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Non solo Usa: cosa vuole davvero Elon Musk

16 Dicembre 2024 8 min lettura

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Non solo Usa: cosa vuole davvero Elon Musk

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Secondo un’indiscrezione del Washington Post, quest’anno sarebbe stato presentato a Elon Musk da parte del suo management uno dei progetti per cui ha investito anni di risorse in Tesla: si sarebbe finalmente potuta costruire una macchina elettrica al prezzo di un’utilitaria. Si tratta del sogno per cui Tesla stessa era nata, e di cui Musk aveva parlato in un documentario sulla sostenibilità girato nel 2016: l’elettrificazione di gran parte del parco auto americano tramite una forte accelerazione data dallo sviluppo tecnologico del settore privato. Ricevuto il progetto, però, il miliardario sudafricano avrebbe deciso di tagliarlo, focalizzando invece le risorse economiche dell’azienda sull’acquisto di chip per sviluppare un’intelligenza artificiale più potente da implementare nelle sue auto di lusso.

Fin da quando si è unito a Tesla nel 2008, Elon Musk si è sempre posto come un uomo in missione prima per elettrificare il parco auto, successivamente, con la nascita di SpaceX, per portare l’uomo su Marte. Negli ultimi anni tutto questo ha lasciato spazio a una missione di portata ben più grande: da quando ha comprato per 44 miliardi di dollari Twitter all’ex-proprietario e fondatore Jack Dorsey e lo ha ribrandizzato in X, Musk si è posto come depositario del libero pensiero, l’unico che combatte apertamente la cosiddetta cultura “woke” globale, il campione del conservatorismo. Un vero e proprio ideologo della nuova destra identitaria e reazionaria che si fa sempre più strada negli Stati Uniti così come in Europa, con l’aggravante di avere una capacità di spesa praticamente infinita. 

Oltre a ciò, Musk si rifà apertamente alla controversa ideologia del lungtermismo, che prende le mosse dalla branca filosofica dell’altruismo efficace ed è molto in voga tra gli imprenditori tech della Silicon Valley. I lungtermisti ritengono che debba sempre avere la precedenza la mitigazione di un rischio capace di annientare la totalità degli esseri umani, anche se statisticamente più improbabile: per questo Musk teme di più i possibili sviluppi dell’intelligenza artificiale generativa di quelli legati al cambiamento climatico, nonostante i secondi abbiano molta più possibilità di verificarsi dei primi. Colonizzare Marte, uno dei chiodi fissi di Musk sin da quando ha creato SpaceX, è proprio l’alternativa al contrasto al cambiamento climatico: se gli attivisti in piazza urlano che “non c’è un pianeta B”, Musk investe tutto il denaro disponibile per renderlo possibile. 

Per isolare il momento in cui Musk inizia a cambiare, si deve tornare al 2020. La pandemia di Covid-19 non è stata trattata allo stesso modo in tutti gli Stati americani: alcuni hanno accettato di buon grado le chiusure e imposto gli obblighi di indossare mascherine, altri hanno visto tutto questo come un attacco alla libertà del paese, e hanno cercato di mitigare il più possibile le imposizioni che arrivavano da Washington con leggi statali altamente permissive. All’epoca la produzione di Tesla si trovava in California, uno Stato solidamente democratico e progressista, che ha adempiuto a tutti gli obblighi di chiusura e li ha addirittura allungati quando necessario: ne consegue che Tesla ha dovuto fermare la produzione. Nel 2021, insofferente a ogni obbligo di chiusura imposto dal governo federale, Musk decide di spostare gli stabilimenti dell’azienda nel ben più permissivo Texas, a guida repubblicana. Lui stesso si è trasferito in una contea, quella di Cameron, che non votava repubblicano dal 2004. La sua presenza, e la costruzione nello stesso luogo del sito di lancio di SpaceX StarBase, ha creato in un luogo povero e ad alta immigrazione più di 3000 posti di lavoro. Dopo che Musk ha deciso di sostenere Donald Trump, la contea di Cameron lo ha seguito decretando la vittoria del candidato repubblicano.

