Quando le multinazionali si fanno Stato e chiedono risarcimenti
5 min letturaStrattera
Atomoxetine è un farmaco prodotto da Eli Lilly ed usato per il trattamento della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). L'azienda statunitense ne detiene il brevetto con il nome commerciale di Strattera, formalmente registrato in numerosi paesi, tra i quali gli Usa e il Canada. I produttori di farmaci generici hanno, però, sostenuto l'invalidità del brevetto per la mancata comunicazione di sufficienti dati sperimentali che ne dimostrino l'efficacia. Mentre i giudici americani hanno respinto la richiesta, nel 2011 la Corte Suprema canadese ha dichiarato invalido il brevetto ritenendo non sufficiente uno studio su 22 pazienti per dimostrare l'efficacia del trattamento.
In conseguenza dell'invalidamento del brevetto, nel novembre del 2012 Eli Lilly ha fatto ricorso contro lo stato canadese, chiedendo un risarcimento di 100 milioni di dollari. Eli Lilly sostiene che l'invalidazione del brevetto viola i suoi diritti, non è al passo delle norme internazionali, e ha conseguenze negative per lo sviluppo farmaceutico.
NAFTA
Al di là delle divergenti decisioni in materia di brevetti tra Usa e Canada, dove nel primo caso ci si è basati più sull'affermazione presuntiva dell'utilità del farmaco che su reali e concreti studi, mentre nel secondo paese si è preteso qualcosa di più secondo uno standard proprio del Canada, ci chiediamo come sia possibile che una società straniera possa trascinare dinanzi ad un tribunale straniero un governo sovrano per chiedere il risarcimento dei danni in conseguenza di una legittima e democratica decisione di un tribunale nazionale.
Purtroppo ciò è possibile in base al North American Free Trade Agreement (NAFTA), che ha stabilito un sistema di privilegi corporativi e la loro esecuzione extra-giudiziaria.
Eli Lilly sostiene che l'invalidazione del brevetto viola tre dei privilegi speciali garantiti dal NAFTA. E il capitolo 11 del trattato NAFTA prevede un sistema di composizione delle controversie relative agli investimenti che assicura la parità di trattamento tra gli investitori delle parti dell'accordo in base al principio di reciprocità nazionale e un giusto processo dinanzi ad un tribunale imparziale. Se un investitore NAFTA ritiene che un governo ha violato i suoi obblighi di investimento ai sensi del capitolo 11, tale investitore può ricorre ad un arbitro internazionale (come il centro internazionale per la risoluzione delle controversie della Banca Mondiale).
E non si tratta dell'unico caso. Nel corso del 2012 sono state iniziate molte altre cause dello stesso genere. Stiamo parlando delle controversie investitore-Stato.
Controversie investitore-Stato
Le investor-state dispute settlement (ISDS), trovano le loro origini nel diritto internazionale consuetudinario, quando uno Stato rivendica la protezione diplomatica contro un pregiudizio causato dallo Stato ospitante. Oltre alla protezione diplomatica, o quella tramite mezzi coercitivi, gli Stati possono stabilire apposite commissioni, arbitri o comunque meccanismi di risoluzione di tali situazioni pregiudizievoli. Questi sistemi vengono invocati in relazione al trattamento dei cittadini stranieri e dei loro beni nello Stato ospitante. Conseguentemente nella protezione ricadono anche le aziende.
La protezione degli investimenti diretti è attualmente garantita da oltre 2000 trattati internazionali, come il NAFTA, il capitolo 11 del quale, appunto, consente agli investitori di proporre azioni direttamente contro il governo di un altro Stato aderente al trattato. Secondo il NAFTA gli investitori non sono nemmeno costretti ad esaurire i ricorsi interni prima di ricorrere al Capitolo 11, ma possono avviare subito un arbitrato secondo le regole delle Nazioni Unite.
Arbitri internazionali giudicano gli Stati
La motivazione per l'inclusione delle clausole di risoluzione delle dispute investitore-Stato è di offrire una certa protezione contro l'espropriazione degli investimenti esteri (capitali, aziende...) da parte di governi poco democratici. Le ISDS nascono con l'intento di limitare il protezionismo degli Stati nazionali.
Purtroppo nel corso degli anni le multinazionali hanno compreso che possono sfruttare questo meccanismo per saltare le procedure giudiziarie di un paese, ed hanno iniziato azioni contro i governi in una vasta gamma di materie: dalle politiche per i consumatori in materia di salute e sicurezza alle leggi ambientali e di uso del suolo, dagli appalti pubblici ai permessi governativi. Dovunque ci sia una minaccia ai “profitti futuri attesi” (“expected future profits”) si può intentare un'azione.
