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Propaganda fascista: la proposta Fiano, il dibattito e le criticità. “Un pasticcio senza senso”

12 Luglio 2017 9 min lettura

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Propaganda fascista: la proposta Fiano, il dibattito e le criticità. “Un pasticcio senza senso”

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di Claudia Torrisi

Lunedì 10 luglio è arrivata in discussione in aula alla Camera dei deputati la proposta di legge per l'introduzione del “reato di propaganda del regime fascista e nazifascista”. Il disegno di legge, depositato nell'ottobre del 2015 a prima firma del deputato del Partito democratico Emanuele Fiano, è al centro di un'accesa polemica, che ha coinvolto diverse parti politiche. Il testo la settimana scorsa ha ottenuto il parere sfavorevole del Movimento 5 stelle in commissione Affari costituzionali alla Camera, che ha definito la legge «liberticida». Contro il provvedimento si sono schierati anche la Lega Nord e altri partiti di destra e centrodestra.

Cosa prevede il disegno di legge

Il Ddl prevede l'introduzione nel codice penale (nella parte dedicata ai “delitti contro la personalità dello Stato”) dell'articolo 293-bis, che dovrebbe punire:

Chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità.

La pena è la reclusione “da sei mesi a due anni”, ma viene aumentata di un terzo “se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici”.

Le norme già esistenti e l'obiettivo della proposta di legge Fiano

In Italia esistono già norme che si occupano di reati legati all'adesione al partito fascista. La prima in questo senso è stata la legge Scelba del 1952, che vieta la «riorganizzazione del disciolto partito fascista», punita con la reclusione da 5 a 12 anni e una multa da mille a diecimila euro per i promotori e organizzatori. Secondo la norma, si parla di “riorganizzazione” del partito fascista quando:

un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque, persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.

La legge Scelba prevede il carcere anche per i reati di apologia e manifestazioni fasciste. La prima si verifica in caso di "propaganda per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità proprie del partito fascista" o se qualcuno pubblicamente esalti "esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche". Se riguarda "idee o metodi razzisti" o se i fatti sono commessi a mezzo stampa, sono previste aggravanti. Le manifestazioni fasciste, invece, sono punite quando qualcuno "partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste".

Nel 1993 è stata poi approvata la cosiddetta legge Mancino, che punisce con la reclusione o una multa chiunque “propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” oppure “istiga, con qualunque modalità, a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. La legge vieta anche ogni organizzazione, movimento o gruppo con tali scopi, e punisce “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi” che contemplino l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per i motivi elencati sopra.

Il disegno di legge Fiano parte dalla considerazione che queste norme non siano in qualche modo sufficienti. Nella relazione illustrativa del Ddl si legge che "senza voler toccare infatti, le normative speciali già vigenti in materia", l'obiettivo "è quello di delineare una nuova fattispecie che consenta di colpire solo alcune condotte che individualmente considerate sfuggono alle normative vigenti". Alle leggi Scelba e Mancino, secondo la relazione, sembrano sfuggire "comportamenti talvolta più semplici o estemporanei, come ad esempio può essere il cosiddetto saluto romano che, non essendo volti necessariamente a costituire un’associazione o a perseguire le finalità antidemocratiche proprie del disciolto partito fascista, finiscono per non essere di per sé solo sanzionabili". A proposito del saluto romano – non espressamente previsto dalle leggi Scelba e Mancino – il Ddl ricorda che negli anni ci sono state pronunce differenti, a seconda dell'interpretazione restrittiva o estensiva dei giudici.

Altra condotta da punire secondo il provvedimento è "tutta la complessa attività commerciale che ruota intorno alla vendita e al commercio di gadget o, ad esempio, a bottiglie di vino riproducenti immagini, simboli o slogan esplicitamente rievocativi dell’ideologia del regime fascista o nazifascista".

Il dibattito politico

Secondo il parere negativo rilasciato in commissione Affari costituzionali dal Movimento 5 stelle la scorsa settimana, il Ddl Fiano "si palesa (...) 'liberticida'", perché punisce "anche condotte meramente elogiative, o estemporanee che, pur non essendo volte alla riorganizzazione del disciolto partito fascista, siano chiara espressione della retorica di tale regime, o di quello nazionalsocialista tedesco". Quest'orientamento era già stato espresso dal relatore di minoranza del Ddl, Vittorio Ferraresi, del M5s, che durante la seduta dello scorso 21 giugno della commissione Giustizia aveva manifestato «a nome del suo gruppo parlamentare, netta contrarietà sull'impianto complessivo del provvedimento in discussione» e rilevato come dovessero «acquisire rilevanza penale le sole condotte che risultino oggettivamente offensive, in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione».

