L’arresto dello studente e attivista palestinese voluto da Trump è da manuale fascista
6 min letturaArrestato perché “amico di Hamas”. Senza avere uno straccio di prova. Mahmoud Khalil, studente palestinese laureato alla Columbia University tra i più attivi nelle proteste pro-Palestina iniziate lo scorso aprile nell’università statunitense, è stato arrestato sabato mattina dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE) in attuazione degli “ordini esecutivi del presidente Trump che proibiscono l’antisemitismo”, per cui chi ha partecipato alle proteste ha perso il diritto di rimanere negli Stati Uniti, come affermato dalla portavoce del dipartimento per la Sicurezza Interna, Tricia McLaughlin, dopo due giorni di silenzio sulle sorti di Khalil.
Solo lunedì 10 marzo si è saputo infatti dove era detenuto, nel centro di Jena/LaSalle in Louisiana. McLaughlin ha spiegato che Khalil, cittadino algerino di origine palestinese, ha “condotto attività allineate ad Hamas, un'organizzazione terroristica designata”. Tuttavia, non ha fornito alcuna prova a sostegno delle sue affermazioni.
In un post su X la Columbia ha dichiarato che le forze dell'ordine devono presentare un mandato prima di entrare nella proprietà dell'università. Tuttavia, contattati da diversi media, i portavoce dell'università hanno rifiutato di dire se l'università avesse ricevuto un mandato per l'arresto di Khalil.
Stando a quanto dichiarato ad AP dalla sua avvocata, Amy Greer, quando sono arrivati nel campus gli agenti hanno minacciato anche di arrestare la moglie di Khalil, cittadina statunitense, incinta di otto mesi. Uno degli agenti ha detto a Greer che il visto studentesco di Khalil era stato revocato e, quando l’avvocata ha fatto notare che lo studente palestinese si trovava negli Stati Uniti non con un visto ma da residente permanente con una green card, le è stato risposto che stavano revocando anche quella.
“Si tratta di una chiara escalation – ha detto Greer ad AP – L’amministrazione ha iniziato a dare seguito alle minacce”. L’arresto di Khalil è avvenuto il giorno dopo l’annuncio dell’amministrazione Trump di avere tagliato circa 400 milioni di dollari in contratti e sovvenzioni governative alla Columbia University “per non aver protetto i suoi studenti ebrei”. E come affermato in un post su X dal Segretario di Stato Marco Rubio, d’ora in avanti l’amministrazione “revocherà i visti e/o le green card dei sostenitori di Hamas in America in modo che possano essere espulsi”. Rubio – scrive Axios – intende revocare i visti ai cittadini stranieri ritenuti sostenitori di Hamas o di altri gruppi terroristici, utilizzando l'intelligenza artificiale (IA) per individuare le persone.
Ma su quali basi? Come osserva Marina Catucci su Il Manifesto, “la legge USA ha sempre previsto che il Department of Homeland Security, per una gamma di presunte attività criminali – incluso il sostegno a gruppi terroristici – possa espellere anche i titolari di green card, ma la detenzione di un residente permanente legale, che non è stato accusato di alcun crimine, è una mossa straordinaria con un fondamento legale traballante”.
John Sandweg, ex direttore ad interim dell'ICE, ha dichiarato in una e-mail alla CNN che il ricorso a una disposizione per espellere un titolare di carta verde è raro e spesso utilizzato con altre accuse di immigrazione, “incluso il fatto che la persona abbia mentito nella domanda di carta verde e non abbia rivelato legami con l'organizzazione terroristica”. Tuttavia, come detto, non ci sono prove fondate delle connessioni tra Khalil e Hamas.
“L'amministrazione potrebbe anche fare affidamento su un'altra disposizione che presumibilmente consente all'ICE di espellere qualcuno quando il 'Segretario di Stato ha ragionevoli motivi per ritenere' che la presenza o le attività della persona negli Stati Uniti presentino 'gravi conseguenze negative per la politica estera degli Stati Uniti'”, ha aggiunto Sandweg, sottolineando che il ricorso anche a questa disposizione è raro.
Intanto, un giudice federale di New York ha bloccato l’espulsione di Khalil fino al 12 marzo quando si terrà un’udienza in Tribunale. “Per preservare la giurisdizione della Corte in attesa di una sentenza sulla petizione, il firmatario non sarà espulso dagli Stati Uniti a meno che e fino a quando la Corte non ordini diversamente”, si legge nel documento depositato lunedì 10 marzo.
Se il giudice deciderà che le accuse sono fondate, Khalil potrà comunque richiedere un provvedimento di sgravio delle accuse e l'intero processo potrebbe trascinarsi per mesi, secondo Camille Mackler, fondatrice e direttrice esecutiva di Immigrant ARC, una coalizione che fornisce servizi legali a New York. “C'è da chiedersi se il giusto processo sarà garantito a noi o a chiunque altro”, ha dichiarato Mackler. ‘Stiamo vedendo l'amministrazione Trump usare il potere del governo per perseguire persone o istituzioni che non le piacciono o con cui non è d'accordo. In una società libera questo non dovrebbe accadere’.
