Neutralità della rete a rischio in Europa
6 min letturaCONNECTED CONTINENT
Attualmente nella Commissione Europea è in corso il dibattito e le votazioni sul regolamento Telecom (Connected Continent: proposta per un mercato unico europeo delle comunicazioni elettroniche e per raggiungere un continente connesso). Si tratta di ridefinire le regole riguardanti le telecomunicazioni, al fine di creare un mercato digitale unico per l'Europa, eliminando le disparità normative e così favorendo la crescita economica.
Queste regole ovviamente vanno a toccare numerosi aspetti, in particolare ampliando quanto già stabilito dagli articoli 20 e 21 della direttiva 2009/136/CE, tra i quali la neutralità della rete è solo uno di essi, anche se di sicuro il più controverso, come dimostra l'elevato numero di emendamenti che su di essa si concentrano. A conferma della complessità della materia, la Commissione ITRE ha più volte rinviato il voto.
Sulla neutralità della rete, infatti, si è concentrata l'attenzione dell'industria, che cerca di ottenere norme a suo vantaggio. La Commissione sembra in un certo senso aperta a recepire le istanze delle aziende.
Invece, il Parlamento europeo, al quale spetta l'ultima parola, più volte in varie risoluzioni non vincolanti ha votato a favore della neutralità della rete, ed è quindi un sostenitore dei benefici sociali ed economici di un Internet libero ed aperto.
In tale prospettiva appare sintomatico che la proposta di revisione delle norme in materia, lanciata nel 2010 dal Commissario Kroes, venga portata in Commissione proprio nell'imminenza delle elezioni europee, quando i parlamentari saranno distratti a causa delle loro campagne elettorali.
Inoltre, nel pacchetto telecom sono state inserite ulteriori misure per il roaming, che già in passato è stato oggetto di regolamentazione al fine di porre termine agli eccessi degli operatori di telefonia. Tali misure si sono dimostrate molto popolari, da cui l'inserimento nel pacchetto telecom potrebbe risultare un ulteriore "distrazione" per i parlamentari (che potranno spendere in campagna elettorale la notizia che fa presa sui turisti), per poter ottenere il risultato sulla neutralità delle rete.
Il punto è che, al di là delle parole spese dai membri della Commissione a sostenere energicamente la neutralità della rete, la soluzione che sta prendendo forma appare una soluzione di compromesso, nonostante il pacchetto normativo sia stato migliorato rispetto alla prima bozza.
NEUTRALITÀ DELLA RETE
Il linea di principio neutralità della rete significa che il traffico in Internet è trattato su base paritaria (all bits are created equal), senza alcuna discriminazione rispetto al tipo di dati o al contenuto o a chi invia o riceve.
Le aziende, però, chiedono di fornire alcuni servizi a banda garantita per fini imprenditoriali. La Commissione, quindi, propone che sia consentito fornire “servizi specializzati” con priorità. L'art. 2, nella versione del Commissario Pilar del Castillo, recita:
specialised service means an electronic communications service optimized for specific content, applications or services, or a combination thereof, provided over logically distinct capacity with a view to ensuring enhanced quality and relying on strict admission control with a view to ensuring enhanced quality from end to end and that is not marketed or usable as a substitute for internet access service.
La disputa si incentra proprio sulla definizione di servizi specializzati, che al momento risulta tutto fuorché chiara. L'unico esempio di “servizio specializzato” finora è venuto da un lobbista delle telecom, il quale ha fatto riferimento alla telefonia vocale e all'iptv. Che, a ben vedere, sono semplicemente vecchi servizi rivestiti di nuovo, regolati per motivi di interesse pubblico e per tutelare la libertà di espressione.
Ma se è vero che la telefonia vocale ha già una sua regolamentazione specifica, dettata anche per garantire l'interoperabilità (così utenti di diversi operatori possono parlare tra loro), Internet è fondamentalmente libera. Per cui la telefonia vocale si insinuerebbe nel settore non regolamentato, cosa che potrebbe avere anche delle ricadute negative sui diritti dei cittadini, sottraendo tali servizi alle norme di tutela.
Inoltre nella nuova normativa non si fa alcun cenno all'interoperabilità, che invece è sempre garantita per i servizi voce. Pensiamo a due servizi voip in concorrenza, che su internet possono anche non comunicare tra loro (ad esempio Skype e Messagenet).
L'art. 23 è chiaro:
Providers of internet access, of electronic communications to the public and providers of content, applications and services shall be free to offer specialised services to end-users. Such services shall only be offered if the network capacity is sufficient to provide them in addition to internet access services and they are not to the material detriment of the availability or quality of internet access services. Providers of internet access to end-users shall not discriminate between such services.
I provider devono essere liberi di offrire servizi specializzati. L'inciso “solo se la capacità della rete è sufficiente” non ha una sanzione, per cui il provider che offre servizi specializzati su una rete con capacità insufficiente (bloccando gli altri servizi) non subirà alcunché. L'inciso "such services" restringe l'obbligo di non discriminazione ai soli servizi specializzati.
Le due norme sopra citate aprono la strada alla prioritizzazione dei servizi definiti come “specializzati”, sulla base di una definizione generica ed aperta a fin troppe interpretazioni, consentendo loro una strada più veloce rispetto a servizi sostanzialmente identici (functionally identical). In tal modo un provider potrà avvantaggiare i propri servizi ritenuti “specializzati” rispetto a servizi concorrenti che, ovviamente, verranno degradati.
