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Il più grande scambio di prigionieri dalla guerra fredda. Prove tecniche di dialogo fra Russia e paesi occidentali?

2 Agosto 2024 7 min lettura

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Il più grande scambio di prigionieri dalla guerra fredda. Prove tecniche di dialogo fra Russia e paesi occidentali?

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Detenuti scomparsi da giorni, aerei militari e governativi in volo, silenzi e mezze conferme: il più grosso scambio di prigionieri tra la Russia e i paesi occidentali (Stati Uniti in testa, ma non solo) si è realizzato dopo ore di voci e notizie impossibili da verificare. Uno scambio particolare, perché dalle carceri e dalle colonie russe ad esser liberati in gran parte son stati condannati a pene particolarmente severe per reati d’opinione, in alcuni casi per spionaggio, come il giornalista americano d’origine russa Evan Gershkovich, inviato del Wall Street Journal e destinato a scontare 16 anni per aver fotografato obiettivi militari e fatto domande lesive della sicurezza nazionale; invece dalle prigioni americane, tedesche e slovene a esser mandati a casa sono agenti d’intelligence, su tutti Vadim Krasikov, di cui lo stesso Vladimir Putin aveva parlato in pubblico, condannato per omicidio da un tribunale tedesco per aver freddato al Tiergarten di Berlino l’ex combattente ceceno Zelimkhan Khangoshvili nel 2019. 

Le notizie e le conferme nel corso della giornata dell’1 agosto si sono alternate, assieme alle smentite, ai no comment e alle domande: quanti sono i detenuti? Chi verrà liberato? Che significato ha questo scambio nel contesto generale della guerra in Ucraina e della tenuta del regime di Putin? All’aeroporto di Ankara intanto i preparativi per un evento a suo modo storico, mai prima d’ora vi era stato uno scambio di questa portata dalla fine dell’URSS, si susseguivano frenetici per l’arrivo degli aerei provenienti da Mosca, dalla base militare di Ramstein in Germania e da altri paesi con i detenuti: la mediazione turca, rivendicata da Erdogan appena è avvenuto lo scambio, testimonia ancora una volta il ruolo speciale assunto dal paese nei rapporti con la Russia. In un altro aeroporto molto più a ovest, a Colonia, nella tarda serata si son radunate centinaia di persone, russi costretti a lasciare il proprio paese, in attesa dell’arrivo delle donne e degli uomini ormai liberi; allo stesso tempo a Mosca, a Vnukovo, da dove arrivano e partono i voli delle delegazioni ufficiali, Vladimir Putin abbracciava gli agenti liberati nel corso dello scambio, con tanto di picchetto d’onore; dall’aereo scende un uomo in una tuta Adidas, un cappellino da baseball viola, e viene immediatamente abbracciato dal presidente russo, è Vadim Krasikov. 

In totale nella lista vi erano 26 nomi, di cui due bambini, i figli della coppia di spie Artem Dultsev e Anna Dultseva, a lungo spacciatisi per cittadini argentini emigrati in Slovenia fino all’arresto, e otto agenti del Cremlino; quattordici invece i prigionieri politici rilasciati dalla Russia. Tre di questi, Evan Gershkovich, Paul Whelan e Alsu Kurmasheva, sono cittadini americani, con storie molto diverse: il giornalista del Wall Street Journal aveva vissuto per sei anni a Mosca prima dell’arresto, mentre Whelan, un passato nei marines, era stato arrestato nel 2018 con l’accusa di aver ricevuto documenti segreti da un agente dell’FSB su una penna USB. Alsu Kurmasheva, corrispondente di Radio Svoboda, invece si era trovata a dover tornare a Kazan, sua città d’origine, per un’emergenza familiare nel maggio del 2023, quando la guerra era già iniziata da più di un anno: le sono stati ritirati i passaporti americano e russo, è stata multata per non aver dichiarato alle autorità di essere in possesso della cittadinanza statunitense e arrestata per aver violato la legge sugli agenti stranieri. Per le autorità giudiziarie russe, infatti, non ha alcun peso l’avere un altro passaporto, perché chi ha la doppia cittadinanza viene considerato sempre e comunque cittadino russo, ed è quanto accaduto anche al giornalista e politico Vladimir Kara-Murza (suddito britannico), al giovanissimo Kevin Lick, vittima di un’assurda vicenda, e a German Moyzhes, Dieter Voronin e Patrick Schoebel, quest’ultimo semplice turista tedesco arrestato all’aeroporto pietroburghese di Pulkovo perché in possesso di sei caramelle alla marijuana. 

