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In Basilicata l’acqua è il nuovo petrolio tra interessi privati e scarsità

23 Gennaio 2025 10 min lettura

In Basilicata l’acqua è il nuovo petrolio tra interessi privati e scarsità

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Da settembre circa 140mila persone di 29 comuni in Basilicata, inclusa Potenza, vivono con l’acqua razionata. Come già raccontato su diversi giornali locali e nazionali, il lago Camastra, principale fonte di approvvigionamento idrico della zona, è quasi a secco: su una capienza di 32 milioni di metri cubi di acqua, oggi ne restano più di 4 milioni (a dicembre erano addirittura poco meno di 400 mila metri cubi). La neve e la pioggia di questi giorni hanno permesso di riaprire i rubinetti, ma l'emergenza resta.

La Basilicata – il cui stemma mostra quattro onde azzurre a simbolo dei suoi quattro fiumi principali – è una regione nota per le sue sorgenti d’acqua, che dissetano anche le vicine  Puglia, Campania e Calabria. Sebbene anche nel 2023 l’ISPRA abbia registrato il 18,4% in meno di disponibilità idrica in tutto il paese, in linea con la tendenza degli ultimi trent’anni e con gli studi sugli effetti del riscaldamento globale, la crisi idrica che affligge la regione non può essere attribuita solamente alla siccità. Il che non è una giustificazione, anzi. È l'effetto perverso (e desolante) dell'inazione.

Rapporto ISTAT sull'acqua 2020-2023

Secondo i dati ISTAT, in Italia il 42,4% dell’acqua pubblica immessa nella rete idrica, pari a circa 3,4 miliardi di metri cubi all’anno, viene sprecata andando a perdersi nella fase di distribuzione principalmente a causa del cattivo stato delle infrastrutture. Nel 2022 l’acqua dispersa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile avrebbe soddisfatto le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno.

Rapporto ISTAT sull'acqua 2020-2023

Nella sola provincia di Potenza, colpita dalla crisi, il dato di spreco idrico di quest’anno diventa 71%, il più alto nel paese. Un dato, non distante dagli anni precedenti, che testimonia come l’unica strategia adottata finora da tutte le amministrazioni della Regione sia stata quella dello “speriamo che piova”. 

Rapporto ISTAT sull'acqua 2020-2023

Quando il presidente della giunta regionale Vito Bardi – oggi a capo dell’Unità di Crisi – ha deliberato lo stato di emergenza a settembre, la sua dichiarazione è stata: “Purtroppo abbiamo attraversato un'estate con scarse precipitazioni e con temperature che si sono rivelate al di sopra della media con una certa persistenza. La Regione interverrà per adeguare le infrastrutture al fine di evitare che simili emergenze diventino endemiche.” 

Per tutto il mese di novembre, diverse mobilitazioni a Potenza hanno criticato le scelte delle istituzioni regionali su una risorsa che dovrebbe essere un bene collettivo e hanno rimesso al centro dell’attenzione il diritto all’acqua pubblica. Una vicenda, purtroppo, che non è circoscritta alla sola Basilicata ma che si inserisce in un contesto di emergenza più grande che abbraccia tutto il Sud Italia.

Perché non c'è acqua? Il lago Camastra a secco e il paradosso del Basento

Perché non c'è l'acqua? Una prima ipotesi riguarda i mancati lavori di adeguamento della rete idrica tra il lago Camastra e il resto del territorio. Secondo diverse associazioni di cittadini, tra cui il Comitato Acqua Pubblica “Peppe Di Bello”, l’emergenza del Camastra non è arrivata dal nulla, era prevedibile già dal 2019, anno in cui si è insediata la prima Giunta Bardi. All’epoca, l’Ufficio Dighe di Napoli impose all’ente gestore dell’invaso (EIPLI) di abbassare il livello dell’acqua di sette metri, poiché la diga – vallata tra Trivigno, Anzi, Laurenzana e Albano di Lucania – costruita nel 1968 e inaugurata nel 1971, non soddisfaceva i requisiti di sicurezza necessari in caso di terremoto. Già allora, il collaudo e i lavori di adeguamento delle reti e della struttura – tra cui anche la pulizia della diga del Camastra dai fanghi e i detriti – avrebbero dovuto coinvolgere tutti gli enti competenti. 

Il rinvio dei lavori per decenni sarebbe stato attribuibile alla mancata realizzazione di collegamenti tra la diga del Camastra e le altre dighe lucane. Questi collegamenti avrebbero consentito, in caso di svuotamento (per manutenzione o altre necessità), di garantire la continuità dell’erogazione dell’acqua grazie all’intervento delle altre strutture. 

Un’altra ipotesi, avanzata in un’interrogazione parlamentare dal deputato M5S Arnaldo Lomuti, è che lo svuotamento del lago sia stato causato dall’apertura delle paratie della diga, che Acque del Sud S.p.A. – la società partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e istituita dal governo Meloni con un decreto ministeriale – avrebbe effettuato a partire da metà maggio scaricando le acque nel fiume Basento. 

