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Il nome a dominio è il campo di battaglia della guerra elettronica

4 Febbraio 2014 7 min lettura

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Il nome a dominio è il campo di battaglia della guerra elettronica

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Il nome e il dominio
Nella tradizione biblica la designazione del nome permette l'attribuzione della proprietà e del dominio. Ugualmente in Internet l'assegnazione del domain name rappresenta il modo per esercitare la propria titolarità.

Ogni sito web è individuato tramite un numero di protocollo internet (IP) che costituisce l'indirizzo del computer sul quale risiedono i contenuti del sito (host), composto da quattro serie di numeri in notazione decimale (es. 95.110.154.104). Sarebbe impossibile da ricordare, per cui, al fine di agevolare la fruizione della rete, si è sovrapposto a tale sistema il DNS (domain name system), grazie al quale al numero IP viene agganciato un testo, appunto il nome a dominio (es. www.valigiablu.it).
È la seconda parte (valigiablu) ad avere reale capacità distintiva. Il “nome a dominio” è ciò che consente di individuare un contenuto online e, similmente al nome personale, di attribuirlo.

Sia gli IP che i nomi a dominio vengono assegnati da organizzazioni con varia natura giuridica, dette Registri (Naming Autorithy, per l'Italia il NIC), sparse nel modo, e che agiscono sulla base della delega IANA, a sua volta gestita, per conto del governo federale statunitense, dall'ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), società non profit USA che rimane a tutt’oggi titolare dell’effettivo ultimo controllo sul sistema dei nomi a dominio.
L'ICANN risponde al Dipartimento Usa del commercio, attraverso l'NTIA (National Telecomunication and Information Administration).

Il controllo sui nomi a dominio si esercita tramite 3 livelli. Alla sommità abbiamo l'ICANN, attraverso il quale si esercita la gestione della rete e dei principali nomi a dominio. Al di sotto abbiamo i Registri (Verisign, Afilias, ecc...), e ancora più sotto tante piccole realtà: i web hosting, gli ISP, i registrar, coloro che gestiscono il Second Level Domain (.com, .it, .eu, .org, ecc...), ecc...
E' qui che cominciano i problemi.

Guantanamo digitale
Dal 2010 l'ufficio anti-immigrazione americano (ICE), sulla base del disegno di legge COICA, (poi non convertito in legge ma ripresentato come Protect IP Act) lancia l'operazione In Our Sites, confiscando 150 domini, che vengono sottratti ai loro titolari e trasferiti nella titolarità degli americani. Tra questi Dajaz, rilasciato dopo oltre un anno perché il titolare non aveva commesso nessun illecito, Rojadirecta, i cui titolari erano stati assolti da un tribunale spagnolo, e Tvshack per il cui titolare gli Usa chiedono l'estradizione. Richard O’Dwyer, inglese, rischiava 10 anni di carcere per un reato che in Gran Bretagna è sanzionato con una multa.

Nel 2011 l'operazione Broked Hearted, lanciata per proteggere i consumatori da prodotti contraffatti, porta alla confisca di 15 nomi a dominio. Con l'operazione Save our children, contro i contenuti pedopornografici, ne vengono confiscati altri 10.

Nel 2012 un procuratore federale americano incrimina Calvin Ayre per gioco d'azzardo, sequestrando il nome a dominio del suo sito. L'accusa è di violazione delle leggi del Maryland, ma Calvin Ayre è canadese, e ribatte che si tratta solo di una manovra per favorire le imprese americane.
Sempre nel 2012 gli Usa sequestrano il dominio Megaupload, confiscando al suo titolare, Kim Dotcom residente in Nuova Zelanda, 40 milioni di dollari. Al momento Dotcom non è ancora nemmeno stato estradato.
Tra la fine del 2012 e l'inizio del 2013, un'operazione congiunta tra ICE e EUROPOL (diventato membro dell'IPR Center americano), confisca oltre 130 domini in Usa (operazione Cyber Monday) e Europa (Operazione Transatlantic).

Se prima gli Usa sequestravano domini ritenuti sotto giurisdizione americana, perché gestiti da aziende ed enti americani (es. Verisign) indipendentemente dal luogo di residenza dei titolari e dalla sede del server, con l'operazione Transatlantic per la prima volta vengono confiscati anche domini non soggetti alla giurisdizione Usa, grazie alla collaborazione dell'Europol. La strada è tracciata.

Nel 2013 la Polizia di Londra attiva il National Fraud Intelligence Bureau (NFIB) che si fa immediatamente conoscere grazie ad una serie di iniziative, parte di una collaborazione con l'industria di Hollywood, contro i siti di file sharing e indici di torrent. I titolari dei siti sono accusati, ai sensi del Seriuos Crime Act, di agevolazione alla violazione del copyright e altri reati contro la proprietà intellettuale. Rischiano da 2 ai 10 anni di carcere.

