La Russa-studenti ad Annozero: e all’improvviso irrompe la realtà in tv
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Le urla in uno studio televisivo sembrano sempre finzione. Sono state loro, del resto, ad abituarci alla finzione. Ai litigi che durano fin quando lampeggia la luce rossa delle telecamere. Alle grida sul nulla: alchimie politiche, vecchi rancori, isterie da primedonne a corto di argomenti.
Anche ad Annozero nell'ultima puntata si è urlato. E non poco. Per qualche minuto, tuttavia, c’è stato qualcosa di diverso dalla finzione, in quello studio. Eppure ce n’erano tutti gli elementi: i contendenti, ciascuno nel proprio angolo, rinserrati nel proprio personaggio. Di Pietro che faceva il Di Pietro. La Russa che faceva il La Russa. L’atmosfera. L’argomento. Quel futuro dei giovani che, più di ogni altro tema, si presta alle grida delle anime belle della gioventù perduta e dei fannullonisti.
Tutto era pronto per la sceneggiata, ma qualcosa, per qualche minuto, si è rotto. E la realtà ha fatto irruzione nello studio. Sono i minuti in cui prendono la parola gli studenti, iniziano a rivendicare le proprie ragioni, il ministro della Difesa li interrompe, inizia a urlare «vigliacchi», minaccia di andarsene, se ne sta lì, in piedi, schiumante, come fosse sul punto di arrivare alle mani non con un giovane ma con un’intera categoria sociale. Un momento che avrebbe potuto essere surreale. Di quelli che si vedono in televisione, appunto.
E che invece, drammaticamente, era realissimo. Talmente reale, cioè, da semplificare i contorni dei protagonisti. Renderli caricaturali, ma solo a scopo didattico, solo per esemplificare al meglio la posizione che ciascuna delle maschere incarna. Da una parte una voce che non è di un centinaio di teppisti, ma di una generazione di rabbia che, inascoltata, derisa, delusa, ha finito per cercare nella violenza, o nella sua giustificazione, un modo per placarsi. Dall’altra una figura, quella di La Russa, che incarna tutta la profonda incapacità di ascolto di una classe dirigente che ha anteposto l’interpretazione politica, della propria parte politica, dei fatti ai fatti stessi. E che ha finito per identificare matematicamente dissenso e reato.
Da questo sono scaturite le urla: non dal contrasto tra tre ragazzi e un ministro, ma da quello, ben più lacerante, tra una parte del Paese che domanda e un’altra che non risponde. Tra il malessere di un organismo che porta segni sempre più visibili della patologia e un medico curante che continua a ignorarla, scambiando i sintomi di una malattia mortale per ipocondria. Poi ha preso la parola Di Pietro, e tutto ha riassunto quella patina di nulla, quel piacevole torpore che provoca Porta a Porta quando, tra un insulto e l’altro, lievemente ci addormenta.
Fabio Chiusi - Il Nichilista per Valigia Blu
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