Molestie sessuali: è importante continuare a parlarne
6 min letturaDopo lo scandalo che ha travolto negli Stati Uniti il produttore cinematografico Harvey Weinstein, molte donne hanno cominciato a usare l’hashtag #metoo per denunciare episodi di abusi e molestie sessuali subiti in una sorta di grande flusso di coscienza collettivo. In Italia l'iniziativa è nata e si è diffusa intorno all'hashtag #quellavoltache.
If you’ve been sexually harassed or assaulted write ‘me too’ as a reply to this tweet. pic.twitter.com/k2oeCiUf9n
— Alyssa Milano (@Alyssa_Milano) October 15, 2017
In molti si sono interrogati su quanto accaduto e su una questione che riguarda tutti, non solo le donne. Abbiamo pensato di raccogliere alcuni interventi sia in Italia che all'estero, perché a nostro avviso bisogna continuare a parlare di una problematica fin troppo taciuta che ha a che fare con l'abuso di potere, le molestie sul lavoro e i ricatti sessuali.
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Fabio Avallone, dottore di ricerca in Diritto del Lavoro e rappresentante del Partito Democratico napoletano, ha postato una lunga riflessione sulla sua pagina Facebook in cui ha invitato a non fare facili ironie e a non ridicolizzare con la “strisciante considerazione che in fondo ‘le è piaciuto’ oppure ‘le è servito’” le storie di molestie venute fuori in giro nel mondo, e di provare rispetto nei confronti di chi ha deciso di parlare anche a distanza di tanti anni.
Leggo moltissime ironie sulle storie di molestie che stanno venendo fuori in giro per il mondo.
A me la cosa non diverte e sono decisamente contrario alla ridicolizzazione che ne si fa, per non parlare della strisciante (e talvolta esplicita) considerazione che in fondo "le è piaciuto" oppure "le è servito".
La molestia sessuale è un atto viscido e violento, specialmente quando accade in un contesto lavorativo, dove la molestata è posta costantemente in condizione di scegliere tra due mali: subire la molestia o subire le ripercussioni dei propri rifiuti.
Chi dice "poteva dire di no", a mio avviso, non tiene in conto del contesto in cui avvengono le molestie. Una cosa è mandare a quel paese il cretino che ti si avvicina in un bar e tutta un'altra cosa è farlo con chi, in vari modi, ha in mano il tuo presente ed il tuo futuro lavorativo. E non importa che si tratti di un'attrice o di una cameriera, di una studentessa o di una ricercatrice. La dinamica è sempre la stessa: c'è un uomo (sì, al 99,99% lo fanno gli uomini) che esercita il suo potere sulla molestata (o sul molestato, a seconda dei gusti sessuali) imponendo un comportamento non richiesto. Può trattarsi, con varie gradazioni, della "battuta", dell'allusione, dell'avance, dell'esplicita richiesta sessuale, dell'approccio fisico o della vera e propria violenza.
E non ha importanza se la vittima della molestia reagisce o subisce, se accetta di buon grado (magari per convenienza) o glissa o rifiuta. Nel momento in cui viene sottoposta a questa "scelta", la molestia è già avvenuta.
E siccome questa è una dinamica che avviene tutti i giorni, più volte al giorno, in migliaia se non milioni di casi, credo che si debba provare profondo rispetto per chi, anche a distanza di anni, si decide a raccontare della molestia che ha subito.
Tra loro ci sarà anche chi lo fa per interessi o per soldi o per pubblicità, ma per ognuno di questi ce ne sono migliaia e migliaia che la molestia l'hanno subita in silenzio, magari la stanno subendo in questo momento.
Se quest'onda mediatica servirà a far desistere, anche solo per la paura di essere sputtanati in futuro, qualche molestatore, avremo un mondo un po' migliore.
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A seguito dell’enorme numero di post, tweet, messaggi e commenti pubblicati con l’hashtag #metoo, la presentatrice televisiva (e attrice, autrice e regista) canadese Nicole Stamp ha ricevuto numerose richieste da parte di amici di sesso maschile che le chiedevano cosa potessero fare per sostenere le donne e la stessa campagna. È nato così una sorta di elenco di modi concreti attraverso i quali gli uomini possono offrire il proprio contributo. Quello che doveva essere un promemoria indirizzato a pochi intimi è diventato un post che, solo su Facebook, è stato condiviso da più di 70.000 utenti.
Today my timeline is full of decent men asking, "How can I help?", in the wake of the viral #MeToo movement created by...
Pubblicato da Nicole Stamp su Lunedì 16 ottobre 2017
Qui alcuni suggerimenti indicati da Stamp:
1. Leggete e seguite scrittrici femministe, nonostante gli argomenti possano sembrare “snervanti” o “troppo esasperati”. Bisogna mettere da parte il disagio e continuare a leggere, ignorando un sistema che è solitamente generoso con alcuni e dannoso con altri.
2. Date spazio alle opinioni delle donne in ambito professionale. Fate notare quando i contributi offerti da una donna sono ignorati, non considerati o rivendicati da altri, evidenziandoli e attribuendoli a chi li ha formulati.