Il 24 settembre del 2013 la IP Crime Unit londinese ordina a vari gestori di DNS hosting di sospendere diversi nomi a dominio, di impedire modifiche ai whois record (che individuano i titolari) bloccando i domini e non consentendone il trasferimento ad altri, e di dirigere ogni ulteriore accesso ai siti incriminati verso un differente numero di IP (quindi collegando il domain name al diverso IP). I visitatori vengono direzionati verso siti che promuovono contenuti dell'industria di Hollywood. La polizia di Londra scrive:

We request that you review your processes to see if you provide a service for the identified domain(s). If so, we would ask you to review the terms and conditions on the basis of which that service is provided and withdraw or suspend the service if you are satisfied that the terms and conditions have been breached. You should also ensure that no changes to the DNS and WHOIS records are made by any party before the date of expiration of the domain”.

La Crime Unit non fornisce né prove né indizi. Semplicemente chiede di sospendere il dominio perché

The owners of the aforementioned domains are suspected to be involved in the criminal distribution of copyrighted material either directly or indirectly and are liable to prosecution under UK law”.

Sulla base di un semplice sospetto si chiede di sospendere i domini, in caso contrario lo stesso Registrar sarà soggetto a sanzioni: potrà perdere il suo status.

Uno dei destinatari delle mail è EasyDNS Technologies, con sede in Canada. Nel caso specifico, quindi, la Polizia di Londra ordina ad una azienda con sede in Canada di sospendere il servizio ad un suo cliente e di  dirottare gli utenti del cliente verso siti che promuovono contenuti dell'industria del copyright, sotto minaccia di agire direttamente contro l'azienda per fargli revocare lo status di Registrar da parte dell'ICANN.

Chi decide cosa è illegale?
Mentre alcuni Registrar ottemperano all'ordine della Polizia di Londra, Mark Jeftovic, AD di EasyDNS Technologies, si appella prima a Verisign e poi al National Arbitration Forum (organo amministrativo americano che gestisce le controversie sui nomi a dominio per conto dell'ICANN). Jeftovic sostiene che i Registrar assumono degli obblighi con i propri clienti e per venire meno a tali obblighi occorre ben più che una semplice comunicazione, anche quando proviene da una qualche autorità.

Il 6 gennaio del 2014 il National Arbitration Forum emette la sua decisione chiarendo che l'ordine della polizia non è un provvedimento giudiziale, e che la Policy in materia di domini pretende espressamente un “court order”. Non è sufficiente, quindi, una richiesta di un ufficiale di polizia, né basta un semplice sospetto di coinvolgimento in attività illegali. Il NAF è estremamente chiaro:

To permit a registrar of record to withhold the transfer of a domain based on the suspicion of a law enforcement agency, without the intervention of a judicial body, opens the possibility for abuse by agencies far less reputable than the City of London Police.

La decisione del National Arbitration Forum mette in chiaro che occorre l'intervento di un'autorità giudiziaria perché solo un giusto processo può assicurare che la restrizione ai diritti del cittadino conseguente alla confisca del dominio sia legittima e proporzionata all'illecito commesso.
Ma, a fronte di un EasyDNS, che si è dimostrato competente al punto di conoscere le Policy in materia di domini meglio della IP Crime Unit londinese e ha preso le parti dei propri clienti, quanti altri Registrar hanno, invece, ottemperato all'ordine senza fiatare? E quanti altri lo faranno in futuro?

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Il diritto dell'Unione europea è chiaro sul punto. La direttiva quadro per le telecomunicazioni (art. 1.3) prevede che i governi nazionali europei debbano adottare procedure garantiste per ottenere provvedimenti limitativi dell'uso dei servizi online, e ogni provvedimento che limita i diritti e le libertà fondamentali può essere imposto solo se “appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica e la sua attuazione dev’essere oggetto di adeguate garanzie procedurali conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ai principi generali del diritto comunitario, inclusi un’efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo”. Il processo  deve rispettare la presunzione di innocenza, e garantire il diritto degli interessati a difendersi.
Non basta una semplice mail di una qualche autorità.

Campo di battaglia
Nell'era della comunicazione globale dove le informazioni viaggiano in pochi secondi ed anche le fonti non ufficiali possono diffondere notizie in contrasto con le verità ufficiali, il punto nevralgico di Internet è il domain name. È sufficiente “rompere” il collegamento tra IP e nome a dominio per impedire l'accesso ad un certo contenuto online.
Il nome a dominio sta quindi diventando, e sempre di più lo sarà in futuro, il vero e proprio campo di battaglia della guerra elettronica, dove si scontreranno quotidianamente libertà di espressione e modelli economici “efficienti”, governi reazionari e attivisti...

Ed è al terzo livello, quello degli Isp, dei provider di piccole dimensioni, che non hanno né le competenze né la possibilità economica di assumere stuoli di avvocati, che prenderanno sul serio le richieste dell'“autorità” senza poteri giuridici o di esecuzione autoproclamatasi “regolatore”, che non hanno la forza di resistere ad un governo, è lì che si concentreranno le pressioni per ottenere rapidamente le più svariate forme di censura. Il più delle volte i destinatari delle “richieste” accetteranno senza ribattere, per paura di ritorsioni legali.
Confiscare un dominio è il modo più semplice per spegnere una voce, qualunque essa sia, per chiudere un'attività economica concorrente, anche se lecita...

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