Fermiamo il consumo di territorio #salviamoilpaesaggio
3 min letturaValigiablu e Umbria24 lanciano insieme un appello contro il consumo di territorio che limita gli spazi fisici cementificando e gli spazi della democrazia orientando le scelte verso interessi che non sono quelli dei cittadini. «L'Umbria resti il cuore verde» perché qui sta il suo valore aggiunto. Da Brufa alla Valnerina, dalle frazioni di Perugia all'Altotevere, dal Trasimeno alla Conca ternana.
valigiablu - riproduzione consigliata
che permette di edificare laddove fino ad oggi non era possibile (all’interno
del locale parco delle sculture), è solo l’ultimo di tanti casi in cui le
ragioni dell’amministrare vanno in collisione (e contemporaneamente scavano un
abisso) con le ragioni dell’abitare. Da un lato ci sono gli amministratori, che
intravedono negli ampi spazi pubblici aree da ritagliare e da far fruttare;
dall’altro ci sono gli abitanti che conoscono quegli stessi spazi attraverso
l’uso quasi quotidiano che ne fanno. Per gli uni quelle aree sono metri quadri
con un valore catastale, per gli altri sono spazi di vita, sono dei luoghi.
Il caso di Brufa, purtroppo, non è
isolato. Esso rientra nel quadro europeo di politiche degli spazi pubblici (che
considera le regioni urbane e rurali come motori della crescita, luoghi dove
investire e attirare capitali, aree sulla cui previsione d’uso si giocano
strategie e iniziative di sviluppo economico) e italiano di consumo sempre più
intensivo di territorio. In Umbria, come in tutta Italia, non si punta sul recupero
dell’esistente, ma sulla trasformazione di nuove aree.
Sottrarre aree verdi al parco delle
sculture pone almeno tre questioni: una ambientale, una culturale e una di
regole della democrazia.
Come si legge nel
comunicato stampa di presentazione del rapporto Ambiente Italia 2011, «il 4,1% del territorio dell’Umbria è occupato da superfici urbanizzate. In pratica 350 chilometri quadrati, tanto quanto l’intero comune di Spoleto. Un dato, quello del 4,1%, comunque
rassicurante rispetto al 14% della Lombardia, che si trova in testa alla
classifica, o all’11% del Veneto e della Campania. Dati che però fanno dire a
Legambiente che l’Umbria è sempre meno il cuore verde d’Italia».
Se ci si
sposta, infatti, dai termini in percentuale ai valori assoluti, ci accorgiamo
che i metri quadri occupati da edilizia residenziale e non sono quasi undici
milioni: ogni umbro ha a disposizione qualcosa come 330 metri quadri. Quasi
come i veneti e più dei lombardi, tutte regioni con percentuali di consumo di
suolo molto superiori a quelle umbre. E, nonostante oltre un milione di case
risultino vuote perché economicamente irraggiungibili da chi ne avrebbe
bisogno, (nella sola Perugia, ad esempio, nel 2009 ci sono stati 678 sfratti e
sono rimaste vuote circa 35616 abitazioni), si continua a costruire. Situazione
paradossale, ma fino a un certo punto, perché ogni abitazione costruita
garantisce oneri edilizi ai comuni. Per cui è economicamente più redditizio
avere case vuote che spazi non edificati.
La questione ambientale apre poi a una
culturale. L’edificazione di aree come parchi porta a una drastica riduzione di
spazi di socialità e a un impoverimento del tessuto connettivo sociale e
culturale. Come si legge ancora nel rapporto Ambiente 2011 di Legambiente, «il
suolo è un bene limitato, una risorsa finita e come tale va tutelata.
Consumando il suolo si modifica il territorio. E siccome il territorio è un
sistema di relazioni in cui l'abitazione, il lavoro, la mobilità, le relazioni
sociali, la qualità ambientale, la biodiversità, gli equilibri ecologici, la
partecipazione, l'intreccio tra culture si confrontano e si evolvono, l'uso del
suolo entra a pieno titolo nei processi di trasformazione, li condiziona e, per
alcuni versi, li determina. L'uso del suolo, quindi non è solo un atto
economico, che riguarda l'industria delle costruzioni, ma è un atto sociale,
culturale, ecologico e ambientale di preminente interesse pubblico. La gestione
del suolo e quindi la capacità di contenerne il consumo, diviene specchio
fedele della società che lo usa, ne riverbera valori e meccanismi».
Infine, a essere messe in
gioco sono le regole della democrazia. Gli abitanti sono sempre più tenuti
lontano dalla gestione dei beni pubblici e dalla formulazione di ipotesi del
loro uso. Temi come la qualità del vivere, la cura dei luoghi, l’abitare non
possono essere materia esclusiva delle procedure della democrazia. Che la variante
al progetto iniziale sia stata approvata dal consiglio comunale, dopo un
accordo con il clero, non è garanzia di qualità. Sarebbe stato più opportuno
avviare una discussione preliminare sul PRG con i cittadini per mettere in
primo piano i criteri possibilmente condivisi di usi del parco e di qualità
degli spazi pubblici e per porre come priorità il controllo del consumo del
suolo e il miglioramento dell’ambiente urbano.
Questo è il senso
dell’inchiesta partecipata “Salviamo il paesaggio” promossa da Altraeconomia e Fondazione Ahref su Timu.it. Cittadini di tutta
Italia sono invitati a inviare video, documenti e immagini che testimonino il
consumo del suolo e progetti e buone pratiche di amministrazioni comunali,
associazioni e abitanti che si oppongono alla «colata di cemento che sta sconvolgendo il nostro territorio». L’inchiesta, avviata il 29 dicembre
scorso, si concluderà il 29 febbraio 2012.
Qui i dati Paese per Paese e provincia per provincia nell'infografica de Linkiesta.it 'Il cemento avanza, quanto suolo abbiamo consumato in dieci anni'.
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