INTERNET A DUE VELOCITÀ
L'industria vuole integrare i sistemi di trasporto per risparmiare sui costi. Ma nel contempo l'oscurità della definizione rischia di permettere ai gestori di telecomunicazione di allargare la categoria di “servizi specializzati” anche ai siti web (es. Facebook, Youtube) e alle applicazioni (es. Whatsapp) più popolari, caricando maggiori costi sugli utenti.
Di conseguenza il regolamento nella sua forma attuale consentirebbe agli operatori di telecomunicazioni di degradare alcuni tipi di traffico (es. P2P), e di prendere accordi con i servizi più popolari (es. Youtube, Facebook, Netflix) concedendo loro una maggiore velocità quali servizi specializzati.
Insomma, più costi, ma soprattutto si avrebbe un Internet a due velocità, con alcuni “servizi” che avrebbero la priorità sugli altri, limitando ed ostacolando la concorrenza.
È evidente che i produttori di contenuti e i servizi più popolari preferiranno prendere accordi con i grandi provider (immaginiamo un operatore di telefonia che sigla un accordo con un servizio di voip o messaggistica), mentre i piccoli operatori saranno di fatto esclusi dal mercato (è immaginabile che un produttore prenda accordi con centinaia di piccoli provider piuttosto che con pochi grandi provider?). L'utente finale preferirà scegliere in base al numero di utenti al quale un operatore consente l'accesso piuttosto che in base alla qualità del servizio.
Tutto ciò a scapito soprattutto dei provider più piccoli, ma anche dell'innovazione, in quanto un'azienda che immette un nuovo servizio avrà difficoltà ad inserirsi in un mercato occupato da aziende già affermate. Non solo, anche i servizi non lucrativi (come Wikipedia) si troveranno in difficoltà e finiranno nella corsia “lenta” del web.
Altro punto di rilievo è che per poter applicare delle politiche di prioritizzazione del traffico, potrebbe essere necessario andare a controllare nel dettaglio quali sono i contenuti trasmessi (ad esempio per degradare un servizio, il P2P, lo streaming...), ed ecco l'art. 23.3:
This Article is without prejudice to Union or national legislation related to the lawfulness of the information, content, application or services transmitted.
Questa norma probabilmente consentirà l'utilizzo di sistemi di deep packet inspection, oltre che ad aprire la strada a blocchi stragiudiziali di siti sulla base delle legislazioni nazionali.
Insomma, la normativa nella sua forma attuale appare un vantaggio per le aziende che agiscono in regime di semi-monopolio (i cosiddetti ex-monopolisti o incumbent), che potranno imporre i loro servizi garantendo un accesso più veloce o a prezzi più bassi, a scapito della rete neutrale tradizionale e con gravi distorsioni della concorrenza.
In realtà il problema della discriminazione del traffico esiste da tempo, in quanto per ora non ci sono delle regole in materia. Ma, per paura di un intervento del legislatore, finora gli operatori di telecomunicazione sono stati molto cauti, imponendo limiti solo in casi particolari (in genere al voip). Il regolamento potrebbe, invece, rendere perfettamente legale queste pratiche discriminatorie. Dopo di ché l'unico ostacolo rimarrebbe l'eventuale intervento delle autorità antitrust per pratiche anticoncorrenziali, strumento che però appare poco realistico nel mercato delle telecomunicazioni, prima di tutto perché la posizione dominante non sarebbe di una singola azienda ma di più aziende, ma anche perchè una procedura giudiziale di questo tipo è molto complessa e una sentenza si avrebbe solo a distanza di molti anni.
Il regolamento ha ricevuto diverse e pressanti critiche da parte di esponenti del Parlamento europeo, in particolare i liberali, i verdi e il centrosinistra sostengono che agli operatori di telecomunicazione non dovrebbe essere consentito di esercitare discriminazioni sul traffico internet, in quanto potrebbero favorire i prodotti da loro forniti. I parlamentari Catherine Trautmann and Marietje Schaake hanno proposto emendamenti che vanno in direzione di una tutela esplicita della neutralità della rete, in particolare estendendo l'obbligo di non discriminazione a tutti i servizi e precisando che i servizi specializzati non devono essere "functionally identically" ad altri servizi online.
Anche le associazioni per i diritti civili hanno avuto parole molto critiche, e hanno avviato un progetto denominato SaveTheInternet al fine di informare i cittadini europei sui pericoli del regolamento telecom, e chiederne delle modifiche.
La prioritizzazione del traffico è esattamente l'opposto della neutralità della rete. Comunque per una maggiore tutela dell'Internet che conosciamo oggi, quanto meno è essenziale che la definizione di “servizi specializzati” sia chiara e inequivoca, per evitare problemi in sede di applicazione, evitando così l'utilizzo di termini generici e di un linguaggio burocratico, che possono solo creare un quadro normativo incerto, che favorirebbe le grandi aziende in fase di attuazione.
La Commissione Industria (ITRE) dovrebbe votare il 18 marzo sul regolamento e sugli emendamenti presentati. Il voto finale spetta al Parlamento europeo, ma se la Commissione dovesse votare le norme che prevedono la prioritizzazione dei servizi specializzati, potrebbe essere piuttosto difficile modificare il regolamento successivamente.