“Senza una giustizia credibile non ci sarà fine alle sofferenze che i siriani hanno sopportato, a prescindere da chi controlla il territorio”
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di Andrew Stroehlein (Human Rights Watch)
Il conflitto siriano è tornato alla ribalta delle cronache, dopo lo scoppio di pesanti combattimenti nel nord del paese nel corso dell'ultima settimana, accendendo ancora una volta il timore di nuove atrocità contro i civili.
Il 27 novembre è iniziata un'offensiva a sorpresa condotta da Hay'at Tahrir al-Sham (HTS), un gruppo armato islamista che controlla la maggior parte della provincia siriana di Idlib. Combattono insieme a fazioni di un gruppo chiamato Esercito nazionale siriano (SNA), sostenuto dalla Turchia.
Insieme, queste forze antigovernative hanno rapidamente sottratto al controllo del governo siriano ampie porzioni di territorio, tra cui la città di Aleppo e la campagna circostante. Avrebbero inoltre conquistato alcune aree che erano sotto il controllo delle Forze Democratiche Siriane a guida curda, sostenute dagli Stati Uniti.
La nuova offensiva si sta spingendo anche più a sud. Ieri si diceva avessero circondato la città strategica di Hama, sotto il controllo del governo.
In risposta, il governo siriano ha annunciato una controffensiva. Ha effettuato attacchi aerei nelle province di Idlib e Aleppo insieme alle forze russe.
Più di 50 attacchi aerei hanno colpito la sola Idlib, danneggiando almeno quattro strutture sanitarie, quattro strutture scolastiche, due campi di sfollati e una stazione idrica. Un altro attacco aereo delle forze governative avrebbe colpito l'ingresso dell'ospedale universitario di Aleppo.
Soprattutto i civili hanno subito le conseguenze di questi nuovi combattimenti.
Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), al 3 dicembre gli attacchi a Idlib e nel nord di Aleppo, sia da parte dei gruppi armati dell'opposizione che delle forze governative siriane, hanno ucciso 69 civili, tra cui 26 bambini, e ne hanno feriti 228. Il 4 dicembre, il Syrian Network for Human Rights aveva registrato 149 morti tra i civili.
Decine di migliaia di siriani sono sfollati dall'escalation delle ostilità iniziata il 27 novembre. Si sono verificate gravi interruzioni dei servizi di base e della fornitura di aiuti.
Cosa accadrà in futuro in questo conflitto non è dato saperlo, ma la condotta tenuta in passato da entrambe le parti desta molta preoccupazione.
Esistono testimonianze documentate di maltrattamenti da parte dei gruppi di opposizione nei confronti delle minoranze religiose, delle minoranze etniche e delle donne nelle aree sotto il loro controllo. Si sa anche di abusi verso le persone detenute, il che fa temere per il benessere dei combattenti nemici catturati.
Dall'altra parte, il governo siriano e il suo alleato russo si sono resi responsabili di numerose atrocità negli ultimi 13 anni di ostilità. Tra queste, i ripetuti attacchi siriani e russi alle infrastrutture civili, che potrebbero configurarsi come crimini contro l'umanità.
La tortura diffusa e sistematica di decine di migliaia di persone da parte delle forze governative siriane è inoltre ampiamente documentata, e rappresenta un crimine contro l'umanità.
Negli ultimi otto giorni di nuovi combattimenti sono stati lanciati appelli internazionali affinché le parti rispettino le leggi di guerra. Sono state anche fatte diverse promesse in tal senso da parte dei belligeranti.
Ma ciò che serve più delle parole è la responsabilità. Finché i responsabili continueranno a farla franca con le atrocità, probabilmente continueranno a commetterle.
Come afferma Adam Coogle di HRW: “Senza una giustizia credibile, non ci sarà fine alle sofferenze che i siriani hanno sopportato, indipendentemente da chi controlla il territorio”.
Immagine in anteprima: frame video FirstPost via YouTube