SEL ha fermato le attività di fracking. Anche se non sono mai iniziate
2 min lettura«Oggi l’ambiente e la sicurezza dei cittadini fanno un grande passo avanti.»
Così esultava il 18 settembre l'on. Filiberto Zaratti (SEL) nell'annunciare l'approvazione, con il voto di tutti i gruppi, di una risoluzione «che esclude da subito ogni attività legata al fracking, cioè l’estrazione di idrocarburi attraverso la fratturazione idraulica del sottosuolo.»
Per l'on. Zaratti l'approvazione di una risoluzione contro una tecnica mai impiegata, fino ad ora, in Italia (e no, nemmeno di nascosto, perché non è possibile), è un «grande passo avanti» per la «sicurezza dei cittadini».
Vediamo, dunque, quale risultato abbiamo conseguito.
Abbiamo fermato il consumo di suolo? No.
Abbiamo progettato un piano nazionale contro il dissesto idrogeologico? No.
Abbiamo iniziato a rimuovere i rifiuti tossici e spento i roghi in Campania? No.
Abbiamo garantito uno stanziamento di centinaia di milioni di euro per la messa in sicurezza antisismica di scuole, ospedali, patrimonio storico? No.
Abbiamo iniziato a investire seriamente nelle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale? No.
Ricordiamo queste gravi questioni non per parlare d'altro, ma perché lo fa anche SEL, in relazione al fracking:
«Contaminazione dei suoli e delle falde acquifere, deturpamento del paesaggio, rischio idrogeologico e sismico, sono questi i principali problemi posti dall’estrazione di shale gas che oggi il Parlamento ha bloccato...»
Ma la storia di questi problemi, che da tempo affliggono l'Italia, è ben nota, così come le cause, nessuna di queste correlata con il fracking. Perciò, perché non lavorare su questo invece di battersi contro dei mulini a vento? E per quanto riguarda il rischio sismico, perché contribuire a ridare fiato a bufale dure a morire?
Ciononostante, qualcuno potrebbe invocare il principio di precauzione, parlare di pericolo sventato o limitarsi a rilevare che in fondo si tratta solo di recepire gli indirizzi dell'Europa in materia. Tuttavia, il semplice mettere nero su bianco che in Italia il fracking non lo si farà mai (o, meglio, si continuerà a non farlo), non dovrebbe consentire di illudere i cittadini (noi, tutti) che si siano compiuti chissà quali balzi in avanti per la loro sicurezza e di quella dell'ambiente in cui vivono.
Tanto più se, come si legge, lo scopo della risoluzione approvata non è altro che l'istituzione della ennesima, inutile, commissione:
«L'obbiettivo del testo è quello di impegnare il Governo (testualmente) "...a promuovere l'istituzione di una commissione tecnico-scientifica presso il ministero dell'Ambiente composta da esperti di comprovata ed elevata professionalità, anche appartenenti alla comunità scientifica internazionale...»
L'istituzione di una commissione sul tema fracking (anche allora con «esperti internazionali») era stata chiesta l'anno scorso anche dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, ed essa viene citata anche nella risoluzione fatta approvare da SEL. Perché, dunque, questa decisione? Forse perché nel frattempo la richiesta di Errani si è persa per strada?
Ciò che è certo è che risulta pressoché impossibile comprendere e giustificare una commissione cui partecipino addirittura esperti internazionali, quando, per farsi spiegare come stanno le cose sul fracking, basterebbe comporre il numero di telefono di un qualsiasi Dipartimento universitario di scienze geologiche o, magari, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, cioè la struttura di ricerca nazionale, che questo fa di mestiere, nonostante gli scarsi investimenti in ricerca e, a quanto pare, la disattenzione della politica italiana.
L'impegno di tutti i gruppi parlamentari andrebbe ricercato non per affrontare le minacce fantasma, ma per garantire i fondi per il sisma che ha colpito l'anno scorso Emilia e Lombardia, ricordato anche nel documento di SEL.
No, purtroppo non è stato compiuto nessun grande passo in avanti. Nemmeno lungo la strada della buona politica e della corretta informazione ai cittadini.