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CETA, l’accordo commerciale UE-Canada si farà. Ma non c’è da festeggiare

27 Ottobre 2016 3 min lettura

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CETA, l’accordo commerciale UE-Canada si farà. Ma non c’è da festeggiare

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Aggiornamento 31 ottobre 2016 > Il trattato CETA è stato firmato ieri, 30 ottobre a Brussels (qui la notizia dal sito del Consiglio europeo).

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Aggiornamento 29 ottobre 2016 > Il trattato CETA sarà firmato domani, domenica 30 ottobre.

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Il CETA si farà, nonostante nelle ultimo ore sembrava che il trattato commerciale tra Europa e Canada fosse stato accantonato.

Da giorni infatti rimbalzavano sui social commenti sulla possibile "morte" del CETA a seguito della volontà espressa dal Parlamento della Vallonia, una regione del Belgio, di non firmare l’accordo. La motivazione è la paura di perdita di numerosi posti di lavoro.

È stato piuttosto istruttivo notare che alcuni giornali hanno presentato la posizione della Vallonia come una battaglia intransigente e solitaria contro l’Europa tutta e contro il futuro, una decisione irresponsabile che avrebbe definitivamente relegato l’Unione tra i paria dei negoziatori inaffidabili.
Tale modalità di presentazione calcava la penna sull’aspetto economico del trattato, trascurando del tutto l’impatto sui diritti civili dei cittadini europei.

In realtà le critiche al CETA (l'associazione STOP-TTIP, da sempre in prima linea, ha preparato una rassegna sintetica), come anche al trattato TTIP, sono trasversali all’interno dell’Unione, e si sono fatte sentire al punto che lo stesso TTIP, fratello maggiore del CETA, è in forse, a seguito dell'opposizione addirittura dei politici tedeschi e del governo francese.

Merito, o demerito (già tacciata di populismo), della Vallonia, quindi, è di aver cristallizzato le critiche che montano un po’ ovunque e che provengono dal basso, dai cittadini e dalle associazioni rappresentative di questi ultimi. La Vallonia (il cui Parlamento ha discusso 2 volte il trattato CETA a differenza di altri Stati favorevoli al trattato ma nei quali non si è mai avuta alcuna discussione in materia), non è e non è mai stata sola in questa battaglia di democrazia contro i trattati che trasferiscono la formazione delle leggi dal normale processo democratico a una procedura strettamente burocratica affidata per lo più a funzionari mai votati, in luoghi permeabili al lobbismo aziendale.

Ecco, quindi, che non ha alcun senso rimarcare come il governo vallone preferisca trafficare in armi con gli arabi piuttosto che comprare pere dal Canada. Se l’Unione europea ha qualcosa da ridire alla Vallonia lo facesse pure, nelle sedi opportune, ma per il CETA occorre che risponda ai cittadini di tutta l’Europa.

L'eventuale morte del CETA avrebbe fatto dell’Unione europea un pessimo negoziatore che si rimangia la sua parola? È irrilevante. Occorreva, piuttosto, pensarci prima di avviare le negoziazioni, come si fa in ogni processo democratico di formazione delle regole, specialmente quelle che incidono sui diritti fondamentali. Occorreva informare e discutere coi cittadini, prima di discutere eventualmente con le aziende.

Invece sia CETA che TTIP fin dalle origini sono stati negoziati nel massimo riserbo, in summit a porte chiuse, ma aperti alle aziende, facendo in modo che i cittadini ne sapessero il meno possibile, e difendendo, fino alla Corte di Giustizia europea, questa assenza di trasparenza. Questa non è democrazia, di sicuro non è quella che vogliamo.

Invece di preoccuparsi della figura che fa col Canada (o forse delle promesse alle aziende?), l’Europa si interessasse prima di tutto di riguadagnare la fiducia dei suoi cittadini sempre più in bilico, e che, appunto, porta ai Brexit. Molti cittadini e le associazioni dei consumatori, sono ancora contrari al CETA.

Nonostante la cancellazione del summit, all'ultimo momento il Belgio ha raggiunto l'accordo con la Vallonia, a seguito di un incontro di oltre 10 ore, e ha detto di essere pronto a firmare il trattato, come lo sono gli altri Stati. La firma potrebbe avvenire anche entro venerdi.

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Successivamente il testo passerà all'esame del Parlamento europeo, ma si tratta solo di una formalità a questo punto, e poi occorrerà la ratifica dei ventotto Stati europei.
È comunque possibile che l'accordo sia applicato anche prima della ratifica finale, in via provvisoria, nel qual caso il capitolo sulle clausole ISDS, essendo il più controverso, non dovrebbe avere una attuazione provvisoria. La Commissione, inoltre, si è impegnata a rivedere al più presto le regole dell'arbitrato ISDS, allo scopo di garantire l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici.

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