Lo scorso 6 luglio Emanuele Fiano ha pubblicato su Facebook uno screenshot del parere negativo del M5s.

‪Lunedì 10/07 in aula alla #Camera la Legge che introduce il reato di propaganda del regime #fascista e...

Pubblicato da Emanuele Fiano su Giovedì 6 luglio 2017

Il post però era passato pressocché inosservato. Le polemiche sul Ddl sono poi scoppiate lunedì 10, sulla scia del caso dello stabilimento “Playa Punta Canna” di Chioggia, in cui il proprietario ha esposto slogan, immagini e simboli apertamente fascisti.

A difesa della legge e contro la posizione del Movimento 5 stelle si sono schierati anche Arturo Scotto di Articolo 1 – Mdp

e Sinistra Italiana

Apologia di fascismo.Promemoria per M5S e per Matteo Salvini.Agli esponenti del M5S ricordiamo che: 1) le Ong sono...

Pubblicato da Nicola Fratoianni su Lunedì 10 luglio 2017

Il capogruppo del M5s alla Camera Simone Valente ha respinto le accuse di fascismo e ha definito «strumentali» gli attacchi provenienti dal Pd: «l'antifascismo è un valore fondante della nostra Costituzione e del nostro Paese. Un principio che non può mai essere dimenticato né messo in discussione, rispetto al quale non è neppure ipotizzabile un passo indietro».

Anche la destra si è espressa in blocco contro il Ddl, seppur con motivazioni diverse. Secondo il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, «nel 2017 non ha senso il reato di opinione. Un conto sono le minacce, gli insulti o l'istigazione al terrorismo, altra cosa sono le idee, belle o brutte, che si possono confutare ma non arrestare. Le idee non si processano, via la Legge Mancino». Per Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia «questo è il modo del Pd di guardare avanti per il futuro dell'Italia, introdurre nel nostro ordinamento un unico reato d'opinione perché si potrà impunemente inneggiare a Stalin e a Osama Bin Laden. La verità è che taluni personaggi del Pd restano profondamente illiberali, faziosi e comunisti dentro». Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, invece, ha chiesto una condanna di «tutti i totalitarismi».

Fiano si è difeso da queste critiche, sostenendo che il suo Ddl è «contro la propaganda di fascismo, contro l’apologia c’è già una legge. Dicono che voglio colpire l’opinione, ma non è così. Io non voglio colpire l’opinione, ma la propaganda di quelle idee. Questa legge non considera un reato chi dice di essere orgoglioso di essere fascista, è un reato se tu propagandi l’ideologia fascista o nazista».

Le criticità del provvedimento

Lo scorso febbraio in commissione Giustizia di Montecitorio è stata ascoltata l'Unione Camere Penali Italiane sul Ddl Fiano. Durante l'audizione, l'associazione ha espresso alcuni dubbi sul disegno di legge, che presenterebbe «profili di contrasto» con principi costituzionali. L’UCPI ha richiamato gli interventi della Consulta e della Corte di Cassazione secondo cui i reati di apologia del fascismo e di manifestazioni fasciste sono compatibili con il principio di libera manifestazione del pensiero e le condotte assumono rilievo penale solo se sussistono «condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del partito fascista».

L'ampliamento dell'area del penalmente rilevante «anche a mere forme di manifestazione del pensiero e l’anticipazione della soglia di punibilità alla produzione o alla commercializzazione di beni raffiguranti immagini del regime per meri scopi commerciali, perdendo ogni relazione con il fine di ricostituzione del partito fascista, si pone in evidente contrasto con i principi costituzionali».

L'avvocato Carlo Blengino, penalista esperto del rapporto tra diritto e nuove tecnologie, sentito da Valigia Blu, ha spiegato che le condotte previste dal Ddl Fiano «non sono ricomprese né nella legge Scelba né nella Mancino. Ma non si tratta di una lacuna da colmare: è stata una scelta molto precisa e lucida dei due interventi legislativi». «In particolare – continua il legale – la legge Scelba, più vicina temporalmente al ricordo del regime fascista, aveva fatto attenzione a non ricadere in una fattispecie che potesse includere un reato d'opinione. Non venivano punite le idee o limitata la libertà di espressione (cosa che invece avveniva durante il regime) ma un fatto concreto, cioè la ricostituzione del partito fascista».

