Mineo-Renzi: cosa è successo e perché la sostituzione è illegittima
3 min letturadi Roberta Covelli e Matteo Pascoletti
La riforma del Senato, nata dall'accordo Berlusconi - Renzi e attualmente al vaglio della Commissione affari costituzionali, ha visto nel giro di pochi giorni la sostituzione di tre membri della Commissione stessa: i senatori Mario Mauro (Popolari per l’Italia), Corradino Mineo e Vannino Chiti (entrambi del Pd). I tre hanno avuto un ruolo importante nel dibattito in Commissione. Chiti e Mineo, in particolare, hanno presentato insieme ad altri senatori una proposta di riforma alternativa a quella che porta la firma del Presidente del consiglio, Matteo Renzi, e di Maria Elena Boschi, Ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il parlamento. Il punto di divergenza, di non secondaria importanza, è su un Senato a base elettiva o meno.
Dopo la sostituzione, per protesta si sono autosospesi 14 senatori dal gruppo parlamentare del Pd, tra cui gli stessi Chiti e Mineo. Le dichiarazioni successive mostrano posizioni forti e divergenti all'interno del Partito. Massimo Mucchetti, tra gli autosospesi, sul suo blog parla di "epurazione", mentre al contrario per De Monte "Il programma di Matteo Renzi era ampiamente noto ed è passato dalle primarie del Pd e dal voto alle europee".
Ma qual è la motivazione ufficiale per la sostituzione di Mineo e Chiti, di particolare rilievo proprio perché appartenenti allo stesso partito del Presidente del consiglio? Da Pechino, Renzi ricorre a un sintetico gioco di parole, “contano più i voti che i veti”, lasciando intendere che la posizione di chi la pensa come Mineo (che ha replicato su Facebook) sia un ostacolo:
Il Ministro Boschi, in una dichiarazione sul caso, motiva in modo più esteso:
... Chi viene eletto in Parlamento non viene eletto in una Commissione, è il gruppo che sceglie chi mandare nelle varie Commissioni a rappresentare la posizione del partito, le idee del partito. Quindi succede che quando i membri non rappresentano più la linea del partito possano essere sostituiti, se i gruppi decidono così, tanto più che il Senatore Mineo a sua volta era lì in sostituzione, non era nemmeno membro della Prima commissione.
I due senatori del Pd Gotor e Fornaro puntualizzano inoltre che il luogo per il dissenso è il Senato, non la Commissione. Le motivazioni in area Pd a favore della sostituzione, dunque, sembrano in linea con quanto scritto da Salvatore Curreri sull'Huffington Post a proposito della sostituzione di Mauro, articolo in cui si cita anche il regolamento del Senato. Ma è così?
Sulle Commissioni permanenti la Costituzione si limita ad accennare - riguardo alla loro composizione - che devono essere “composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari” (articolo 72), concentrandosi maggiormente sulle loro funzioni. Difficile leggere in queste poche parole la definizione dei membri delle Commissioni come “rappresentanti delegati del gruppo”, secondo i già citati Gotor e Fornaro, o che “il luogo dell’espressione di un eventuale dissenso è l’Aula”: la sospensione dei diritti parlamentari nell’esercizio delle funzioni all’interno di una Commissione permanente dovrebbe essere eccezionale e, in quanto tale, sarebbe dovuta essere specificata nella Carta costituzionale.
Eppure, è possibile sostituire membri della Commissione: due sono le tipologie descritte nel Regolamento del Senato. La prima è una sostituzione obbligatoria, prevista dall'articolo 21 comma 4 qualora uno dei membri sia nominato ministro o assuma il ruolo di presidente della 14ª Commissione. La seconda è invece una sostituzione discrezionale, così come descritto dall'art. 31 comma 2, che prevede:
ciascun Gruppo può, per un determinato disegno di legge o per una singola seduta, sostituire i propri rappresentanti in una Commissione, previa comunicazione scritta al Presidente della Commissione stessa.
La ratio della norma sembra essere quella di garantire la competenza e la presenza dei membri della Commissione, che verrebbero dunque sostituiti solo per un “determinato disegno di legge” o “per una singola seduta”.
Essendo Chiti presidente della 14ª Commissione sulle politiche Ue, nel suo caso è stata resa permanente la sostituzione col Senatore Luigi Migliavacca. Diverso il caso di Mauro e Mineo: la sostituzione non è temporanea, come contempla l'articolo 31 comma 2, dunque è contraria al regolamento; nel caso di Mauro lo strappo appare ancora più grave, perché era un membro permanente della Commissione, a differenza di Mineo. Senza contare, inoltre, l'applicazione sanzionatoria del regolamento.
Inoltre, come ricordato da Felice Casson, la sostituzione di Mineo contrasta anche con il regolamento del gruppo parlamentare del Pd al Senato, che all'articolo 2 afferma ai commi 1, 3 e 5:
1. Il Gruppo riconosce e valorizza il pluralismo interno nella convinzione che il continuo confronto tra ispirazioni diverse sia fattore di arricchimento del comune progetto politico.
3. Il Gruppo riconosce e garantisce la libertà di coscienza dei Senatori, con particolare riferimento alla incidenza delle convinzioni etiche o religiose dei singoli nella sfera delle decisioni politiche. Esso promuove, anche su questi temi, il confronto tra le diverse sensibilità e la ricerca di orientamenti comuni.
5. Su questioni che riguardano i principi fondamentali della Costituzione repubblicana e le convinzioni etiche di ciascuno, i singoli Senatori possono votare in modo difforme dalle deliberazioni dell’Assemblea del Gruppo ed esprimere eventuali posizioni dissenzienti nell’Assemblea del Senato a titolo personale, previa informazione al Presidente o ai Vicepresidenti del Gruppo.
Se le sostituzioni, come si è visto, non sono giustificate sul piano normativo, questa scelta non mina l'autonomia della Commissione, appiattendone il lavoro sulla volontà del Governo? E se è così, non si tratta di un pessimo inizio per le modifiche istituzionali?