L’emergenza dei disturbi del comportamento alimentare in Italia: il taglio ai fondi mette a rischio i pazienti e i professionisti della sanità
8 min lettura«Io sono la parte tagliata del progetto», dice Valentina (ndr nome di fantasia per motivi di privacy) a Valigia Blu. Il contratto di Valentina, una dietista di un’azienda sanitaria locale (ASL) di Roma, si è concluso a causa della fine del progetto di potenziamento legato ai disturbi del comportamento alimentare (DCA) per cui era stata assunta. A differenza dei suoi colleghi dipendenti strutturati della ASL, tra cui la dietista Elena (ndr nome di fantasia), Valentina lavorava con un contratto di collaborazione a partita Iva a partire da settembre 2023.
Il servizio per i DCA nella ASL era stato creato nel 2021, prima ancora dell'arrivo di fondi specifici, e si era progressivamente rafforzato con l'aumento della domanda post-Covid, spiegano Elena e Valentina. Con l’arrivo dei finanziamenti nel 2022, l’ASL aveva potuto potenziare l’ambulatorio, assumendo due dietisti, tra cui Valentina, e un educatore.
Questo ha permesso di migliorare i servizi della ASL, aumentando il numero di pazienti seguiti e offrendo attività come gruppi di supporto e merende assistite, racconta Valentina. «La cosa bella del potenziamento è stata proprio questo: potersi dedicare meglio ai pazienti e a dare possibilità di una cura di qualità anche ai casi non ancora cronicizzati», aggiunge.
Il 31 dicembre 2024 i fondi si sono esauriti e il contratto di collaborazione di Valentina, insieme a quello di altri professionisti, è scaduto. Durante gli ultimi mesi del progetto, il team ha cercato di ottimizzare le risorse rimaste, riducendo l’orario di lavoro e limitando alcune attività: «Davamo per scontato che i finanziamenti sarebbero stati rinnovati con continuità a partire da gennaio 2025, ma non è successo», dice Valentina.
Con l’ultima manovra finanziaria, il fondo nazionale dedicato al contrasto dei DCA, istituito dal governo Draghi con la legge di Bilancio per il 2022, è stato cancellato. Al suo posto, i DCA sono stati inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), con una promessa di finanziamento di 250 milioni di euro. Ad oggi, però, questi fondi non risultano nel testo della manovra 2025, con il taglio conseguente di una serie di servizi pubblici dedicati alla cura e alla prevenzione del fenomeno.
«Il dispiacere lo provo non solo perché non ho più un impiego, ma anche perché, quando sei dentro a queste relazioni terapeutiche, non pensi davvero che il tuo lavoro possa essere mandato all’aria da un momento all’altro, smettendo di stanziare dei fondi dedicati a una realtà così emergenziale e dove i percorsi di cura sono lunghissimi», dice Valentina. «Invece poi ti accorgi che è possibile».
A gennaio, dopo che il servizio della ASL è stato depotenziato, i pazienti della struttura sono stati riassegnati al personale rimasto, costretto a selezionare i casi più gravi da trattare. A febbraio una delibera regionale ha stanziato i fondi per il nuovo anno, ma «molti meno rispetto a prima e al momento ancora in fase di essere recepiti, quindi è ancora tutto bloccato», spiega Elena a Valigia Blu. «Sembra che le cose vengano fatte senza tenere minimamente in considerazione il rapporto tra professionista e paziente, che con i DCA è ancora più cruciale. Ma neanche i rapporti tra colleghi, l’importanza di un'équipe multidisciplinare che lavori in modo sinergico e sereno», aggiunge Elena, secondo cui finché non si troverà una soluzione più strutturale, non si riuscirà a garantire un supporto efficace ai pazienti, che aumentano di anno in anno.