L’ipotesi sarebbe stata confermata dal direttore tecnico di Acquedotto Lucano ing. Gravino, il quale ha affermato durante la conferenza stampa del 31 ottobre che l’intervento si è reso necessario in quanto le norme in vigore impongono di far fuoriuscire una parte dell’acqua invasata quando il suo livello interno supera una soglia prestabilita. 

Un’ulteriore conferma è arrivata a dicembre in una dichiarazione del presidente di Acque del Sud, Luigi Decollanz: “Occorreva scaricarla, ma non ce la siamo sentiti di farlo perché abbiamo sempre ritenuto la Camastra l'anello debole dello schema idrico del Sud e abbiamo procrastinato l'intervento. Ora è stato possibile farlo proprio per la mancanza di risorsa idrica”. 

La combinazione di tutti questi fattori ha portato poi al “paradosso del fiume Basento”, ovvero alla scelta della Regione di utilizzare le sue acque – già note alle cronache per l’inquinamento industriale del passato – per riaprire i rubinetti dei Comuni a secco. Non sorprende dunque che i lucani si rifiutino di usarle persino per cucinare o lavarsi. Sono inoltre decine le testimonianze di cittadini che riportano sia l’uscita di acqua giallastra sia un forte odore di cloro.  

Il fiume Basento è inquinato?

Parte del fiume Basento è inclusa nel Sito d’Interesse Nazionale (SIN) dell’Area Industriale del Val Basento, in cui è stata riscontrata contaminazione dei suoli e della falda acquifera da metalli pesanti, IPA, solventi clorurati e composti aromatici. L’inquinamento proviene dalla produzione industriale dell’ex polo chimico Anic (proprietà dell’Eni). Inoltre, in uno dei suoi affluenti a monte, il torrente Tora, è stata riscontrata la presenza di trielina 80 volte superiori alla norma. Questi valori sarebbero dovuti alla zona industriale di Tito, anch’essa zona SIN, dove c’era l'ex Liquichimica e l’Area ex Daramic. Ad oggi, nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici stanziati, i lavori di bonifica risultano in ritardo. 

Se i cittadini si sostituiscono alle istituzioni

FAQ della Regione Basilicata sull'emergenza idrica

Nonostante la Regione Basilicata, Arpab (Agenzia Regionale Protezione Ambientale), Acquedotto Lucano e Asp (Azienda Sanitaria Potenza) assicurino l’uso potabile dell’acqua del Basento, diverse associazioni e comitati cittadini non si fidano delle analisi proprio perché la legge prevede che ci siano 12 campionamenti dell’acqua accreditati in un anno prima di definirla potabile. 

Questo monitoraggio non c’è stato e Arpab attualmente non risulta accreditata da Accredia, l’Ente Italiano di Accreditamento (la richiesta è stata formalmente inoltrata solo a dicembre). 

“Stiamo facendo le analisi perché non ci fidiamo completamente di quelle fatte dalle autorità pubbliche e non condividiamo il percorso col quale si è arrivati ad utilizzare quest'acqua”, racconta a Valigia Blu Giorgio Santoriello di Cova Contro, un’organizzazione di volontariato che dal 2013 si occupa di supportare la ricerca scientifica e giornalistica sulla Basilicata. 

Proprio Cova Contro, col supporto del Comitato Acqua Pubblica “Peppe Di Bello”, ha effettuato diverse analisi sia in diversi punti del Basento, sia su due buste di acqua AQP distribuite alla popolazione, sia su diversi punti a Potenza. I risultati rivelano che i controlli delle autorità sono parziali e in alcuni punti presentano valori di sostanze volatili tossiche oltre la soglia di legge: “Centinaia di chilometri di condotte interessate non possono essere riassunte da analisi svolte solo all’uscita dal potabilizzatore”. 

Mentre la Procura di Potenza ha aperto un’inchiesta per accertare che le operazioni per fronteggiare la crisi idrica siano in regola, Acquedotto Lucano e Asp accusano Cova Contro di procurato allarme. 

Tuttavia Santoriello non teme le accuse: “Cerchiamo di fare da controllori dei controllori, quindi cerchiamo di fare un po' anche da lobbisti del territorio”. Il paradosso del Basento è anche questo: i cittadini non si fidano delle istituzioni pubbliche che dovrebbero proteggerli e sono costretti a fare da soli. 

A destare ulteriore preoccupazione c’è poi il progetto “Blue Water” per il trattamento dei reflui prodotti dal Centro Olio ENI in Val d’Agri (COVA). Il nuovo impianto sorgerebbe a pochi chilometri dall’area del Pertusillo, l’invaso che fornisce acqua potabile a gran parte del Mezzogiorno. Già nel 2017, 400 tonnellate di petrolio furono sversate dallo stesso COVA dando inizio al processo “Petrolgate 2” (qui il documentario L’Inganno, a cura dell'organizzazione Re:Common) in cui i dirigenti dell’Eni furono indagati per disastro ambientale (derubricato poi a disastro innominato), abuso d’ufficio e falso ideologico. 

