Post Fuori da qui

La guerra dei dazi di Trump, l’Europa e il possibile ruolo di Giorgia Meloni

4 Febbraio 2025 7 min lettura

author:

La guerra dei dazi di Trump, l’Europa e il possibile ruolo di Giorgia Meloni

Iscriviti alla nostra Newsletter

7 min lettura

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è dichiarato pronto a imporre dazi sui beni provenienti dall’Europa. Rispondendo a una domanda sul tema nello Studio Ovale Trump ha dichiarato: “Volete una risposta veritiera o una politica? Assolutamente sì”, aggiungendo che  l’Europa “ci ha trattati in modo davvero brutto”. 

A questa minaccia hanno già risposto le borse che all’inizio di questa settimana hanno aperto con il segno rosso. Anche il Wall Street Journal ha attaccato la politica di dazi del Presidente Trump, cominciata con quelli a Canada e Messico, poi sospesi. Il titolo dell’articolo è eloquente: “La più stupida guerra commerciale della storia”. Un discorso diverso vale invece per i dazi sulla Cina, che sono entrati in vigore alla mezzanotte di martedì. A sua volta la Cina ha risposto con dazi su prodotti statunitensi, mentre Google e Nvidia sono finite nel mirino dell'antitrust cinese - e anche Intel potrebbe essere oggetto d'indagine.

La risposta dei leader europei comunque non si è fatta attendere, nonostante i toni differenti. Una parte dei leader europei ha infatti mantenuto un tono di apertura, come il leader della Polonia Donald Tusk. Secondo Tusk queste guerre commerciali sono inutili e dannose tra alleati, in un periodo in cui il pericolo viene dalla Cina e dalla Russia. Sulla stessa linea l’ex premier estone e Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Europa, Kaja Kallas, secondo cui una guerra commerciale non avrebbe vincitori, ma danneggerebbe i lavoratori. 

Il premier tedesco uscente Olaf Scholz ha dichiarato che l’obiettivo primario deve essere la cooperazione, aggiungendo però che si procederà a una risposta comune in caso di intransigenza. A guidare invece il fronte più deciso è la Francia. Il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato che l’Europa dovrà reagire e farsi rispettare. 

Le parole di Ursula Von Der Leyen hanno cercato di coniugare queste due visioni. Da una parte la Presidente della Commissione Europea ha dichiarato che i rapporti commerciali tra EU e USA sono di fondamentale importanza e che si farà il possibile per cooperare in settori cruciali per la crescita economica. Dall’altra, ha aggiunto Von Der Leyen alla fine del suo discorso, l’Europa è pronta a tutto per difendere i propri interessi. 

Chi colpiranno di più queste sanzioni?

L’accusa di Trump all’Europa, e il motivo dichiarato per cui sarebbero necessari i dazi, è legata allo squilibrio della bilancia commerciale sui beni con il vecchio continente: questo significa che il valore dei beni esportati dall’Europa verso gli Stati Uniti è maggiore rispetto a quelli importati. La tesi di Trump si scontra con un altro dato: la stessa bilancia commerciale, ma considerata rispetto ai servizi mostra un saldo nettamente positivo nei confronti degli USA. Non solo: le idee di Trump sull’efficacia dei dazi risultano anacronistiche. Queste trovano infatti la giustificazione in un contesto radicalmente diverso: nell’800 le tariffe doganali permisero effettivamente lo sviluppo della manifattura negli Stati Uniti, contro un’Europa che era ben più avanzata. Oggi la situazione però è radicalmente differente, con le economie che hanno un certo grado di specializzazione e pertanto i dazi, come sostengono gli economisti, non avrebbero quel potere salvifico che invocano certi sostenitori di Trump. 

Oltre agli effetti negativi per la popolazione americana, che probabilmente vedrà un aumento dell’inflazione, questa guerra commerciale avrà degli effetti anche sull’economia europea. 

Se si guardano i dati, a essere più colpiti saranno probabilmente i paesi che presentano un maggior export con gli Stati Uniti. Tra questi, i due principali sono proprio la Germania, con il settore automotive, e l’Italia. Ciò è particolarmente preoccupante vista la congiuntura economica che sta attraversando l’economia. Sia l’Italia sia la Germania si trovano in una fase di contrazione economica o stagnazione, con l’industria sempre più in difficoltà. Secondo le stime riportate dal Sole 24 Ore, una guerra commerciale con gli USA potrebbe portare a una contrazione economica dell’eurozona stimata tra l’1 e l’1,6%.

Per quel che riguarda i beni, che come abbiamo visto sono al centro dei dazi di Trump, i settori più colpiti sarebbero quelli in cui trovare differenti acquirenti sarebbe più difficile. Come riporta un’analisi di CaixaBank Research, il settore chimico ha una minor possibilità di trovare altri mercati. 

Se è vero che i dazi andranno a colpire i beni, è probabile che gli effetti si diffonderanno anche al settore dei servizi. Vi sono vari canali attraverso i quali gli effetti delle sanzioni si trasmettono al settore dei servizi, nonostante vi sia la necessità di ulteriori studi per comprenderli. Sicuramente, qualora i dazi dovessero avere un effetto sull’occupazione nel settore manifatturiero, questo andrà a impattare la domanda di servizi in una spirale negativa che rischia di portare a contraccolpi economici significativi. 