I DCA in Italia sono infatti sempre più diffusi, con una crescita dei nuovi casi tra il 2019 e il 2023 del 40 per cento, per un totale di 1.680.456 di nuovi pazienti. Nonostante ciò, le associazioni del settore denunciano da anni un’offerta di servizi di cura e prevenzione insufficiente a gestire il fenomeno a livello nazionale. «I disturbi alimentari, le epidemie sociali dei nostri tempi, continuano ad essere la Cenerentola della sanità: ci troviamo ancora a non avere un intervento sistematico e fondi sufficienti», dice infatti a Valigia Blu Aurora Caporossi, presidentessa e fondatrice di Animenta, associazione non-profit che si occupa di DCA.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Evoluzione dei fondi da gennaio 2024 ad oggi
Quando a gennaio 2024 il governo italiano aveva annunciato che non avrebbe rinnovato il Fondo per il contrasto dei DCA, che aveva una dotazione di 25 milioni di euro, la decisione aveva suscitato preoccupazione tra i professionisti del settore. Così, in risposta alle polemiche, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, aveva rifinanziato questo fondo attraverso un emendamento al decreto Milleproroghe, destinando 10 milioni di euro per il 2024. Se già le associazioni avevano lamentato che per il 2024 erano stati stanziati 15 milioni di euro in meno rispetto alle risorse per il 2023, la legge di Bilancio 2025 ha però ufficialmente riacceso il dibattito sui finanziamenti.
Nella nuova manovra il governo ha, infatti, bocciato l’emendamento che avrebbe stanziato per il fondo altri 20 milioni di euro, con la promessa da parte del ministro Schillaci, però, che l’investimento statale per il contrasto ai DCA sarebbe diventato permanente. Già da gennaio 2024 il ministro aveva annunciato l’annullamento del fondo nazionale e l’inserimento dei DCA nei nuovi Lea, finanziati da 50 milioni nel 2024 e 200 nel 2025. «I fondi per i disturbi alimentari sono diventati strutturali, da ora in poi ci saranno sempre», aveva dichiarato Schillaci in un'intervista al Corriere della Sera.
Ma dei 250 milioni previsti per i DCA al momento non c’è traccia nel testo della nuova manovra finanziaria. L'unico investimento al momento attivo approvato in manovra è di soli 500mila euro annui per l'organizzazione di campagne di prevenzione e contenuto un emendamento firmato della deputata di Azione, Elena Bonetti.
«Al momento stiamo organizzando un incontro con le principali associazioni che si occupano di DCA per provare a ottenere almeno un'interlocuzione con le istituzioni», dice a Valigia Blu Patrizia Todisco, medico chirurgo, psichiatra e psicoterapeuta e presidentessa della Società italiana per lo studio dei DCA (SisDCA). «È ridicolo che una patologia in così crescente aumento epidemiologico non sia di interesse del governo, a meno che non lo si tiri per la giacchetta».
Le prestazioni gratuite
Anche le nuove prestazioni implementate dal governo tra i LEA sono la metà delle 32 aggiornate nel 2017. Peraltro, questi “nuovi” 16 servizi di cura sono stati negli anni implementati autonomamente da parte di numerose regioni, anticipando l'entrata in vigore del "Decreto Tariffe" (che avrebbe definito, appunto, quanto sarebbero costati i servizi, ma che è stato approvato solo a novembre 2024). «Quindi queste trenta nuove prestazioni gratuite non sono nuove e non sono così tante. In più, tra di esse, mancano esami fondamentali per la cura dei DCA», dice Caporossi.
Gli esperti denunciano infatti che non siano stati inclusi l’ecocardiogramma e la densitometria ossea (MOC) che valutano rispettivamente la salute di cuore e scheletro, che nelle persone gravemente denutrite possono deteriorarsi più rapidamente, spiega Todisco. Non compare nemmeno l’intervento dietistico, essenziale nella terapia di gestione nutrizionale dei pazienti. «Ma anche con l’attivazione di queste prestazioni, sembra ignorato il principale ostacolo, che è l’accesso tempestivo alla prima visita», spiega la dottoressa Todisco.
Anche l’inserimento dei DCA nei Lea, prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (cioè il ticket), è «un’arma a doppio taglio», secondo Todisco. Se da un lato permette a queste patologie, che secondo chi se ne occupa sono da sempre sotto-considerate dalle istituzioni, di ottenere un riconoscimento formale, dall'altro rischia di creare nuovi ostacoli nell’accesso equo e tempestivo alle cure.
Nelle cliniche pubbliche, infatti, le liste d’attesa per una prima visita specialistica sono talmente lunghe da costringere i pazienti che soffrono di DCA ad attendere fino a 8 mesi, spiega la dottoressa. Ma è proprio in questa prima visita che viene formulata la diagnosi indispensabile per ottenere l’esenzione: senza di essa, non si può accedere alle prestazioni del Ssn. Anche a quelle gratuite.
