Resta una domanda: dalla consultazione on line al voto di fiducia in Parlamento, che fine ha fatto la partecipazione, uno dei principali vessilli della riforma?

Ecco le principali novità previste dal maxi-emendamento:

Assunzioni: anche gli idonei del concorso a cattedre del 2012 e gli iscritti nelle graduatorie a esaurimento rientreranno nel Piano straordinario di assunzioni. Esclusi gli abilitati della seconda fascia delle graduatorie di istituto. Le assunzioni si svolgeranno in più fasi: in prima battuta saranno coperti i posti vacanti secondo le modalità del turn over; le immissioni in ruolo successive (dopo il 15 settembre, anche su organico dell'autonomia) saranno giuridicamente valide dall’1 settembre 2015 ma con decorrenza economica dall’1 settembre 2016. Per essere assunti sarà necessario presentare domanda, esprimendo una preferenza tra cinque o più province a livello nazionale (nel testo approvato alla Camera era previsto l'inserimento di tutte le province). Se, però, non ci sarà disponibilità sui posti per le province indicate, non si procede all'assunzione.

Valutazione dirigenti: nel triennio 2016-2018 tecnici del Ministero dell’Istruzione valuteranno i dirigenti sulla base ai miglioramenti formativi e scolastici degli studenti, alle competenze organizzative, alla valorizzazione del merito del personale d’istituto;

Valutazione docenti: istituito un comitato di valutazione composto dal preside, quattro docenti (tre scelti dal consiglio dei docenti e uno dal consiglio d'istituto), due genitori e uno studente;

Contratti a tempo determinato: Il limite di 36 mesi per i contratti di docenti e personale Ata - per la copertura di posti vacanti e disponibili - partirà dall’1 settembre 2016 e non dall'entrata in vigore del ddl Scuola, come previsto in precedenza;

School Bonus e detrazione IRPEF: Con il maxiemendamento è stato posto il tetto massimo di 100mila euro per le erogazioni liberali.

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Aggiornamento 16 giugno 2015: Matteo Renzi ha affermato durante la registrazione di Porta a Porta: «Quest'anno con tremila emendamenti in commissione non si assumono i 100 mila precari. Nei primi giorni di luglio faremo una Conferenza nazionale sulla scuola: li chiamiamo tutti, sindacalisti, presidi, docenti, famiglie. Faremo parlare tutti, noi presentiamo la nostra proposta e una volta ascoltati si chiude».

Renzi si riferisce ai 2200 emendamenti presentati in commissione Istruzione al Senato. Parte dei quali si concentrano proprio sull’art. 10 del testo di legge che regolamenta il piano straordinario di assunzioni a partire dal primo settembre 2015. In particolare, due sono gli emendamenti che “preoccupano” il governo: il primo, presentato da SeL, chiede di stralciare l’assunzione dei precari dal disegno di legge in modo da farla partire a settembre anche in caso di ritardi nell’approvazione della riforma e l’altro, presentato dalla minoranza PD, che dice di riscrivere l’intero articolo e prevedere l’assunzione degli abilitati TFA e un piano pluriennale di assunzioni.

Sul Ddl grava anche il parere dei tecnici del Senato, che in avvio della discussione in Commissione, hanno espresso perplessità sull’eccessiva autonomia affidata al preside nell’assunzione del personale docente perché lascerebbe troppo spazio a scelte soggettive.

Inoltre, è utile chiarire di cosa parliamo quando leggiamo "assunzioni di 100 mila precari".  Come si legge nel testo della riforma, è previsto un incremento di 50mila posti oltre ai 50 mila posti già esistenti e vacanti, occupati da personale assunto in ruolo. Questo vuol dire che dei 100mila posti promessi, circa 49 mila saranno nuove assunzioni, destinate all'organico funzionale, le restanti 51 mila sono l’esito del turn over (sostituzione di docenti andati in pensione), della stabilizzazione dei supplenti annuali che già lavorano a scuola, del piano triennale assunzioni 2014-2016.
Nello specifico, le assunzioni si distinguono in 5 tipologie:

