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L’accordo sulla legge elettorale si può criticare? O chi lo fa è antirenziano militante?

30 Gennaio 2014 4 min lettura

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L’accordo sulla legge elettorale si può criticare? O chi lo fa è antirenziano militante?

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Scrive Michele Serra oggi su La Repubblica:

Se l'Italicum arriva in porto, il nocciolo della questione è: ci ha messo un mese a fare quello che gli altri non sono riusciti a fare in 5 o 6 anni

E io mi chiedo: e quindi? Va riconosciuto a Renzi certo il merito di aver dato una accelerazione alla riforma. E di questo tutti noi lo ringraziamo. Ma il nocciolo non dovrebbe essere sempre "cosa"? Si può criticare nel merito l'accordo sulla legge elettorale? Si può discutere senza essere tacciati di immobilismo, conservatorismo, paludismo, antirenzismo militante?

Che poi l'accordo è firmato PD - Forza Italia - Nuovo Centrodestra. Quindi semmai sarebbe antirenzismoberlusconismoalfanismo militante... Leggo sempre su La Repubblica l'intervista ad Alessandro Pace, che in sintesi dice:

1) Siamo molto fuori dalla Costituzione. La soglia prevista per beneficiare del premio di maggioranza è troppo lontana dal 50,1% per potersi chiamare così.

2) Un premio di maggioranza degno del nome dovrebbe spettare al partito o alla coalizione che superasse il 45. Data l'attuale situazione politica una soglia "ragionevole" potrebbe essere anche quella del 40.

3) Il ballottaggio dovrebbe essere tra candidati singoli, non tra liste o, peggio, tra coalizioni.

4) Il tetto del 37% è in contrasto con la sentenza della Consulta. Un premio quasi pari alla metà dei voti ottenuti in sede elettorale non fa che reiterare la violazione del principio d'eguaglianza già censurata dalla Corte nel Porcellum.

5) Il premio di maggioranza così come è stato configurato garantirebbe la governabilità a danno della rappresentatività dell'assemblea parlamentare. Un maggiore equilibrio tra governabilità e rappresentatività sarebbe auspicabile. (Considerando poi la frattura profonda fra cittadini e politici ecco questo forse è l'aspetto per me più preoccupante)

6) Nel '91 gli italiani hanno votato per la preferenza unica. La preferenza unica sia in Italia che all'estero è garanzia di libertà di voto e sua assoluta segretezza.

7) Le liste corte non bastano. Le primarie potrebbero sostituire le preferenze, non dimenticando però che i partiti sono associazioni private. Bisognerebbe prima dettare regola sulla democrazia interna [ma ciaone]

8) Lo sbarramento al 4,5 % per i piccoli partiti è eccessivo, soprattutto senza finanziamento pubblico.

Perplessità molto simili su premio di maggioranza e liste bloccate le esprime Stefano Passigli su La Stampa. 

Aggiungo un punto, anch'esso critico, che non è al centro del dibattito ed è stato affrontato da lavoce.info: il rafforzamento del sistema delle garanzie e dei checks and balances istituzionali nell'eventuale abrogazione-ridimensionamento del Senato

In nessuna grande democrazia dove le competizioni hanno esito maggioritario esiste un capo dello Stato “garante” eletto dal Parlamento. Regno Unito e Spagna sono monarchie (così come Canada e Australia), Francia e Stati Uniti hanno un presidente eletto direttamente dal popolo e la Germania per eleggere il presidente federale crea un’assemblea ad hoc composta in via paritaria dai membri del Bundestag e da delegati regionali (un’assemblea di 1.200 persone, che si scioglie dopo aver adempiuto al suo compito). E quindi abolire o ridimensionare fortemente il Senato prevede anche un ritocco alle modalità di elezione del Presidente della Repubblica e degli altri organi di garanzia eletti dal Parlamento in seduta comune: Corte Costituzionale e Consiglio superiore della magistratura, considerato che la nostra Costituzione, in tutti i suoi equilibri formalizzati, mostra in filigrana il sistema proporzionale.

Sarebbe opportuno pensare anche al rafforzamento delle garanzie per i parlamentari dell’opposizione. Ad esempio, la Costituzione francese (paese maggioritario fortemente sbilanciato verso l’esecutivo) all’articolo 61 comma 2 stabilisce che: “[...] le leggi possono essere deferite al Consiglio costituzionale, prima della loro promulgazione, dal Presidente della Repubblica, dal primo ministro, dal presidente dell’Assemblea nazionale, dal presidente del Senato, da sessanta deputati o da sessanta senatori”. Si tratta di un controllo preventivo di costituzionalità molto più concreto ed efficace rispetto a quello previsto nel nostro procedimento parlamentare: in Italia la “pregiudiziale di costituzionalità” è discussa direttamente dall’assemblea e quindi, inevitabilmente, viene dato un voto di tipo politico (la minoranza a favore, la maggioranza contro).

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Altra questione ancora sono i collegi elettorali. Chi li definisce? Come?

Perché la proposta di legge elettorale concordata tra Pd e Forza Italia prevede collegi plurinominali invece degli uninominali che avrebbero favorito entrambi i partiti? In ogni caso, i collegi vanno ridisegnati
(Tommaso Nannicini -  Collegi elettorali: evitare i trucchi)

Adesso ci sarà il passaggio parlamentare e si vedrà lì come sarà migliorato (se lo sarà e me lo auguro fortemente) l'accordo. Quello che trovo intollerabile è il fastidio per qualsiasi critica, per le opinioni non allineate. Tutti noi abbiamo il diritto di partecipare a questo dibattito senza essere etichettati, liquidati come "amanti della palude" e sue varianti. Si può sperare di avere un dibattito "normale" oppure proprio non si riesce a cambiare verso?

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