«E ovviamente questo andrà a colpire soprattutto le persone meno facoltose, che hanno bisogno di prestazioni gratuite il prima possibile, e invece chi ha denaro potrà continuare a farsi trattare privatamente», aggiunge la dottoressa.
Il mare magnum della salute mentale
Rientrando poi nel comparto di “salute mentale” dei LEA (già con poche risorse, hanno denunciato negli anni le organizzazioni), i DCA non avranno un budget autonomo, a differenza di ciò che accadeva con il Fondo: le Regioni dovranno decidere se e come finanziare i servizi. Da anni reti di associazioni impegnate nella lotta ai DCA chiedono infatti lo "scorporo", la creazione di un fondo separato e specifico all'interno dei LEA e dedicato esclusivamente ai disturbi del comportamento alimentare, in modo da distribuire più uniformemente le risorse e armonizzare la qualità dei servizi specializzati.
Ad oggi, infatti, l'offerta di strutture per i disturbi dell’alimentazione è distribuita in maniera molto irregolare. Secondo una mappa aggiornata dall'Istituto Superiore di Sanità, sono 126 i centri dedicati ai DCA, con una maggiore concentrazione nel Nord Italia. Il problema, però, è anche la limitatissima disponibilità di cliniche con possibilità di ricovero: secondo un articolo della Fondazione Veronesi, i posti letto dedicati, su tutto il territorio italiano, sarebbero solo 900.
La gestione regionale di questi servizi ha «sempre luci e ombre», spiega la dottoressa, perché da un punto di vista sanitario ogni regione ha bisogni, tempistiche e possibilità di investimento economico molto diversi. Todisco spiega che, con la nuova manovra, «il rischio è che ci sia una lotta tra i poveri, tra quali servizi di cura della salute mentale riusciranno ad ottenere questo denaro». E che i DCA questa lotta la perdano.
Acuire le disomogeneità dei servizi sul territorio è un tema strettamente legato poi a quello di turismo sanitario, quindi il fenomeno di migliaia di famiglie costrette a spostarsi a farsi curare fuori regione, spiega Caporossi. «Che è una questione di grandissimo peso emotivo e di denaro», aggiunge.
«A me sembre che quando i soldi vengono assegnati, manchi una progettualità, preferendo interventi episodici, quando invece bisognerebbe pensare ai problemi concreti dell’accesso alle cure e della gestione del denaro», dice Todisco, che spiega come molte regioni negli anni scorsi siano riuscite a utilizzare pochissimo del denaro a disposizione del fondo a causa di «sistemi di burocrazia lenti e farraginosi».
La relazione intermedia sulle attività e le spese sostenute nel biennio 2022-2023, prodotta dalle stesse regioni e province autonome e presentata al Ministero della Salute, aveva infatti evidenziato come sia stato impegnato solo il 59 per cento dei finanziamenti disponibili per il contrasto ai DCA, ma ne sia stato speso appena il 3 per cento.
L’elefante nella stanza
Secondo Aurora Caporossi, la situazione verrebbe sbloccata da un decreto attuativo, cioè un provvedimento normativo che ne renderebbe operativi i principi e le disposizioni della proposta di legge sui DCA già esistente, il DDL S.599 presentato il 14 marzo 2023 e che mira a riconoscere i DCA come malattie sociali e introdurre misure preventive e terapeutiche. «Il grande elefante della stanza è che i disturbi alimentari costano», dice Caporossi. «Non esiste il farmaco che ti cura dal disturbo alimentare, bensì una terapia psicoterapeutica e nutrizionale multidisciplinare molto più complessa. E questo ha un prezzo più alto», aggiunge.
Se da una parte i disturbi alimentari, come l'anoressia nervosa, sono tra le malattie psichiatriche con il più alto tasso di mortalità, è anche vero, «ed è forse ciò che fa più rabbia» dice Caporossi, che i DCA hanno un elevato tasso di remissione. Secondo i dati Rencam, infatti, ogni anno quattromila persone affette da DCA perdono la vita non per il disturbo alimentare in sé, bensì ma per mancanza di cure adeguate: «Questo significa che quando diamo alle persone la possibilità di curarsi bene, si può, effettivamente e davvero, non morire», conclude Caporossi.
Immagine in anteprima: frame video Tg2000 via YouTube