Inserire oggi un reato come quello previsto dalla proposta di legge, per Blengino, quindi «non ha senso e tra l'altro è anche un po' un pasticcio». Secondo l'avvocato, il punto centrale è la mancanza di un bene giuridico specifico da tutelare: «Che cosa protegge quella norma? Qual è l'offensività per la società rispetto al fatto che uno possa vendere o diffondere oggettistica? Tanto la legge Scelba quanto la Mancino hanno un principio di offensività molto chiaro, che è il discorso di odio che può determinare atti di razzismo, la costituzione di un partito fascista o antidemocratico: un conto è la lacerazione che si genera nella società dalla ricostituzione del partito fascista o da una propaganda di idee basate sull'odio razziale, un altro è quella creata da chi colleziona cimeli o da chi inneggia al fascismo».

Come spiegato in precedenza, nella proposta di legge è previsto anche un aumento della pena nel caso di propaganda attraverso strumenti telematici o informatici. Il problema di questa prescrizione secondo Blengino è che l'aggravante si riferisce a condotte di propaganda di contenuti dei quali la norma non specifica la pericolosità: «sembra presunta dal fatto che sono di origine fascista, però non basta. Altrimenti si deve dire che una foto di Mussolini ha la capacità di generare una turbativa dell'ordine pubblico, di ricostituire il partito fascista, di far sì che 200 persone marcino su Roma».

Bruno Saetta, avvocato che da anni si interessa e scrive di diritto applicato alle nuove tecnologie, spiega che «siamo in presenza, ovviamente, di reati di opinione (da non confondere con la diffamazione), che mirano a punire comportamenti che turbano direttamente o indirettamente valori morali quali il prestigio dello Stato e delle istituzioni. Si tratta di valori oggi non più sentiti come un tempo, per cui modifiche normative ed elaborazione giurisprudenziali hanno contribuito a un rimodernamento di tali reati, che solo così hanno potuto sopravvivere». Questo tipo di reati è conforme alla Costituzione «nel momento in cui ciò che viene punito è un comportamento che lede il bene giuridico tutelato, cioè la dignità umana e la tranquillità sociale, non limitandosi, quindi, alla mera punizione della comunicazione del pensiero». «Ad esempio – continua Saetta – la propaganda non è la mera diffusione o comunicazione del pensiero (tutelata ai sensi dell’art. 21 della Costituzione), quanto piuttosto una manifestazione in grado di far sorgere o alimentare azioni tali da portare alla riorganizzazione del partito fascista, oppure a commettere un fatto idoneo a tale riorganizzazione. Ciò che si punisce non è l’opinione quanto il suo effetto sulla società».

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Nel caso specifico, il Ddl Fiano appare per l’avvocato «parzialmente ricompreso nelle leggi Scelba e Mancino nel momento in cui punisce l’apologia del fascismo e della sua ideologia, finendo per essere ridondante e inutile. Salvo poi estendere la punibilità anche a manifestazioni di singoli o di poche persone». Secondo Saetta, la parte più problematica del provvedimento è quella riguardante chi “richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità” del partito fascista perché non essendo richiesta la “propaganda”, la norma «si limita a punire il mero 'richiamo' anche di gesti (quali il saluto fascista, ma anche la vendita di gadget), con un'estensione della punibilità eccessiva e in conflitto con i valori costituzionali». Sul punto, Fiano, in un’intervista a WebNews, ha detto che è disposto a discutere un emendamento annunciato per l’Aula che propone «che i gesti non siano punibili sempre, ma che non possano essere fatti in occasione di manifestazione parafasciste. In altri termini: il saluto fascista dev’essere in un contesto coerente con l’accusa di propaganda».

L’avvocato Saetta spiega che il discrimine «non è dato tanto dal gesto quanto piuttosto dai possibili effetti, per cui anche un semplice gesto potrebbe, con l’attuale normativa, essere punito nel momento in cui la sua manifestazione pubblica rappresenti un concreto tentativo di raccogliere adesioni rispetto a un progetto di ricostituzione di un movimento fascista. Il Ddl Fiano, invece, appare andare decisamente oltre perché così configurato finirebbe per punire anche dei gesti parodistici, o di semplice imitazione ma non sufficienti a propagandare l'ideologia fascista. Ad esempio anche un meme online».

Foto anteprima via GETTY IMAGES

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