Anche se le clausole investitore-Stato esistono dal 1950, è solo da pochi anni che si è fatto strada l'idea di sfruttarle per attaccare direttamente le politiche nazionali. Così le cause relative sono aumentate esponenzialmente, dalle 50 cause intentate tra il 1950 e il 2000 si è passati ad oltre 450 nel 2012.
Eli Lilly, con la sua azione, contrasta gli standard di concessione dei brevetti farmaceutici dello Stato canadese, accusando quel governo di aver espropriato i propri diritti di proprietà intellettuale, in tal modo minando i suoi legittimi profitti futuri. E la decisione sarà data da un tribunale composto da arbitri internazionali, cioè tre avvocati del settore privato, e che deciderà a porte chiuse. Comunque finisca l'azione, il governo pagherà parte delle spese.
Ovviamente un tribunale di arbitri internazionali non può imporre ad un governo legittimo di abrogare delle leggi o dei regolamenti, ma in caso di sconfitta il governo nazionale dovrà risarcire i danni compensando i “profitti futuri attesi”. Ad oggi solo il Canada ha pagato per questo tipo di azioni circa 155 milioni di dollari. La minaccia di danni può, quindi, avere un effetto dissuasorio su determinati orientamenti politici.
L'azione proposta da Eli Lilly è il primo caso al mondo di tentativo di sfruttare i privilegi del NAFTA per aumentare la protezione dei brevetti di monopolio, con l'ovvia conseguenza di aumentare il costo dei farmaci per i consumatori.
L'assurdità della manovra è pacifica se si pone attenzione al fatto che un brevetto non è altro che un monopolio concesso direttamente da un governo. La causa, quindi, non è soltanto relativa all'invalidazione di un brevetto, ma si incentra sull'intera dottrina giuridica canadese per la determinazione dell'utilità di un'invenzione, e quindi Eli Lilly attacca direttamente il diverso standard di concessione dei brevetti canadese, più rigoroso rispetto agli Stati Uniti. Ma chi ci dice che non sia quello americano ad essere troppo permissivo? È recentissima, infatti, la decisione della Corte Suprema Usa che ha sancito che non è possibile brevettare sequenze del DNA umano, e questo nonostante l'ufficio brevetti americano abbia già in passato concesso protezioni di tale tipo.
L'intero sistema delle dispute investitore-Stato appare evidentemente sbilanciato a favore delle multinazionali, anche perché non esistono regole stringenti per eventuali conflitti di interesse, al punto che nel 2011 il governo australiano ha annunciato di voler interrompere la pratica di inserire disposizioni di risoluzione delle controversie investitore-Stato nei trattati, in quanto conferirebbero maggiori diritti alle imprese straniere rispetto a quella nazionali. Il governo australiano ha dichiarato di non voler più accettare disposizioni che limitano la sua capacità di aumentare la tutela della salute pubblica o dell'ambiente.
Standard presente in tutti i trattati
Nonostante le ISDS siano pressoché sconosciute all'opinione pubblica, la ricaduta sulle legislazioni nazionali è notevole. Con l'espansione del sistema di clausole investitore-Stato le aziende si elevano al livello di una intera nazione e possono dialogare alla pari con i governi; con le ISDS una azienda può ottenere la revisione di legittime decisioni di un tribunale nazionale, a mezzo di arbitrati privati; invocando l'aspettativa di un legittimo profitto le multinazionali possono impedire l'attuazione di normative per la protezione della salute pubblica o dell'ambiente semplicemente perché ridurrebbero i profitti aziendali attesi.
Paradossalmente mentre Eli Lilly iniziava la sua causa, il governo canadese aderiva ai negoziati per il TPP, che espanderà ulteriormente il sistema di clausole investitore-stato, nominando espressamente i “diritti di proprietà intellettuale” tra gli “investimenti” oggetto di protezione. Una sezione dello stesso tipo dovrebbe essere inserita anche nel TAFTA, oggi TTIP, il trattato che da pochi mesi è in discussione tra Usa ed Unione europea (attualmente tali clausole non sono previste nei rapporti tra UE e Usa, essendo i rapporti commerciali disciplinati dal WTO che non consente ad una azienda di attaccare direttamente uno Stato), ed è presente praticamente in tutti i trattati internazionali discussi dagli Usa con altri possibili partner commerciali, ma anche nei rapporti in discussione tra Unione europea e India.
Si tratta, in fin dei conti, di un modello di giustizia privata concorrente che consente di aggirare le leggi nazionali e le decisioni dei tribunali statali, sfidando direttamente le politiche di interesse pubblico dei governi di fronte ad un tribunale straniero.