L’opposizione si riorganizza: dai comizi di Sanders alle piazze contro l’amministrazione Trump
7 min letturaDopo la vittoria alle presidenziali, Donald Trump dichiarò di aver ricevuto “un mandato inequivocabile per cambiare il paese”, nonostante avesse ottenuto all’incirca lo stesso numero di grandi elettori ricevuti da Biden quattro anni prima (312 contro i 306 dell’ex presidente) e rimanendo ben lontano dai 365 grandi elettori con cui Obama arrivò alla Casa Bianca nel 2008. Nelle sue prime settimane di governo, comunque, il suo tasso di approvazione si è mantenuto stabilmente sopra al 50%, fino a qualche giorno fa, quando si sono iniziate a intravedere le prime crepe: per vari sondaggisti, Trump ha cinque punti percentuali in meno.
I motivi per cui il consenso generale stia iniziando a erodersi possono essere molteplici, ma due spiccano sugli altri. In primo luogo, Trump è stato eletto con la promessa di abbassare il costo della vita e ridare potere d’acquisto alla classe media; in questo mese, però, l’inflazione ha sforato nuovamente il tetto del 3% e le uova sono diventate un bene di lusso, complice l'influenza aviaria che ha costretto a un ritiro preventivo dal mercato di molti lotti. In secondo luogo, l’amministrazione sta portando avanti alcune decisioni che si stanno rivelando impopolari, come il taglio drastico dei dipendenti federali e i continui attacchi ai piani di sanità pubblica, Medicare e Medicaid.
Nel bilancio preliminare votato alla Camera sono stati evidenziati 880 miliardi di tagli di spesa per ridurre le inefficienze burocratiche in vari settori, tra cui quello della salute; seppure l’amministrazione continua ad asserire che la sanità non verrà toccata, e i cittadini manterranno i loro benefici, non tutti ci credono. La settimana scorsa, quando la Camera è andata in pausa e i deputati sono tornati nei loro collegi per fare attività di ascolto degli elettori, i repubblicani hanno scoperto che chi li ha votati non era contento. Molte persone hanno protestato per i possibili tagli alla salute e per i licenziamenti e le condizioni sempre più difficili dei dipendenti federali; Trump era stato votato per contenere l’immigrazione illegale e abbassare il costo della vita, non per tagliare posti di lavoro garantiti.
Allo stesso modo, gli incontri dei cittadini con i deputati democratici sono stati molto partecipati, con la richiesta di tenere duro sul punto. Il partito di opposizione, fino a questo momento piuttosto spento nella critica all’amministrazione, è uscito rinvigorito dal ritorno nei collegi: ciò che ha galvanizzato i democratici è stato come il dissenso provenisse non tanto da luoghi di tendenza progressista, ma dai distretti solidamente repubblicani. Per questo, la strategia è sembrata chiarificarsi: attaccare il nuovo bilancio provvisorio, evidenziando i possibili tagli in cui potrebbero incorrere gli americani, gli svantaggi verso il cittadino che si generano con il congelamento dei fondi alle agenzie federali e il licenziamento dei dipendenti. D’altronde, non è la prima volta che i repubblicani hanno grossi problemi con le loro politiche di tagli lineari alla sanità: già nel 2017, il Congresso andò a un passo dall’abolire l’Affordable Care Act, la riforma sanitaria voluta da Barack Obama che garantì un’assicurazione sanitaria a più di 20 milioni di persone allora scoperte. L’abolizione non passò anche per il voto contrario del senatore repubblicano John McCain, e i democratici ottennero una grande vittoria alla Camera nelle elezioni di mid-term a novembre dello stesso anno.