Nello stesso tempo la figlia Vivian, con cui lui non ha più alcun rapporto, ha fatto coming out come transgender e ha iniziato ad assumere terapie ormonali per affrontare la transizione. Musk non ha mai accettato la cosa, e ha detto in più occasioni e contesti pubblici che la figlia è stata vittima del “virus mentale woke, secondo lui un vero e proprio virus globale imposto dal pensiero progressista, e ha giurato di combatterlo.

Nel 2022, poco dopo il suo trasferimento in via definitiva in Texas, ha comprato Twitter, il social media del mondo dell’informazione, dopo una trattativa caotica: Musk è stato costretto all’acquisizione dopo essere stato portato in tribunale da Twitter, in quanto non voleva far fede alla promessa di acquisto per i 44 miliardi pattuiti in precedenza. All’epoca il parere commerciale era unanime: Musk aveva strapagato uno strumento che non gli avrebbe generato alcun guadagno economico. Era vero, dal punto di vista commerciale, ma ci si è accorti tardivamente che Musk non aveva comprato l’azienda per guadagnare soldi, ma per fini politici: per acquisire il potere di amplificare a un pubblico enorme il suo pensiero e la sua agenda. I primi giorni all’azienda sono stati caotici: Musk ha licenziato il 75% dello staff, eliminato regole decennali di condotta degli utenti per quanto concerneva i discorsi d’odio e la disinformazione, ridando la possibilità di scrivere a personaggi precedentemente bannati per questi motivi. Tra questi, il suprematista bianco americano Nick Fuentes e Tommy Robinson, attivista di estrema destra britannico.

Nonostante questo ha censurato contenuti, come un documentario della BBC in India, su richiesta dello stesso governo indiano, e contenuti politici in Turchia il giorno prima delle elezioni, anche questo su richiesta del governo turco. Ha poi ridotto sensibilmente la moderazione, parlando di un processo più ragionevole e proporzionato. Ha eliminato le cosiddette “spunte blu”: da quando è a capo di X ad avere la verifica dell’account non sono celebrità, giornalisti o enti governativi, ma semplicemente chi paga un abbonamento. Questo ha distrutto il sistema di fact-checking, che rendeva la vecchia versione di Twitter molto affidabile per seguire le notizie.

Nel corso del tempo X è diventato un social pieno di bot, spesso associati alla propaganda russa, e con migliaia di utenti anonimi che rilanciano opinioni di estrema destra o aperta disinformazione. Lo stesso Musk scrive costantemente: i suoi tweet sono sempre ben visibili nei feed degli utenti, tramite un algoritmo che li mostra spesso prima degli altri. La trasformazione di X da social dell’informazione a camera di disinformazione ha generato una voglia di allontanamento in chi lo utilizzava per lavoro. 

Le alternative a X, da Mastodon a Threads (dell’universo Meta) inizialmente non hanno funzionato. Dopo la vittoria di Donald Trump alle presidenziali, e la campagna sempre più marcata che Musk ha fatto per lui su X, molti hanno deciso di provare l’ennesimo tentativo di abbandonare il social: tanti hanno deciso di iscriversi a BlueSky, creato da Dorsey nel 2019 e che ricorda molto il Twitter degli inizi, con una farfalla al posto dell’iconico uccellino.

Con un pensiero sempre più radicale e un social di sua proprietà da utilizzare per svilupparlo, Musk ha iniziato la terza parte del suo progetto: entrare nel dibattito politico. Ha infatti sostenuto apertamente Donald Trump: ha donato denaro alla campagna, anche in modi opachi, e ha presenziato a vari eventi del candidato portando avanti nei suoi tweet una retorica molto dura sull’immigrazione, in piena affinità con le idee di Trump. In cambio ha ottenuto la direzione di un dipartimento creato apposta per lui: il Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), il cui acronimo richiama la criptovaluta tuttora esistente creata al solo scopo di prendere in giro la bolla speculativa delle criptovalute stesse. L’obiettivo di quest’agenzia federale è ridurre i costi della pubblica amministrazione, e Musk ha annunciato di voler tagliare ben due trilioni di dollari, circa il 30% della spesa totale del paese.

