La disoccupazione sotto il governo Renzi (spiegata bene, bene)
3 min letturadi Marta Fana
articolo tratto da act-agire
Tra l'emergere sempre più forte del conflitto sociale e il continuo rilancio da parte del governo sia sul piano retorico che su quello legislativo, lo scontro sul lavoro si fa sempre più duro. Così come più dura si fa la condizione di vita di milioni di persone. Ma proprio da questo scontro, quello con la realtà, che il premier e il suo governo fuggono, rilasciando quotidianamente dichiarazioni palesemente false o non verificabili, mosse propagandistiche per attenuare la percezione del flop delle politiche del governo in tema di lavoro all’indomani della firma alla Camera sul Jobs Act.
Siamo all’ennesimo bollettino di guerra che viene dall’Istat e ha per oggetto i dati sulla forza lavoro. Il dato è chiaro: il tasso di disoccupazione continua ad aumentare, +1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo il 13,2% della popolazione attiva. Più drammatico il dato sul tasso di disoccupazione giovanile, che raggiunge il 43,3%, +1.9% rispetto a ottobre 2013 (Tabella 1). Le condizioni peggiorano anche rispetto al secondo trimestre del 2014 (quello appena successivo al Decreto Poletti e quello degli 80 euro), segno dell’inefficacia di tali politiche nei confronti dell’occupazione, come mostra la seconda colonna.
Tabella 1
La chiusura del terzo trimestre non lascia alibi: il numero di occupati stagna, ovvero non c’è nessuna variazione positiva del numero di lavoratori con un impiego. Eppure il tasso di occupazione aumenta dello 0,1% nello stesso periodo. Ciò è dovuto al calcolo del tasso di occupazione, come rapporto tra le persone occupate e il totale delle persone tra i 15 e i 64 anni. Se la variazione del numeratore è pari a zero, un aumento del tasso di occupazione è dato dalla riduzione della popolazione in età lavorativa, effetto quindi legato alla demografia italiana e non al mercato del lavoro che, ribadiamo, continua a dare segnali negativi.
Allo stesso tempo, il numero di disoccupati in termini assoluti aumenta di 286 mila unità, nulla ma proprio nulla di cui gioire: manca il lavoro e molto altro continua ad essere distrutto! (tabella 2) Nel frattempo molte, troppe altre persone provano a cercare un lavoro (365 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2013), soprattutto tra i meno giovani.
Tabella 2
Guardando i dati per tipologia di contratto – nel terzo trimestre del 2013 – continuano a diminuire i lavoratori con contratti dipendenti a tempo indeterminato e gli indipendenti a tempo pieno, entrambi con una variazione negativa di 80 mila unità, mentre aumentano i lavoratori dipendenti part-time (ribadiamo spesso involontario perché preferirebbero lavorare a tempo pieno), i contratti a termine e i collaboratori. È la realtà.
Ma se da un lato l’Istat ha puntualmente reso noti i dati sulla disoccupazione, dall’altro la contromossa del governo non si è fatta attendere tramite l’exploit mediatico del Ministro del Lavoro che, strategicamente, ha rilasciato piene interviste sul numero di avviamenti di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in forte aumento grazie al proprio operato.
La logica propagandistica, e tesa a stemperare le reazioni del pubblico più indifferente ai dati Istat, mostra però le proprie crepe di credibilità. I dati di cui ci parla oggi il ministro Poletti non sono ancora pubblici, lo saranno la prossima settimana. C’è però un aspetto su cui è possibile fare chiarezza fin da subito: annunciare il numero di nuovi avviamenti a tempo indeterminato senza dire quanti ne sono andati perduti è rivelatore di un atteggiamento pronto a nascondere il profilo imperfetto di un volto.
Inoltre, il Ministro del Lavoro si attesta un risultato non suo in quanto per valutare gli effetti sull’occupazione, permanente o atipica, del governo occorre valutare questa variazioni a partire dalla seconda metà del primo trimestre 2014 e non anche da quelli precedenti.
Utilizzando i dati finora a disposizione sugli avviamenti di rapporti di lavoro a tempo indeterminato netti, cioè avviamenti meno le cessazioni la Fig1 comincia a dare qualche informazione. Ci dice ad esempio che nel primo e secondo trimestre 2014 i licenziamenti sono maggiori rispetto agli avviamenti. In particolare, nel II° trimestre, quello a cavallo del Decreto Poletti e del bonus 80 euro, i rapporti cessati aumentano rispetto ai tre mesi precedenti a dimostrazione che lo slancio di fiducia nei confronti di una ripresa dell’economia italiana, seppure auspicato, non si è palesato.
Fig. 1
Ma un primo bilancio dell’operato del Governo Renzi è possibile, guardando alla serie storica mensile del tasso di occupazione e disoccupazione. Il primo provvedimento del governo in materia è appunto il decreto Poletti (linea rossa), nel maggio 2014, momento che segna il tracollo del tasso di occupazione e l’aumento costante di quello relativo alla disoccupazione ribaltando quel barlume di speranza che aveva caratterizzato i primi tre mesi del nuovo governo di cui rimangono solo gli annunci, ormai piuttosto secondari nella sostanza.