3. Siate attenti quando presentate una donna, soprattutto in ambienti di lavoro. Nelle conferenze mediche, ad esempio, nel 95% dei casi le donne introducono i propri colleghi presentandoli come “medici”, gli uomini fanno altrettanto con le colleghe solo nel 49% dei casi.
Evitate di fare riferimenti all'aspetto fisico, preferendo i titoli professionali. “Ti presento la professoressa Maria Rossi, direttrice del nostro dipartimento” invece di “Ti presento la fantastica Maria.”
4. Non usate nomignoli, come tesoro, amore, cara, dolcezza, in presenza di colleghi o sconosciuti. È un atteggiamento poco professionale. L'uso dei nomi indica rispetto.
5. Nell'intimità, cercate sempre il consenso. Fermatevi immediatamente quando il partner esita, interrompe il contatto, evita il contatto visivo, diventa silenzioso e/o teso, si blocca o rallenta. Se generalmente si va avanti finché il partner non urla di fermarsi, diventa necessario modificare il concetto di “consenso”. Vivere un trauma può bloccare le persone che hanno subito un forte stress emotivo. Per cui “no” significa “no” e altrettanto un silenzio. Capita spesso, infatti, che nonostante si voglia smettere, diventi difficile dire no. Invece di proseguire fino ad arrivare a quel “no”, è bene procedere soltanto quando si riceve un “sì” chiaro o un'azione che lo lasci intendere in maniera evidente.
6. Non pronunciate insulti di genere o misogini. Parole come “stronza” sono dirette esclusivamente alle donne. Insulti come “femminuccia” o “frocio” tendono a umiliare aspetti femminili. Se proprio si deve insultare qualcuno, lo si faccia concentrandosi sulle sue azioni, non sul suo corpo o sul genere.
7. Liberate i ragazzi dalle regole rigide sul genere. Offrite ai bambini strumenti e fiducia che gli permettano di sfidare gli stereotipi di genere e di opporsi.
8. Non concentratevi sull'aspetto fisico e l'abbigliamento delle bambine. Generalmente quando si incontra una ragazzina, ci si complimenta per l'aspetto, lasciando intendere che la bellezza o l'abbigliamento siano i tratti più interessanti di una persona. È preferibile, invece, iniziare un discorso, chiedendo quali siano le materie scolastiche preferite o l'animale che le piace di più o il libro che sta leggendo.
9. Invitate gli uomini anziani a comportarsi meglio. Un commento sessista o razzista “vecchio stampo” potrebbe sembrare inoffensivo in ambito familiare. Pronunciato in una struttura ospedaliera, per esempio, in presenza di donne o persone di colore, risulta offensivo. Chiamiamo con il proprio nome sessismo, razzismo e omofobia, a tutte le età.
10. Non siate sprezzanti o polemici durante le conversazioni su abusi di cui non siete stati vittime. Prestate attenzione a quella modalità tipica della nostra cultura che lascia cadere il peso della responsabilità sulle persone che hanno subito abusi per farne emergere il dolore, analizzarlo e poi minimizzare la loro esperienza riducendola a una questione di ipersensibilità o a un malinteso. È accettabile porre domande rispettose in modo umile, ma nessuno è tenuto a dare risposte. Quando questo accade, impegnatevi a discutere con sincerità, dando valore al tempo e all'energia che le persone concedono. Fare domande implica, talvolta, ricevere risposte impegnative che spesso vengono rapidamente messe da parte, attaccate o travolte da altre domande poste in cattiva fede. Questa è una tipica tattica di bullismo, usata per umiliare, prendere il sopravvento, annientare la pazienza e sviare le conversazioni. Quando ci si accorge che si sta andando in questa direzione, è meglio bloccare la conversazione chiedendo di ritornare sull'argomento principale o mettendo in dubbio la buona fede delle domande. Un'ottima strategia per analizzare l'argomento è trovare tre articoli scritti da persone che hanno vissuto in prima persona la questione che si sta affrontando e cercare modelli nelle loro analisi. L'abuso è un fenomeno ampiamente accettato e sostenuto statisticamente e molte persone che lo hanno vissuto ne parlano offrendo la propria esperienza.
11. Accettate il disagio. Cambiare sistemi e modalità richiede lavoro e fatica. Le discussioni su sessismo, razzismo, transfobia , privilegi, appropriazione culturale e altre questioni sociali sono tutte collegate e trattano problemi complessi che provocano le nostre emozioni. Il disagio è un segnale importante che ci indica che abbiamo qualcosa di nuovo da imparare. Bisogna accettarlo, dargli ascolto e proseguire la discussione, cercando di non cambiare argomento o di mettere i propri sentimenti al centro della conversazione, aprendosi agli altri e alle loro esperienze. Scusandosi per gli errori. Mostrandosi disponibili al cambiamento. E, soprattutto, continuando ad ascoltare. È difficile ma ne vale veramente la pena.
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Immagine anteprima di erhui1979/Getty