Qual è il ruolo delle democrazia nelle crisi finanziarie?
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È possibile che l'annuncio di una consultazione popolare di uno dei 27 stati membri dell'Unione Europea (tra i più piccoli e poveri) possa far saltare una moneta unica e i conseguenti equilibri geopolitici mondiali che ruotano attorno all'esistenza dell'Euro?
La risposta è sì. La prova è l'andamento dell'economia e della finanza nella drammatica e indimenticabile giornata del primo novembre e l'incertezza cronica con cui vivremo il G20 di Cannes e i suoi sviluppi successivi.
Le conseguenze sono abbastanza deprimenti: il nostro futuro dipende dagli umori dei Governi di singoli Stati, che prendono decisioni non condivise, spesso legate alla necessità di mantenere il proprio consenso interno, quello con cui si vincono e si perdono le elezioni. Papandreou come Berlusconi, come la Merkel, come Sarkozy, pongono al primo posto l'interesse della propria nazione, poi quello dell'Europa. Tutti allo stesso modo. Se la Germania è apparsa più europeista, è solo perché poteva permetterselo, perché più ricca degli altri Paesi.
Per l'Italia questo fattore non è sempre stato un limite, anzi: senza l'Europa, senza i sette miliardi di titoli di Stato già acquistati dalla BCE da agosto a oggi, senza l'ingresso dell'Euro, saremmo un Paese da secondo mondo, a essere ottimisti; se tre anni fa gli italiani fossero stati più consapevoli del peso europeo del voto nazionale, forse non avrebbero affidato il proprio destino a Berlusconi.
Non si ha alcuna certezza sul referendum proposto da Papandreou. Dovrebbe essere a dicembre, ma potrebbe rientrare se l'Europa dovesse rinegoziare i dettagli dell'accordo (e questa pare essere l'unica via che la Trojka perseguirà per evitare lo sfascio). Il governo greco potrebbe cadere prima, la fiducia all'esecutivo del centrosinistra ellenico dipende da pochi voti, come in Italia.
In linea puramente teorica, inoltre, un referendum potrebbe anche portare a un esito positivo ed europeista, oggi altamente improbabile (il consenso per il Partito Socialista greco, al governo attualmente, è solo al 15%; il 65% dei greci si dice contrario alle misure di austerità).
La scelta di Papandreou resta però irresponsabile. Prima di tutto perché può generare un secondo effetto contagio. Dopo il panico da default, il panico da democrazia: cosa succederebbe se altri Stati europei convocassero analoghe consultazioni referendarie? In secondo luogo per gli effetti di sistema legati al crac greco, di cui il governo ellenico è da tempo pienamente consapevole.
La mossa referendaria è certamente pilatesca (scaricare l'eventuale responsabilità di un fallimento sul popolo è quanto di più lontano esista dalla politica), ma ha avuto effetti spaventosi: un singolo annuncio non può distruggere un processo che coinvolge centinaia di milioni di persone e se così fosse, la sconfitta dell'Europa sarebbe prima di tutto la dimostrazione che l'Europa politica, di fatto, non è mai esistita. Perché non esistono politiche condivise, protezioni incrociate, procedure di regolazione della sovranità nazionale (nessuna unità politica sovranazionale può prevedere il mantenimento dello stesso livello di sovranità, eppure così è: non esistono politiche comunitarie sinergiche e sistemiche).
Ma il referendum greco obbliga a un altro ordine di riflessioni, se possibile ancora più urgenti e drammatiche, rinforzate dall'atteggiamento di alcuni capi di stato europei che hanno definito 'inaccettabile' una consultazione popolare.
- Qual è il ruolo della democrazia nei momenti di crisi finanziaria?
- Non esistono procedure che permettono l'uscita di una nazione dall'Euro. I cittadini sono e saranno costretti a subire politiche decise da organismi non elettivi?
- Le istituzioni europee e i loro ultimatum sono davvero così credibili nel porre le loro condizioni ultimative? O in realtà l'Europa dipende dalle bizze degli stati più deboli?
- È possibile e legittimo commissariare governi democraticamente eletti (e dunque, la democrazia) in nome della salvezza dell'Euro?
Dino Amenduni
@valigiablu - riproduzione consigliata
Sinigagl
Le ultime domande sono comprensibili solamente pensando che l'Unione europea non sia una vera Unione o che comunque non sia un organizzazione democratica di tipo continentale. L'UE è una già una costruzione federale o meglio confederale con organismi elettivi: Camera bassa eletta a suffragio universale (Parlamento europeo), camera alta degli stati (Consiglio UE), Governo (Commissione) e "presidenza plurale" (Consiglio europeo), grosso modo come costruzioni simili. Non è possibile uscire dall'euro perchè è una tragedia e non si prevedono le tragedie nei trattati internazionali. Non è nemmeno questione di condizioni ultimative delle istituzioni europee, è questione che un paese, una volta entrato nell'Unione si impegna a rispettarne le regole: c'è un paese che non le ha rispettate (la Grecia) e i paesi fratelli la stanno aiutando con centinaia di miliardi di aiuti, chiedendo in cambio che torni ad avere un bilancio solido (non può continuare a spendere 108 incassando 100 perchè fallirebbe come qualsiasi azienda). Non è possibile commissariare governi democraticamente eletti? Mah, nel nostro paese si commissariano i Comuni, le Province e le Regioni senza particolari problemi. Aver messo insieme la moneta e tante altre politiche con altri paesi europei comporta una perdita di sovranità. Il processo dell'integrazine europea era ed è segnato: se la piccola, sempre più piccola Europa vorrà avere qualcosa da dire in futuro rispetto a giganti nascenti come India, Cina e Brasile o sarà unita o non sarà.