Alcune delle accuse con cui sono stati arrestati una parte dei sedici detenuti politici non reggerebbero in tribunali realmente indipendenti dalle autorità (la Russia ha il triste primato del 99% di condanne in primo grado): Kevin Lick, allora diciassettenne, è stato il primo scolaro a essere condannato per alto tradimento nella storia della Federazione Russa, per aver fotografato, secondo l’Alta Corte di giustizia dell’Adighezia, obiettivi militari. Il ragazzo, nato e cresciuto in Germania da madre russa, si era trasferito a dodici anni a Majkop, città natale della sua famiglia, ma cinque anni dopo a casa si decide di tornare indietro, troppo costose le università russe dove Kevin vorrebbe provare ad entrare per studiare da medico, e allora ci si prepara per lasciare il paese: ma siamo già nel 2023, e bisogna ottenere la cancellazione dal registro di leva. Sembrava andare tutto liscio, ma il 23 febbraio, giorno della partenza da Soci per Istanbul e da lì per Francoforte, madre e figlio vengono fermati dagli agenti dell’FSB appena usciti dall’hotel, e inizia una odissea giudiziaria, a cui seguono 526 giorni di carcere dopo la condanna a quattro anni, un incubo terminato ieri con l’atterraggio ad Ankara e poi il trasferimento a Colonia. 

Dieter Voronin, cittadino russo e tedesco, invece era stato arrestato nel 2021 nell’ambito del caso di Ivan Safronov, giornalista del Kommersant esperto in questioni militari che oggi sconta una pena di ventidue anni per aver, secondo il tribunale militare di Mosca, passato informazioni riservate all’intelligence ceca. Nel 2023 Voronin era stato condannato a tredici anni e tre mesi per aver collaborato con Safronov. Dei cittadini tedeschi detenuti in Russia è German Moyzhes, attivo nel promuovere il cicloattivismo a Pietroburgo e direttore di un’agenzia di servizi per chi voleva trasferirsi in Germania, ad aver passato meno tempo in galera, perché arrestato, sempre con l’accusa di alto tradimento, lo scorso 28 maggio. Nello scambio è stato incluso Rico Krieger, condannato a morte in Bielorussia con l’accusa di aver combattuto nel battaglione Kalinovskij, formato da volontari bielorussi attivi in Ucraina, e di aver preso parte ad azioni di sabotaggio: graziato da Lukashenko, si ritiene che il suo caso sia stato uno dei motivi che ha spinto la Germania a lasciar tornare Krasikov a Mosca.

