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Napoli, speculazione edilizia e mala politica schiacciano il diritto alla casa

21 Novembre 2013 4 min lettura

Napoli, speculazione edilizia e mala politica schiacciano il diritto alla casa

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Nel 1963 Francesco Rosi, col film Le mani sulla città, denunciava il pericolo della speculazione edilizia incarnato da Edoardo Nottola, palazzinaro e consigliere comunale, anticipatore di quei conflitti di interessi cui oggi, purtroppo, l'opinione pubblica sembra abituata per sfinimento.

Nel 2013 i giornalisti Giuseppe ManzoCiro Pellegrino omaggiano il film di Rosi intitolando il proprio libro Le mani nella città (Round Robin Editrice). La citazione non è fine a sé stessa: evidenzia come, a Napoli, la fase espansiva della speculazione edilizia si sia spostata sull'amministrazione del pubblico demanio. Prima si lavora perché il cemento conquisti spazio; poi si lavora per gestire quello spazio. La costante? La ricerca del profitto per pochi privati a scapito di molti, con la complicità - o l'inerzia - della pubblica amministrazione.

Punto di partenza è il terremoto dell'Irpinia del 1980, proprio perché le speculazioni, nell'assenza di controlli, favorite dalla legislazione d'emergenza proliferano vertiginosamente:

Il sisma [...] creò una scossa sociale di cui paghiamo conseguenze e nessun beneficio. Trenta miliardi di euro. Con questi soldi la capitale del Mezzogiorno avrebbe risolto qualsiasi problema in merito al diritto alla casa e alla domanda di edilizia pubblica. Con questo fiume di denaro fu inventata la prima grande emergenza su cui piombarono imprenditori, classe politica e clan della camorra.

In risposta al vuoto politico, si sviluppano i movimenti popolari per il diritto alla casa. La protesta, in particolare attuata con l'occupazione, evidenzia la criticità dei problemi che affliggono Napoli: «casa e lavoro, questo era il binomio della domanda di emancipazione nel proletariato e sottoproletariato urbano». La reazione più diffusa in ambito istituzionale, però, è quella di trattare la rivendicazione delle case per una forma di terrorismo. Uno dei protagonisti di quegli anni, Salvatore Amura è accusato di associazione sovversiva: più dell'occupazione in sé - spiega lui stesso - gli viene contestato il gran numero di case occupate.

Gli anni Novanta sono invece all'insegna della «normalizzazione»:

Si doveva trasformare gli occupanti, venuti dalle lotte, in persone da gestire. Quindi nei luoghi chiave arrivavano personaggi che dovevano trasformare un diritto in piacere.

Il business dell'edilizia si sposta, per l'appunto, sulla gestione del patrimonio pubblico. Figura chiave degli intrecci sulla gestione è Alfredo Romeo, «ras» della Romeo Gestioni che è riuscito negli anni a fare, come si suol dire, il bello e il cattivo tempo. Tanto da essersene andato «da padrone» nel 2013, contando su una buonuscita. Eppure già nel 2002 una relazione della Corte dei Conti aveva rivelato una gestione tutt'altro che virtuosa, complice la carente vigilanza da parte delle amministrazioni, che accumulano debiti senza incassare:

Le trentaquattro pagine di relazione finale della Corte dei conti sono in un certo senso devastanti [...] Sono tre le questioni critiche: occupazioni abusive, morosità nei pagamenti e costi esorbitanti nella manutenzione ordinaria e straordinaria dei lotti di alloggi d'edilizia popolare, spesa che spetta al proprietario, ovvero al Comune.

Anche la Camorra allunga le mani sul piatto, vedendo nei rioni popolari una zona per insediarsi territorialmente: ad esempio costringendo le famiglie che vivono nella case popolari a «rivendere» l'alloggio. Si tratta di compravendite illecite, trattandosi di alloggi assegnati, o di subentri pilotati: si inserisce un estraneo nello stato di famiglia, poi si abbandona l'appartamento facendo una voltura. La debolezza - o l'assenza - dei controlli fa il resto:

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Un esempio di come certe dinamiche sfuggano ai controlli? Rione Traiano, periferia occidentale di Napoli: chi ha acquistato o ha in affitto un alloggio dell'Iacp dovrebbe avere anche uno scantinato un box condominiale. E invece quelle strutture vengono trattate dalla malavita di zona come vere e proprie case e come tali vendute da persone che non ne sono nemmeno proprietarie e acquistate da famiglie che non potrebbero e dovrebbero viverci.

Le mani nella città mette dunque molta carne al fuoco, su un tema che merita attenzione e va scollegato da qualunque riduzionismo localistico. Napoli metafora d'Italia, insomma: basta guardarsi attorno. Facile pensare, in tema di speculazioni post-terremoto, alla situazione dell'Aquila: il recente rapporto sull'utilizzo dei fondi europei, firmato dall'europarlamentare danese Søren Søndergaard, denuncia prezzi gonfiati e appalti girati a ditte senza i necessari certificati antimafia. Quanto alle lotte per i diritti negati, il 27 settembre a L'Aquila sono stati assolti alcuni partecipanti alla «rivolta delle carriole»: nel 2010 in diverse occasioni i manifestanti erano entrati nella zona rossa del centro storico per rimuovere le macerie, un gesto di testimonianza attiva contro le menzogne sulla ricostruzione. La denuncia risale all'azione del marzo 2010, quando era stato - per così dire - violato il silenzio elettorale. Mentre a Roma di recente i movimenti per la casa hanno portato la rivendicazione dei loro diritti al Festival del Cinema, dopo la presenza alle manifestazioni del 1931 ottobre.

Alcune vicende nel libro avrebbero meritato un più ampio trattamento (se non addirittura un libro a parte). È il caso della Società del Risanamento, controllata della Banca d'Italia, che dalla fine degli anni Novanta finisce in un vortice di privatizzazioni, Spa, smembramenti, vendite a prezzi stracciati: «un pezzo pregiato di Napoli è andato all'asta al peggior offerente». O del capitolo sul rapporto tra clan ed edilizia popolare, troppo centrato su citazioni dirette. Ma la curiosità - come ripete spesso Giulio Cavalli - è un muscolo che va allenato, e in Italia si tende a lasciarlo atrofizzare; Le mani nella città è un buon rimedio contro l'atrofiaPerché, data l'estensione e la continuità nel tempo, è un modello economico quello che sta erodendo diritti fondamentali, non certo il frutto di distrazioni a vario livello.

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