L’arresto di Khalil è arrivato dopo una stretta da parte di una nuova commissione disciplinare universitaria - l'Office of Institutional Equity - contro studenti della Columbia che hanno espresso critiche nei confronti di Israele, secondo i documenti condivisi con AP. Nelle ultime settimane, l'ufficio ha inviato avvisi a decine di studenti per attività che vanno dalla condivisione di post sui social media a sostegno del popolo palestinese all'adesione a proteste “non autorizzate”. Uno studente attivista è indagato per aver affisso fuori dal campus adesivi che imitavano i manifesti "Wanted", con le sembianze di amministratori dell'università. Un altro, presidente di un club letterario del campus, rischia una sanzione per aver ospitato una mostra d'arte fuori dal campus incentrata sull'occupazione di un edificio del campus la scorsa primavera.
Maryam Alwan, studentessa giordana di origine palestinese, laureata in Studi comparati palestinese-americani, è stata fermata con l’accusa di molestie per un articolo non firmato sul Columbia Spectator che esortava l’università a ridurre i legami accademici con Israele che “potrebbe aver sottoposto altri studenti a comportamenti indesiderati basati sulla loro religione, origine nazionale o servizio militare”.
Durante le proteste Khalil aveva svolto un ruolo di negoziatore tra studenti e funzionari universitari. Per la sua attività era stato sanzionato dall’università, in particolare per “aver aiutato a organizzare un corteo non autorizzato” in cui era stato “glorificato l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023” e per aver svolto un “ruolo sostanziale” nella circolazione di post sui social media in cui si criticava il sionismo. In un’intervista ad AP della scorsa settimana, Khalil aveva negato ogni coinvolgimento rispetto ai post circolati sui social.
“In base a come si sono svolti questi casi, sembra che l'università stia rispondendo alle pressioni governative per sopprimere e soffocare la libertà di parola”, spiega ancora l’avvocata Greer. “Sta operando come un'azienda, proteggendo i suoi beni prima dei suoi studenti, docenti e personale”.
Tempo fa i repubblicani della Camera avevano dato agli amministratori della Columbia tempo fino al 27 febbraio per consegnare i registri disciplinari degli studenti relativi a quasi una dozzina di manifestazioni nel campus, tra cui le proteste che, secondo i repubblicani, "promuovevano il terrorismo e vilipendevano le forze armate statunitensi", nonché la mostra d'arte fuori dal campus. Un portavoce della Columbia ha rifiutato di specificare quali documenti siano stati consegnati al Congresso e se includano i nomi degli studenti, aggiungendo di non poter commentare le indagini in corso.
Secondo le politiche della nuova commissione della Columbia, gli studenti sono tenuti a firmare un accordo di non divulgazione prima di accedere al materiale del caso o di parlare con gli investigatori. Coloro che hanno parlato con gli investigatori dicono che è stato chiesto loro di fare i nomi di altre persone coinvolte in gruppi e proteste pro-palestinesi nel campus. Hanno detto che gli investigatori non hanno fornito indicazioni chiare sul fatto che alcuni termini - come "sionista" o "genocidio" - possano essere considerati molesti. Diversi studenti e docenti che hanno parlato con AP hanno detto che la Commissione li ha accusati di aver partecipato a manifestazioni a cui non hanno preso parte o di aver contribuito a far circolare messaggi sui social media che non hanno pubblicato. Come nel caso di Khalil che, dopo aver rifiutato di firmare l'accordo di non divulgazione, aveva subito la minaccia dall’università di bloccare il suo libretto e di impedirgli di laurearsi.
“Prendere di mira uno studente attivista è un affronto ai diritti di Mahmoud Khalil e della sua famiglia. Questo atto palesemente incostituzionale invia un messaggio deplorevole, ovvero che la libertà di parola non è più protetta in America. Inoltre, Khalil e tutte le persone che vivono negli Stati Uniti hanno diritto a un giusto processo. Una carta verde può essere revocata solo da un giudice dell'immigrazione, il che dimostra ancora una volta che l'amministrazione Trump è disposta a ignorare la legge per instillare paura e promuovere il suo programma razzista”, ha dichiarato Murad Awawdeh, presidente e amministratore delegato della New York Immigration Coalition. “Khalil va immediatamente rilasciato”.
“La vergognosa detenzione di Mahmoud da parte dell'amministrazione Trump è progettata per instillare il terrore negli studenti che si esprimono a favore della libertà palestinese e delle comunità di immigrati”, ha affermato Jewish Voice for Peace in una dichiarazione sull'arresto. “Questo è il manuale fascista. Dobbiamo tutti respingerlo con fermezza e le università devono iniziare a proteggere i propri studenti”.
Immagine in anteprima: frame video CBS News via YouTube