Acqua Bene Comune dei privati

“Adesso, come d'altronde sempre negli ultimi due mesi in casa non c'è acqua (oggi è andata via verso le 18, ma qualche giorno fa è andata via alle 15). Significa che i piatti che utilizzo stasera potrò lavarli domani e la sera ci laviamo con le bottiglie”, racconta a Valigia Blu Seppino, un cittadino di Potenza. “Nella moka mettiamo l'acqua frizzante così come mi è capitato di cuocerci la pasta”.

Rapporto ISTAT sull'acqua 2020-2023

È il paradosso nella regione delle sorgenti ed è anche una metafora di come l'acqua sia lontana dall'essere un bene esclusivamente pubblico. Dopo la liquidazione di EIPLI (Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia), l’1 gennaio 2024 è arrivata Acque del Sud S.p.A. La nuova società, caratterizzata da una partecipazione di capitale sociale pari al 30% per i privati e 5% per i soggetti pubblici, ha acquisito tutte le funzioni, i contratti di fornitura idrica, i dipendenti e strutture precedentemente affidate a EIPLI. 

È dunque il principale responsabile per la gestione e manutenzione delle opere idrauliche e agisce da fornitore all’ingrosso per gli Acquedotti Pugliese, Lucano ed al Consorzio Jonio Cosentino in Calabria. Come riporta l’Espresso, il consiglio di amministrazione è composto da sette membri, tra cui spiccano figure legate ai principali partiti del governo. 

La notizia del nuovo gestore ha scatenato le reazioni dell’opposizione e dei sindacati regionali, che parlano di un vero e proprio esproprio, in cui i lucani sono costretti a chiedere il permesso e pagare per poter utilizzare la loro stessa acqua. Una direzione completamente opposta a quella espressa dal referendum del 2011, quando il 95,80% dei voti fu a favore della gestione pubblica dell’acqua e contro la liberalizzazione dei servizi pubblici essenziali.

Il risultato fu reso possibile anche grazie alla mobilitazione organizzata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e viene ricordato come un momento fondamentale per il movimento europeo contro la privatizzazione dell’acqua. Tanto che ha poi rappresentato la base per l’iniziativa dei cittadini europei Right2Water, la prima di successo con oltre 1.9 milioni di firme raccolte.

Nonostante ciò, l’Italia è la prima in Europa per consumo di acqua in bottiglia e allo stesso tempo la terza in Europa per quantità giornaliera di acqua potabile prelevata. 

Proprio in Basilicata, diverse sorgenti d'acqua sono state concesse a multinazionali per l'imbottigliamento e la distribuzione. Tra queste Coca-Cola HBC Italia, che nel 2006 ha acquisito l'azienda Fonti del Vulture, a Rionero in Vulture, provincia di Potenza. Questo stabilimento imbottiglia e distribuisce le note acque minerali Lilia e Sveva. Dal 2013, anche San Benedetto ha ottenuto una concessione per lo sfruttamento della sorgente Mercure nel comune di Viggianello, all'interno del Parco Nazionale del Pollino. 

La Basilicata al bivio

Secondo l’ultimo rapporto Svimez, la Basilicata è la regione meridionale con il più elevato tasso migratorio (-5,4%), la prima per calo demografico (-7,4%), l’unica regione italiana a registrare un calo dell’export tra il 2019 e il 2023 (-17,6%) e la più lontana dai livelli di crescita pre-crisi (-5,7%). 

La Basilicata è anche la regione con il più grande bacino idrico del paese che raccoglie oltre il 30% delle risorse nazionali e viene definita il “Texas d’Italia” perché ospita il più ricco giacimento di petrolio su terra ferma d’Europa.

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Cui prodest? La “maledizione delle risorse” non ha portato i benefici sperati sulla popolazione lucana; al contrario, con un quadro socio-economico così critico e una situazione di conflitto ambientale e sanitario devastante, la Basilicata è la metafora di un paese che non riesce (o non vuole?) a prendersi cura dei suoi cittadini e delle sue risorse. Sono molti i comitati e le associazioni lucane alle quali è stato demandato il ruolo di “sentinelle del territorio” che sarebbe dovuto essere degli enti istituzionali. Il caso del Basento ne è l’ennesimo esempio. 

Questa situazione ricorda l'indecisione esistenziale del giovane Ramorra – protagonista di un racconto di Rocco Scotellaro, noto scrittore e politico lucano – interdetto di fronte alle scelte della vita: «Ecco che uno si distrae al bivio, si perde. E chi gli dice ’Prendi da questa’ e chi ’Prendi da quest’altra’. E uno resta là, stordito. Aspetta che le gambe si muovano da sole». Parafrasando Scotellaro, la Basilicata – come tutto il Mezzogiorno – non deve distrarsi al bivio e aspettare che le gambe si muovano da sole... o solo su quelle dei cittadini.

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