L’intervista a Zelensky: cosa ha davvero detto il presidente ucraino su Crimea e Donbas
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Nelle ultime ore, hanno fatto il giro del mondo le recenti dichiarazioni per Le Parisien del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sullo stato attuale della guerra in Ucraina. Zelensky ha ammesso che in questo momento le forze armate ucraine non hanno la possibilità materiale di liberare la penisola della Crimea, occupata dal 2014, e il Donbas. In quest’ultima regione, i territori delle autoproclamate ex repubbliche separatiste di Donec’k e Luhans’k sono stati annessi illegalmente dalla Russia nel 2022 dopo otto anni di indipendenza de facto, amministrate dai ribelli sostenuti da Mosca. Occupare le due oblast’ della regione mineraria ucraina per intero è uno degli obiettivi primari della campagna di Putin in Ucraina sin dai primi mesi. Tuttavia, nemmeno all’apice del suo sforzo offensivo l’esercito russo ha controllato l’intero territorio di Donec’k e Luhans’k.
L’apertura di Zelensky a una soluzione diplomatica su questi territori fisicamente occupati dai russi è stata riportata da diversi giornali italiani, soprattutto quelli contrari agli aiuti all’Ucraina, come una resa o un’ammissione di sconfitta. Anche quotidiani più neutrali, hanno usato termini come “arrendersi” riferendosi alle parole di Zelensky, oppure reiterato la possibilità di cessioni territoriali, descritte come imminenti.
1) La “resa” di Zelensky oggi è solo sui giornali italiani. @le_Parisien che lo ha intervistato non ne fa cenno e fornisce un resoconto diverso: Ucraina nella NATO e negoziato per riprendere i territori occupati e “mettere Putin al suo posto”. https://t.co/PciLRlP8G7
— nello scavo (@nelloscavo) December 19, 2024
Tuttavia, come spesso accaduto in passato con dichiarazioni simili del presidente ucraino, si tratta di una forzatura e semplificazione delle reali parole di Zelensky, peraltro disponibili in forma video - l’intervista con il quotidiano francese è stata trasmessa in diretta sugli account social dell’ufficio presidenziale. Andando a scavare più a fondo nell’intervista di Zelensky, la portata della presunta apertura a concessioni territoriali sembra ridimensionarsi.
Legalmente non possiamo rinunciare ai nostri territori. La Costituzione ucraina lo vieta. Ma fisicamente, che valore hanno queste grandi parole? Se oggi i russi sono presenti fisicamente in una parte dei nostri territori sotto il loro controllo, allora la controllano. Noi, al contrario, non li controlliamo. E se oggi non abbiamo la forza di riconquistare tutti i nostri territori, allora l'Occidente potrebbe trovare la forza di far sedere Putin a un tavolo e affrontare questa guerra diplomaticamente.
Così ha detto Zelensky, che ha specificato come ciò “Diplomazia non significa consolidare l’occupazione come qualcosa di legale. È un modo per porre fine a questa guerra - diplomaticamente. E qui abbiamo bisogno degli Stati Uniti e di un’Europa forte per costringere Putin a porre fine alla guerra con la diplomazia”.
In questa ottica, le parole di Zelensky non sembrano discostarsi da quelle di alcune settimane fa, in cui ha detto di preferire uno scenario per cui l’Ucraina riavrà controllo sulla Crimea tramite la diplomazia piuttosto che con il sacrificio di “decine di migliaia di soldati”. Sicuramente un cambio di retorica rispetto al 2023, ma conseguenza di un processo graduale di accettazione da parte della leadership ucraina della situazione sul campo, derivante in parte dalle insufficienti consegne di armi occidentali e scarsità di nuove reclute pronte a sostituire i soldati al fronte da quasi tre anni.
Un processo accelerato dall’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti: Kyiv è consapevole di dover scendere a compromessi per non entrare in conflitto con la futura amministrazione repubblicana, ma i frequenti contatti con l’inviato speciale per l’Ucraina Keith Kellogg hanno ribadito come un eventuale disimpegno americano sarà molto graduale e in ogni caso strumentale a forzare Vladimir Putin al tavolo delle trattative. Che potranno prevedere la rinuncia dell’Ucraina nella riconquista dei territori occupati per via militare, ma un riconoscimento legale dell’occupazione russa farebbe carta straccia in maniera definitiva dell’ordine internazionale vigente dal 1945.
Le dichiarazioni di Zelensky rispecchiano anche il clima rilevato da un recente sondaggio dell’importante think tank americano Gallup, secondo cui oltre metà degli ucraini sarebbe disposta a forme di concessioni territoriali in cambio di pace. Tuttavia, sono in pochi gli ucraini a vedere queste come una resa definitiva o, come descritto da diversi giornali italiani, una sconfitta. Un punto cruciale, per l’establishment ucraino così come per i cittadini e militari stessi, è la definizione delle garanzie di sicurezza internazionali percepite come imprescindibili da eventuali concessioni territoriali temporanee. Almeno sulla carta, l’Ucraina vuole una certezza di protezione da future invasioni russe, ritenute inevitabili.
Quando gli è stato chiesto se fosse aperto a colloqui di pace con Putin, Zelensky ha affermato che l'attenzione non dovrebbe essere rivolta a “chi si trova dalla parte opposta del tavolo”. Invece, “ciò che conta è la posizione in cui ci siederemo noi al tavolo. Siamo forti? Non ancora. Entreremo nella NATO? Non lo sappiamo. Entreremo nell'Unione Europea? Sì, ma quando?”, ha detto Zelensky durante l’intervista a Le Parisien.
Zelensky sta cercando di avvertire che negoziare senza un piano chiaro permetterebbe a Putin di dettare le condizioni delle trattative, e che in ogni caso, riferendosi alle intenzioni di Trump di risolvere la guerra velocemente, “nessuno ha il diritto di negoziare con Putin senza l'Ucraina. Non abbiamo delegato questo mandato a nessuno. La vittima siamo noi,” ha ribadito.
Trump ha più volte rifiutato di specificare i termini con cui convincerà Kyiv e Mosca a sedersi a un tavolo, e soprattutto su come prevede che le due parti possano accettare le istanze dell’altra. In una situazione militare favorevole, il Cremlino tramite il suo portavoce Dmitry Peskov ha fatto capire di non essere intenzionato a smuoversi dalle sue richieste massimaliste. L’Ucraina, che all’amministrazione Biden ha chiesto l’accesso alla NATO dei territori non occupati ma vede svanire queste possibilità con l’elezione di Trump, chiede garanzie internazionali solide da un futuro attacco russo. In assenza di questi elementi sul tavolo, parlare di concessioni, rese e sconfitta è speculazione. Finora le dichiarazioni delle varie parti lasciano il tempo che trovano, e saranno messe alla prova dei fatti dopo il 20 gennaio, quando Trump si insedierà come quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti e, secondo Zelensky “avrà maggiore accesso alle informazioni sulla guerra in Ucraina”.
(Immagine anteprima: frame via YouTube)