Ottenuto il potere politico negli Stati Uniti, l’ultimo passo di Musk è imporre la sua agenda nel resto del mondo: X è una grancassa importante, perché raggiunge velocemente tutti gli angoli del pianeta. Negli ultimi mesi Musk si è intromesso apertamente nella politica nazionale di vari paesi, adducendo il fatto che fosse solo un privato cittadino che commentava le notizie. Ha parlato di magistratura politicizzata in Italia, quando il piano del governo Meloni di ricollocare migranti in Albania è di fatto saltato, e per questo ha ricevuto una replica ferma direttamente dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ha definito fascista il governo australiano di centrosinistra, perché vorrebbe multare del 5% delle entrate globali i media che veicolano informazioni false. Ha criticato il governo francese quando ha arrestato Pavel Durov, il fondatore di Telegram. Ha recentemente definito l’Unione Europea un “monumento alla burocrazia”, rispondendo a un tweet di Andrea Stroppa, suo riferimento in Italia, che paragonava Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea, all'occhio di Sauron, il personaggio malvagio per eccellenza della saga fantasy del Signore degli Anelli.

Gli attacchi più pesanti e reiterati nel tempo sono però quelli verso il governo laburista britannico, guidato dal primo ministro Keir Starmer. Musk ha contestato apertamente la gestione dell’immigrazione nel Regno Unito: dopo un episodio di cronaca nera a Southport, che ha visto la morte di tre bambine, su X ha iniziato a circolare la falsa voce che l’attentatore fosse un immigrato senza documenti. Lo stesso Musk ha twittato che nel Regno Unito “la guerra civile sarebbe stata inevitabile”. Tutto questo ha gettato benzina sul fuoco di vere e proprie rivolte fasciste in UK, culminate con episodi di odio razziale: Musk non si è mai scusato per questo col governo britannico, e anzi ha sempre più alzato il livello dello scontro. Ha firmato una petizione che chiede la rimozione di Starmer dal suo ruolo di primo ministro, nonostante sia stato eletto con una maggioranza ampia in Parlamento solo pochi mesi fa, ha detto che il Regno Unito sta diventando uno Stato di polizia e che il governo si occupa solo dell’odio islamofobo. 

Secondo lo stesso schema utilizzato negli Stati Uniti, dopo aver fatto germogliare le sue idee nel pubblico britannico, si è mosso apertamente a livello politico. Ha risposto “sì” a un tweet che affermava che il Reform Party, la nuova creatura di estrema destra di Nigel Farage, avrebbe vinto le prossime elezioni. Ben più rilevante è stato lo scoop del Sunday Times: Musk starebbe cercando di donare 100 milioni di dollari al partito di Farage. Una donazione che, nei piani di Musk, darebbe una capacità di spesa impressionante a un piccolo partito, per far sì che diventi egemone nell’opposizione e, successivamente, possa aspirare a rompere il duopolio tra conservatori e laburisti. Farage ha smentito di aver ricevuto soldi da Musk, anche perché Musk non è ancora cittadino britannico, ma la sola possibilità concreta che questa donazione possa avvenire getta nuove ombre sulle democrazie europee. I laburisti si sono infatti subito mossi nel tentativo di imporre per legge un limite a 100 mila sterline sulle donazioni individuali in un anno. Gli stessi conservatori, impauriti dalla possibilità di perdere l’egemonia della destra, hanno criticato Musk: per loro Musk starebbe cercando di comprare Farage, che dopo la donazione diventerebbe un burattino

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Per anni abbiamo trattato Elon Musk come un eccentrico visionario, interessato allo spazio e a impiantare chip nel cervello delle scimmie per farle giocare ai videogiochi in ugual misura. Trattarlo come un eccentrico, però, sminuisce il suo piano: Musk ha idee reazionarie ben precise, un social network molto frequentato dagli ambienti di destra di tutto il mondo per far sì che risuonino, e una capacità di spesa pressochè infinita per finanziare chi politicamente può spendersi per portare queste idee a compimento. L’acquisto di Twitter nel 2022 è stato la base per compiere l’ultima missione di Elon Musk: tentare di diventare il nuovo ideologo della destra mondiale.

(Immagine anteprima via Hintsa)

 

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