C’è poi un'altra questione che merita attenzione:  questa strategia errante di Trump rischia di portare a una maggior incertezza economica. Questa già oggi si riflette sui mercati finanziari e in futuro potrebbe ricadere sull’economia reale, con un calo degli investimenti e della domanda aggregata e quindi dell’occupazione. 

Negoziati e dazi contro gli USA: qual è la strategia dell’Europa?

In Europa, di fronte alla minaccia di dazi, si aprono quindi due strade. In primo luogo quella negoziale. Già nei giorni scorsi il Presidente USA aveva imposto dazi a paesi come Canada e Messico. Dopo colloqui con il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e la Presidente del Messico Claudia Sheinbaum, però, queste sanzioni sono state messe in pausa per 30 giorni.

Un’interpretazione interessante su questo fronte è quella offerta dal premio Nobel per l’Economia Paul Krugman. Sia Canada sia Messico si sono accordati con gli USA per fare cose che avrebbero fatto anche senza la minaccia di dazi. Anzi, sia il Canada sia il Messico avevano a loro volta risposto a Trump, con lo stato dell’Ontario, il più popoloso del Canada, che aveva rescisso i contratti con Starlink di Elon Musk. 

L’Europa, per scongiurare la guerra commerciale, si dice pronta ad acquistare più gas e armi dagli Stati Uniti. La questione armi, in particolare, è legata a doppio filo alle richieste di Trump su un maggior contributo dei paesi europei, portando il target per le spese della difesa al 5 per cento del PIL. Questo target è stato definito irrealistico, soprattutto nella politica tedesca che oggi si trova in campagna elettorale. 

Nel caso in cui si arrivasse a una guerra commerciale, quale sarebbe la strategia dell’Europa? Già nel 2018 Trump aveva imposto tariffe su certi prodotti europei come l’acciaio. A questi dazi, l’Europa aveva risposto con tariffe mirate contro beni prodotti negli stati più repubblicani e vicini a Donald Trump. Ma dazi generalizzati come quelli a cui pensa Trump, sostiene l’esperto David Kleimann del think tank ODI, richiederebbero una risposta ben più decisa. Anche Brando Benifei, coordinatori dei Socialisti e Democratici per il Commercio Internazionale al Parlamento Europeo, ha dichiarato che l’Europa deve prepararsi non solo con misure tariffarie, ma anche rafforzando le regole sull’acquisto dei beni europei in via prioritaria in settori come l’automotive. 

Questo però potrebbe non essere abbastanza. Come ha scritto su X l’ex leader dei liberali al parlamento europeo Guy Verhofstadt, la strategia di Trump è un gigantesco regalo ai suoi amici miliardari. 

È necessario riflettere approfonditamente sull’esercizio del potere negli Stati Uniti. La ricerca economica ha infatti evidenziato che, quando si parla di sanzioni e tariffe, tutto dipende da chi sostiene il potere politico. Nei paesi democratici il fine delle controsanzioni sarebbe, di fatto, colpire aziende e popolazione in modo tale che le pressioni facciano poi capitolare la strategia del presidente. Quanto sarebbe efficace questo nell’America di Trump? La destra radicale ha costruito un ecosistema nel campo dell’informazione in grado di diffondere la propaganda presidenziale, all’insegna di un’esasperata caccia ai nemici della nazione, interni ed esterni. 

Inoltre il potere politico, durante l’amministrazione Trump, è sempre più legato al potere economico, tanto che ormai si parla di oligarchia (o di “broligarchi”). Come per il caso dell’Ontario, le contro-tariffe dovrebbero colpire dove fanno male: la cerchia di oligarchi che sostiene Trump, in primis Elon Musk. Una strategia incisiva che vada a vietare i prodotti di Musk, a partire dalla cancellazione dei contratti con Starlink presi dal governo italiano e da misure specificatamente contro Tesla, andrebbe proprio a colpire quegli interessi che sorreggono la presidenza Trump. Il nostro paese d’altronde è ben disposto a fare affari con Elon Musk. 

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Ed è proprio sulla risposta del nostro paese e del governo di Giorgia Meloni che si giocherà una parte della partita. Meloni sembra avere un rapporto privilegiato sia con il Presidente degli Stati Uniti sia con la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Per questo, è possibile che per lei si prospetti un ruolo di mediazione tra i due. Nonostante nel breve periodo questo può essere positivo, c’è da chiedersi se la presenza di un alleato forte della Presidenza USA in uno dei paesi cardine dell’Europa non finisca poi per indebolire la risposta dell’Europa e una maggior indipendenza. 

Questo è proprio il cambio di passo di cui necessita l’Europa. Con Trump gli Stati Uniti non rappresentano più l’alleato storico con cui si è avuto a che fare, ben disposto a importare i nostri prodotti. Come ha evidenziato anche il rapporto dell’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi, il modello economico europeo basato su bassi salari ed export, in un contesto geopolitico mutato, non è più sostenibile. È invece tempo di una maggior autonomia strategica dell’Europa che potrebbe passare, paradossalmente, proprio dalla risposta alle minacce di Donald Trump. C’è da chiedersi se l’Europa questa volta riuscirà a superare particolarismi e divisioni tra gli Stati membri.

Immagine in anteprima: frame video AFP via YouTube

Segnala un errore