Le critiche ai tagli alla sanità sono portate avanti in modo vigoroso da Bernie Sanders, che ha deciso di fare comizi negli Stati Uniti rurali, principalmente in distretti solidamente repubblicani, per evidenziare ai cittadini cosa perderanno con i tagli votati in Parlamento. L’economista Paul Krugman ha infatti sottolineato che depotenziare Medicaid, l’assicurazione sanitaria per gli indigenti, vorrebbe dire mettere in pericolo 69 milioni di americani che ne fanno uso. Il 45% dei bambini del West Virginia, Stato a basso reddito fortemente repubblicano, è coperto dal piano statale, che è visto come valido dal 71% degli elettori repubblicani. Lo stesso Steve Bannon, in una puntata del suo podcast War Room, ha evidenziato come “molte persone di fede MAGA aderiscono a Medicaid”. Sanders nel weekend è stato a Omaha, in Nebraska, dove si sono presentate più di 4.000 persone per ascoltarlo: nel comizio ha evidenziato tutte le problematiche costituzionali del duopolio Trump-Musk che sta governando la Casa Bianca e ha più volte ripetuto che “l’oligarchia va fermata”. L’obiettivo che si sta prefiggendo in questo tour di distretti solidamente repubblicani è duplice: da un lato, aprire la strada a un possibile riavvicinamento dei progressisti in luoghi da molti anni non contendibili per il Partito democratico, dall’altro, mettere estrema pressione sui deputati repubblicani del collegio, inducendoli a far saltare il banco e non votare i tagli.
Questo perché, dopo un mese in cui il Congresso ha aderito senza battere un colpo allo svuotamento di potere impostogli da Trump, sulla sanità si sono evidenziate alcune voci critiche all’interno del Partito. Uno dei repubblicani che più si è imposto nel dibattito pubblico sulla sanità è David Valadao, deputato di un distretto della California centrale dove circa il 20% delle famiglie riceve sussidi legati a Medicaid. Valadao ha affermato che tagli di questo tipo andrebbero a minare le capacità di potersi curare delle persone che abitano nel suo collegio e insieme ad altri sette colleghi ha firmato un documento contro i possibili tagli. Si tratta, poi, anche di una questione tattica: quando nel 2018 la sanità venne messa in discussione i repubblicani persero 28 seggi alle elezioni, e sarebbero proprio quei deputati, eletti in collegi poveri e non a stretta maggioranza repubblicana, i primi a subire le conseguenze.
Si è quindi evidenziata una netta distanza tra due ali del Partito, che non rispecchia in modo congruo la divisione tra repubblicani centristi e movimento MAGA: infatti, i conservatori fiscali, che vorrebbero tagliare la spesa in sanità per ridurre il deficit, anche se afferiscono al Freedom Caucus, una corrente da anni più vicina a Trump, parlano come i repubblicani liberisti classici. Allo stesso modo, i critici dei tagli hanno l’appoggio, pur se indiretto, di figure del mondo alt-right come Steve Bannon, che hanno contribuito a costruire un nuovo Partito repubblicano con un bacino di voti non indifferente nella classe operaia bianca e sanno che tagliare queste voci di spesa vuol dire inimicarsi i propri elettori.
Un’altra linea d’attacco che i democratici cercano di perseguire più apertamente è quella della “crisi costituzionale”, soprattutto grazie al lavoro in Parlamento del senatore del Connecticut Chris Murphy, che ha iniziato a reagire apertamente allo svuotamento del potere legislativo operato dall’amministrazione utilizzando termini forti, sia in aula sia sui social, dove la sua presenza è sempre più massiccia. Per farlo, ha principalmente studiato i testi di riferimento della nuova destra, come quelli del filosofo Curtis Yarvin di cui abbiamo estesamente parlato su Valigia Blu. Le sue letture lo hanno convinto sin da subito della sostanziale illegalità delle mosse dell’esecutivo e per questo non ha esitato a definire il primo mese della presidenza Trump “un tentativo ostile di presa del potere”. L’attacco alle politiche di Elon Musk, che stanno decidendo in modo arbitrario la sorte di milioni di dipendenti federali, ha scioccato anche una gran parte di cittadini: l’associazione 50501, recentemente costituita per protestare contro l’amministrazione, è scesa in piazza alla stessa ora in tutti gli Stati e promette di farlo ancora. Si tratta della prima protesta organica su base nazionale che mobilita migliaia di persone.