Nella lista dei rilasciati vi sono i nomi di Ilya Yashin, Vladimir Kara-Murza, Oleg Orlov, Aleksandra (Sasha) Skochilenko, Andrei Pivovarov, Ksenia Fadeeva, Lilia Chanysheva, Vadim Ostanin. Attivisti politici, alcuni dei quali, come Orlov, Yashin e Kara-Murza, con una importante storia alle spalle: Orlov ha preso parte ai negoziati per la liberazione degli ostaggi a Budennovsk, città presa da un commando ceceno il 14 giugno 1995, su cui ha scritto un bellissimo diario, e si è occupato dei diritti umani nel Caucaso, sempre provando a difendere le vittime di guerre sanguinose e di attentati cruenti, come a Beslan o alla Dubrovka; il coraggio di Ilya Yashin, leader dell’opposizione a Putin, è stato più volte ricordato su Valigia Blu, come l’iniquo processo a Kara-Murza, condannato a 25 anni per alto tradimento. Reati d’opinione, basati su discorsi, post sui social, dichiarazioni, con pene di svariati anni di galera: per Sasha Skochilenko, giovane artista pietroburghese, fotografata incredula e sorridente mentre attraversava i corridoi dell’aeroporto di Colonia, erano ancora cinque gli anni da scontare di galera dopo due già passati dietro le sbarre. La sua colpa? Aver denunciato i massacri compiuti durante i primi mesi di guerra in Ucraina sostituendo ai prezzi le macabre cifre delle vittime civili in un supermercato. Ksenia Fadeeva, Lilia Chanysheva, Vadim Ostanin, invece, erano colpevoli di terrorismo, un’accusa che presuppone atti cruenti: il loro è stato aver coordinato i comitati di sostegno ad Alexey Navalny a Tomsk, Ufa e Barnaul. Ed è proprio la figura di Navalny, morto lo scorso febbraio nella colonia penale n. 3 di Kharp, nell’estremo nord della Russia, a essere rievocata nella giornata del 1 agosto: poteva essere liberato? Era davvero stato incluso nei negoziati per lo scambio? 

E non sono le uniche domande presenti oggi, dopo una nottata passata ad aspettare l’arrivo e poi l’apparizione di donne e uomini liberati da una prigionia ingiusta, apparsi stanchi e che verranno ricoverati per questi primi giorni di libertà in un ospedale tedesco: “Grazie a tutti, presto racconterò tutto”, scrive Yashin pubblicando un selfie con Maria Pevchikh, Leonid Volkov e Ivan Zhdanov della Fondazione per la lotta alla corruzione ideata da Navalny. Le ripercussioni politiche di un’operazione condotta da Joe Biden e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, quest’ultimo giunto a Colonia per una breve dichiarazione alla stampa, si avvertono già nella corsa per le presidenziali americane, con le pesanti parole di Donald Trump, che ha criticato l’operato della Casa Bianca, chiedendo il prezzo dello scambio e aggiungendo che lui mai avrebbe accettato di consegnare spie ed assassini a Putin, ma forse si tratta dell’irritazione per non poter più usare con la stessa veemenza l’argomento dell’incapacità di Biden di trattare con i russi. Scholz ha spiegato che il rilascio di Krasikov, ufficialmente deportato e non graziato, ha creato un conflitto istituzionale con il potere giudiziario ma ha posto anche dei problemi di coscienza: secondo il cancelliere tedesco, l’obbligo della protezione dei cittadini tedeschi all’estero e la solidarietà per chi è imprigionato per reati politici hanno prevalso. 

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Le domande di oggi non sono legate a questioni interne in Germania ma a cosa potrebbe avvenire nei rapporti con Mosca, se questo evento potrà aprire canali per possibili negoziati sulla guerra in Ucraina. Di certo, come ha scritto Tatiana Stanovaya, per l’amministrazione Biden si trattava dell’ultima chance prima delle elezioni presidenziali, ma anche per il Cremlino, perché sullo scambio si è lavorato per ben due anni. La morte di Navalny ha reso poi l’obiettivo della libertà dei prigionieri politici ancora più stringente dal punto di vista morale. Se quanto avvenuto ieri rappresenti o meno la fine di un periodo di scontro tra Russia e paesi occidentali oppure l’inizio di prove tecniche di dialogo è ancora presto per dirlo, come anche qualsiasi valutazione sugli effetti che potrebbe avere sulla guerra in corso; quel che appare certo, però, è che degli innocenti oggi sono in libertà e potranno continuare la battaglia in difesa di un futuro diverso per il proprio paese.

Immagine in anteprima: Ilya Yashin via Telegram

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