  1. Posti vacanti e disponibili per cessazioni: 18.536 (da 1 settembre 2015, senza oneri per lo Stato perché i saldi positivi e negativi sono già previsti nel Bilancio).
  2. Assunzioni previste da art. 15 DL 104/2013: 8.895 (piano triennale di assunzioni 2014-2016 per posti vacanti e disponibili in ciascun anno da 1 settembre 2015, delle relative cessazioni del predetto personale e degli effetti del processo di riforma previsto dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, senza oneri per lo Stato)
  3. Assunzione di supplenti annuali: 16.385 (con oneri da anzianità di servizio in base alla ricostruzione delle carriere. Si utilizzeranno i fondi già previsti per le supplenze annuali).
  4. Assunzione di supplenti sino al 30 giugno: 7623 (con oneri a partire dal 2016 terminato il periodo di prova)
  5. Nuove assunzioni: 48.812 (vincitori del concorso 2012 e iscritti nelle GaE, con oneri a partire dal 2015 con trattamento stipendiale base)

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«Sulla scuola abbiamo un problema grande come una casa. Non siamo riusciti a coinvolgere quel mondo». Le parole di Matteo Renzi, durante la direzione del Pd, arrivano in un momento delicato dell'iter della riforma, ormai prossima al voto al Senato e con la maggioranza battuta in commissione sul parere di costituzionalità della legge. Questo mentre sale la tensione con il blocco degli scrutini, lo sciopero della fame a staffetta di insegnanti e l'appello del mondo accademico sul rischio del crollo del fondamento costituzionale della scuola.

I punti della riforma

Dopo la presentazione del Ddl "Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti" il 27 marzo scorso in Parlamento, la riforma della scuola è stata approvata poco più di due mesi dopo alla Camera.
Il provvedimento (qui il testo), passato all'esame del Senato, ha animato il dibattito in questi mesi e spinto il 5 maggio scorso a un ampio sciopero gli insegnanti e studenti con manifestazioni in molte piazze di città italiane. Ecco i punti principali della legge:

  • Con la riforma i piani dell'offerta formativa diventano triennali. Le scuole indicheranno il fabbisogno di personale docente e ATA, le infrastrutture e le attrezzature e materiali utili. Tra i vari obiettivi, il potenziamento dell'insegnamento in italiano e delle competenze matematiche, l'apertura pomeridiana della scuola, la riduzione del numero di alunni per classe, il contrasto della dispersione scolastica e della discriminazione e un aumento dell'alternanza scuola-lavoro. Il piano sarà predisposto dal collegio dei docenti, in base alla gestione definita dal preside. L’approvazione finale spetterà al consiglio di istituto.
  • Viene istituito l’organico dell'autonomia che a partire dall’anno scolastico 2016/17 sarà determinato ogni tre anni su base regionale attraverso decreti interministeriali. Non ci saranno più graduatorie su base provinciale, il personale docente non dovrà scegliere le sedi, ma l’ambito territoriale di riferimento.
    L'organico sarà diviso da ogni ufficio scolastico regionale fra gli ambiti territoriali presenti nella regione e assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno espresso nel piano triennale dell'offerta formativa, nel limite delle risorse disponibili. Entro il 30 giugno 2016, all’interno degli ambiti territoriali, si formeranno le reti di scuole, che potranno utilizzare gli stessi docenti e accorpare le segreterie amministrative.
  • Il dirigente scolastico avrà il compito di dare incarichi triennali, rinnovabili, ai docenti assegnati all'ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate. Il preside dovrà dichiarare l'assenza di rapporti di parentela o affinità, entro il secondo grado, con gli insegnanti scelti.
  • Per l'anno scolastico 2015/2016 la riforma prevede un piano straordinario di assunzioni rivolto ai vincitori del concorso del 2012 e agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae). Inoltre, entro il 1° ottobre 2015, la legge bandisce anche un concorso per l'assunzione di ulteriori docenti.
  • Dal 2016 viene creato un fondo per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo. Le risorse verranno ripartite su base territoriale e assegnate dal dirigente scolastico in base ai criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti.
  • Riguardo gli studenti, la legge prevede il rafforzamento dei percorsi di alternanza scuola e lavoro negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado: almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei.
  • Per le agevolazioni fiscali ci sarà una detrazione IRPEF (per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente) per le spese sostenute per la frequenza delle scuole private dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, di quelle paritarie e statali del secondo ciclo di istruzione e un credito d’imposta del 65% per il 2015 e del 50% per il 2017 per chi dona soldi per la realizzazione di nuove strutture, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti. La possibilità di destinare il 5 per mille alle scuole statali e paritarie (dal 2016) è stata invece stralciata dal testo.
  • Per quanto riguarda l'edilizia scolastica è previsto un concorso con procedura aperta per proposte progettuali per la realizzazione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico e un piano del fabbisogno nazionale 2015-2017, al quale sono destinate risorse già stanziate e non utilizzate.