Se, da un lato, abbiamo la protesta di molti cittadini su temi legati alle loro limitate capacità economiche, sempre più ridotte da questo primo mese di presidenza Trump, l’altro grande tema su cui alcuni democratici si muovono è la difesa dei diritti dei cittadini immigrati. Su questo ha ottenuto tantissima rilevanza, anche sui social network, la deputata di New York Alexandria Ocasio Cortez, che ha girato vari video in cui spiega alle persone quali siano i loro diritti durante i possibili raid dell’ICE, l’agenzia federale che si occupa di immigrazione. Per questo ha avuto un confronto diretto molto duro con Tom Homan, il cosiddetto “zar dei confini”, la figura dell’amministrazione Trump che si occupa di velocizzare i rimpatri. Homan ha minacciato azioni legali contro la deputata democratica in quanto “i membri del Congresso non dovrebbero spiegare alle persone come scappare dalle forze dell’ordine”, ma Ocasio Cortez ha ribadito sul punto, asserendo che rendere edotti gli individui dei loro diritti garantiti dalla Costituzione non è illegale.
Come analizzato, esistono personalità democratiche che si oppongono all’amministrazione, ma a livello mediatico la posizione comune è che il Partito sia spaesato. In parte è sicuramente così, dato che l’azione dei democratici continua ad avere bassi livelli di coordinamento ed è portata avanti da figure popolari che stanno trainando il Partito grazie al loro appeal. Nonostante questo, però, i democratici stanno cercando anche un nuovo modo di apparire a livello mediatico. Con l’arretramento sempre più visibile dei quotidiani, che dimostrano, come nei casi di testate come Washington Post e Los Angeles Times, di non voler attaccare Trump come venne fatto durante il suo primo mandato, e l’impossibilità di sfondare sui social media tradizionali al di fuori della propria bolla, come ha dimostrato l’attesa generata dalla campagna Harris che poi si è rapidamente sgonfiata, è tornata in auge l’idea di portare la propria voce all’interno del mondo dei podcast. Gavin Newsom, governatore della California e uno dei papabili candidati dei democratici tra quattro anni, sta lanciando un podcast di sua produzione in cui dialogherà con esponenti del mondo MAGA. L’idea è cercare di abbattere un ambiente mediatico costruito a compartimenti stagni, in cui democratici e repubblicani guardano e ascoltano cose diverse, facendo sì che aumenti la polarizzazione. È un’idea, quella di Newsom, che il governatore porta avanti sin dal 2022, quando chiedeva al Partito di confrontarsi coi repubblicani sul tema delle “culture wars”, prima che esplodesse la battaglia al “woke” che ha contraddistinto la campagna Trump l’anno scorso.
Infine, i democratici vogliono andare all’attacco già quest’anno in un’elezione che si preannuncia molto interessante: quella per la carica di governatore della Virginia. Nello Stato, entro i cui territori si trova il distretto di Columbia, e quindi la capitale Washington, risiedono circa 150.000 dipendenti federali e l’obiettivo è attaccare frontalmente i repubblicani sul caos che hanno generato nella burocrazia. Candidata dei dem è Abigail Spanberger, eletta deputata proprio con la grande vittoria democratica del 2018, che vuole combattere Trump dalla poltrona di governatrice. Si è notato, nel primo mese di presidenza, che per contrattaccare a ordini esecutivi incostituzionali è importante amministrare più Stati possibile, per rendere più solide le cause intentate: l’obiettivo è proprio quello di ottenere una vittoria in un anno in cui, non essendoci elezioni a livello federale, sulla Virginia si concentreranno le attenzioni della politica nazionale.
Un tour di distretti repubblicani, una manifestazione che coinvolge tutti gli Stati, un senatore che chiama in aula le cose col proprio nome, un’elezione fondamentale: tutti momenti importanti per costruire un’opposizione seria e coerente all’amministrazione Trump. I democratici sono ancora lontani da una linea comune, ma rispetto alle prime due settimane, quando il partito sembrava impotente rispetto a quello che stava avvenendo, oggi sembra aver ricostituito una combattività che lo aveva contraddistinto nel primo mandato: se questo basterà per fermare il piano di Trump e Musk di accrescere sproporzionatamente i poteri dell’esecutivo ai danni degli altri, però, è ancora presto per dirlo.
Immagine in anteprima: frame video KETV News Watch 7 via YouTube
