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Lavoro&Propaganda, così Poletti smentì di nuovo se stesso

1 Aprile 2015 5 min lettura

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Lavoro&Propaganda, così Poletti smentì di nuovo se stesso

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Sono giorni frenetici riguardo l'andamento del mercato del lavoro italiano. Situazione dovuta alle dichiarazioni di Tito Boeri, nuovo presidente dell'Inps, sulle richieste di decontribuzione da parte delle imprese e seguite dagli annunci del governo con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Nei primi due mesi del 2015 sono stati attivati 79 mila contratti a tempo indeterminato».

Gli annunci sortiscono effetti diversi, c’è chi li esalta e c’è chi si interroga per capire cosa realmente rappresentano quei numeri. Visti i precedenti del ministro Poletti era lecito attendere la pubblicazione dei dati sulle "comunicazioni obbligatorie", per capire se le cifre dichiarate fossero veritiere e se rappresentassero nuovi posti di lavoro creati o solo una trasformazione contrattuale di quelli esistenti. Secondo il calendario del ministero del Lavoro, la pubblicazione di questi dati sarebbe dovuta avvenire il 5 giugno, ma il ministro ha deciso di anticipare la pubblicazione con dati però incompleti in cui mancano informazioni relative alla durata dei contratti e alle cause di cessazione. Un metodo scorretto che non aiuta i cittadini a capire quale sia la reale condizione del mercato del lavoro.

Ad emergere, comunque, dall'analisi dei dati è che il proclama dei 79 mila posti a tempo indeterminato nei primi due mesi del 2015 non corrisponde al vero. Al netto delle cessazioni di rapporto (cioè le interruzioni per licenziamento, dimissioni o altro), infatti, i contratti a tempo indeterminato sono, a gennaio, 27.119 (figura 1), mentre a febbraio, 18.584. L‘incidenza dei nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato è dell’ 8% a gennaio e del 15% a febbraio, in media solo 13 contratti su 100 sono a tempo indeterminato. A farla da padrone sono i contratti a tempo determinato che incidono rispettivamente per l’80% e il 70%, a gennaio e febbraio a conferma che il mercato del lavoro rimane caratterizzato dalla precarietà.

attivazioni nette genfeb2015 (1)
Figura 1. Fonte: elaborazione propria su dati C.O. del Ministero del Lavoro. Clicca sull'immagine per ingrandire

Quindi la somma dei contratti netti a tempo indeterminato tra gennaio e febbraio del 2015 è di 45.703 e non di 79mila. Ancora una volta il Ministro comunica infatti solo le attivazioni e non anche quante sono state nello stesso intervallo di tempo le cessazioni contrattuali. Invece se si confronta il dato di quest'anno con quello dei primi due mesi del 2014, l'aumento delle attivazioni nette nel 2015 è di 64.637. Comunque il 18% in meno rispetto a quanto dichiarato dal ministro e ripreso su tutti Tg e giornali.

Vero invece che tra gennaio e febbraio 2014 le cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato superavano le attivazioni e quindi nei primi due mesi del 2015 c'è stato un miglioramento. Quello che non possiamo dire con certezza, ma che si può comunque capire dai dati, è che quest’aumento di contratti a tempo indeterminato non rappresenta un eguale aumento di posti di lavoro stabili. Infatti, i contratti di collaborazione e altre tipologie di lavoro atipico diminuiscono tra i primi due mesi del 2015 e del 2014, quindi è possibile dire che l’aumento del tempo indeterminato è derivato almeno in parte da una trasformazione delle tipologie contrattuali. Per dare una descrizione certa sono necessarie informazioni riguardo la transizione di ogni lavoratore tra le diverse tipologie contrattuali, inormazioni contenute nelle banche dati amministrative non pubbliche.

Da cosa dipende questo miglioramento? Sicuramente dagli incentivi previsti in legge di stabilità che, per quanto riguarda il settore produttivo, sono le uniche novità interne all’Italia. Non sappiamo però quali settori sono interessati da queste variazioni, così come non sappiamo quale classe di età interessano questi contratti.

Tra l'altro esistono segnali di miglioramento nell'economia di altri paesi, come gli Usa, i quali trasmettono al governo quell'euforia circa la luce in fondo al tunnel della crisi. Tuttavia, anche questi dati sono ancora piuttosto esigui, come le previsioni di crescita del Pil del primo trimestre. Probabilmente non saranno usati con cautela nelle prossime dichiarazioni così come non verrà, ancora una volta, ascoltato il monito di Federico Caffé, economista italiano, che nel 1978 affermava: «una ripresa congiunturale senza minore disoccupazione è una mera indicazione statistica priva di ogni valido interesse».

Secondo i dati dell'indagine Istat, pubblicati martedi 31 marzo, il tasso di disoccupazione giovanile a febbraio torna ad aumentare dopo l’arresto di novembre e dicembre del 2014 (fig. 2). In termini assoluti, a febbraio il numero di occupati tra i 15 e i 24 anni diminuisce di 34 mila unità rispetto a gennaio, mentre aumentano di 11mila unità i disoccupati. Leggendo invece il confronto con il 2014, la situazione non migliora: in un anno il numero di giovani occupati è sceso di 40mila unità.

disoccupazione giov feb2015
Figura 2. Fonte: elaborazione propria su dati Istat. Clicca sull'immagine per ingrandire

Meno rassicurante è addirittura il tasso di disoccupazione femminile che aumenta ancora dello 0.9%, il tasso di occupazione rispetto a febbraio dello scorso anno cresce di un esiguo 0.1% in un anno, ma tutto sommato nei primi due mesi del 2015 diminuisce comunque.

Considerare la variazione dei dati per le donne è quanto mai interessante (Fig. 3) per dare un giudizio sulle scelte politiche degli ultimi anni nel contrastare uno dei fenomeni che maggiormente caratterizzano da sempre l’Italia: la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La figura ci mostra che tutti i proclami fatti sono rimasti tali e le politiche che li hanno accompagnati non hanno migliorato la situazione.

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Figura 3. Fonte: elaborazione propria su dati Istat. Clicca sull’immagine per ingrandire
Figura 3. Fonte: elaborazione propria su dati Istat. Clicca sull’immagine per ingrandire

L’Istat, inoltre, da questa volta in poi, ha deciso di pubblicare le medie mobili in modo da “pulire” le informazioni dalle variazioni di breve termine che intercorrono all’interno dei trimestri. È una questione tecnica ma molto utile perché cattura l’andamento di breve periodo nei dati riducendo l'effetto delle oscillazioni contingenti e riducendo la possibilità di giocare politicamente con i numeri forniti ogni mese. Così sulla base di questa metodologia, spiega l'istituto di statistica:

«rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo dicembre-febbraio l’occupazione è rimasta sostanzialmente stabile, mentre il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,4 punti percentuali, in larga misura per la risalita del tasso di inattività (+0,3 punti)».

Quindi, ad oggi, nessuna variazione degna di nota auspicante un positivo cambiamento di verso è stata registrata nel mercato del lavoro in Italia.

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