I possibili cambiamenti

Al testo della riforma, sono stati presentati 2200 emendamenti. Sul Sole 24 ore, Eugenio Bruno, scrive che da parte del governo, dopo le aperture di Matteo Renzi, dovrebbero essere approvati dei cambiamenti per quanto riguardo la chiamata diretta dei docenti, il ruolo del preside, la sua valutazione e sulla «composizione del comitato di valutazione che avrà il compito di individuare i criteri per assegnare i soldi in più ai professori meritevoli». Bruno aggiunge anche che ad essere modificati saranno anche i tempi per l’approvazione del provvedimento che in principio doveva avvenire entro il 15 giugno e che invece prevede al massimo una ventina di giorni in più.

Il dibattito intorno la riforma

Intorno al lavoro di governo e Parlamento sul senso della riforma della scuola si è sviluppato un dibattito all'interno dell'opinione pubblica in cui ci sono state sia prese di posizione a sostegno sia critiche al merito, al metodo e alla visione complessiva del testo di legge.

Tullio De Mauro scrive che la riforma non prende in considerazione almeno tre aspetti. Il primo silenzio è sulla storia di ciò che la scuola ha fatto e fa: scolarizzare la maggior parte degli italiani, includere e fare coesione territoriale. Il secondo è sulla scuola come organo istituzionale: istruire è un dovere della e per la repubblica, come recita l’art. 34 della Costituzione. Infine, per il linguista e l'ex ministro dell'Istruzione c'è una miopia istituzionale su analfabetismo di ritorno e funzionale.

Le leggi sulla scuola fatte dai precedenti governi sono state animate, scrive Lucio Ficara, da una «furia ideologica e per cancellare la riforma realizzata dalla coalizione avversa con i problemi della scuola che rimangono irrisolti». Ne parlano Angelo Scebba e Paola Tongiorgi di Gilda Tv, che da anni raccontano la realtà di questo mondo: «è chiaro il fatto che in Italia c’è tanta buona scuola e non esiste l’esigenza di fare stravaganti riforme, ma soltanto di investire più risorse finanziarie per i progetti degli insegnanti e stipulare un nuovo contratto capace di restituire ai docenti la dignità perduta».

Marco Rossi Doria non boccia in toto la riforma e spera che il testo venga migliorato e semplificato «dai troppi fronzoli secondari». L'ex sottosegretario all'istruzione individua così alcune sfide per l'attuazione di una vera buona scuola: edilizia scolastica che dia sicurezza e sostenibilità, sostegno alla formazione di oltre 400.000 docenti che sostituiranno chi andrà in pensione nei prossimi 5 anni, lotta contro la dispersione scolastica che colpisce sempre i più poveri, formazione e avvio al lavoro e l'aumento progresso del salario a tutti i docenti.

Per quale motivo ci si ostina a protestare contro la riforma se dopo anni di tagli, finalmente si aumentano fondi all’istruzione? Questa è la domanda di Paolo Ferri dell'università Bicocca di Milano. Partendo dall’analisi del rapporto OCSE, Education at glance, Ferri mostra come in coincidenza con le riforme Moratti e Gelmini, la scuola italiana sia stata tra quelle che ha visto una maggiore concentrazione di riduzione degli investimenti pubblici.

La riforma è l’ennesimo cavallo di Troia che “porta in pancia i guerrieri e le armi per la residua “distruzione” del progetto fondativo di una scuola di tutti e per tutti”. A sostenerlo è Giovanni Cocchi, professore che ha avuto un colloquio proprio sul provvedimento con Matteo Renzi durante la festa dell'Unità a Bologna il 5 maggio scorso. Cocchi smentisce l’aumento di fondi proclamato dal governo: «"Tre miliardi, il più grande investimento sulla scuola”: in realtà siamo a meno della metà, perché quasi 1 miliardo e mezzo non è denaro fresco, ma partita di giro: 2.000 bidelli in meno, tagli ai Fondi d’istituto e dell’autonomia ecc.; senza contare i 1.200 milioni che arrivano dal prolungamento del blocco contrattuale». Inoltre, nei prossimi 5 anni la spese per l'istruzione si abbasserà dal 3,7% al 3,5% del Pil. Il professore spiega anche che al posto di "assunzioni" si dovrebbe parlare di stabilizzazioni.

Paolo Borioni riflette sull’introduzione dei “voucher premiali”, per cui i singoli finanziano le scuole ritenute migliori con risorse poste a disposizione dallo Stato. Un metodo utilizzato in altri paesi e che, scrive lo storico, ha portato a un peggioramento dei livelli di istruzione, come nel caso della Svezia: «Nel degrado generale – scrive Borioni – aumentano le disuguaglianze: fallisce proprio quel “welfare delle opportunità“ che si intendeva perfezionare con l‘interazione fra domanda libera dotata di voucher e offerta libera di istruzione (sia pubblica sia privata)».

In una lettera al Corriere della sera, Antonio Oliva, presidente dell’Associazione TreeLLLe, una delle principali sostenitrici del ddl, individua come centro nevralgico della riforma della scuola la stretta correlazione tra valutazione, premialità del merito e qualità. La "buona scuola" è una scuola che funziona come una “impresa sociale”: «Nei Paesi più avanzati invece si punta su articolati sistemi di ispezione delle scuole che ne rendono pubblici i risultati; si valutano i presidi sulla efficace realizzazione dei piani di miglioramento concordati e si valutano i singoli insegnanti meritevoli con riflessi sulla retribuzione e sulla carriera».

Nell'intervista Nadia Urbinati, docente alla Columbia University, denuncia come la riforma porterebbe a una progressiva autonomia delle scuole dal finanziamento pubblico con il rischio di una forte disparità di mezzi e risorse a disposizione. La politologa denuncia anche il rischio di corruzione sulla modalità di valutazione degli insegnati: «gli insegnanti vanno valutati, ma non possono essere studenti, genitori e i colleghi a farlo perché parte in causa, dunque parziali. In questo modo verranno premiati i professori più popolari o ideologicamente più consoni».

Per Luca Illetterati la posta in gioco è il concetto stesso di scuola e di educazione. «Questa riforma – scrive Illetterati – muove da un’idea di formazione per molti versi vincolata e orientata alla conquista di un saper fare misurabile e comparabile. (...) E il modello di società dentro cui assume senso questo stile formativo è un modello di società basato sulla competizione, su un’idea di merito inteso come elemento selettivo talmente potente, nella retorica che lo si accompagna e nella carica etica con cui lo si dipinge, da oscurare qualsiasi altro tipo di considerazione».

«Non abbiamo a che fare con macchine del sapere, ma con adolescenti, in età evolutiva, diversi ognuno dall’altro». Per questo motivo, Giovanni Accardo, autore del libro "Un'altra scuola", critica la valutazione oggettiva degli apprendimenti. Per Accardo la scuola dovrebbe valutare non la competizione, ma la cooperazione, la capacità di collaborare e di costruire relazioni, aspetti che ogni riforma scolastica dovrebbe mettere tra gli elementi fondanti.

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