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Combustibili fossili ed economia del clima: il presidente della COP28 dice cose false e sbagliate

7 Dicembre 2023 15 min lettura

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Combustibili fossili ed economia del clima: il presidente della COP28 dice cose false e sbagliate

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Oltre ogni immaginazione”, “Farsesco”, “Menzogne”, “Quando si mette il Conte Dracula a capo della Banca del Sangue…”. Hanno suscitato un’ondata di riprovazione globale le affermazioni del presidente della COP28, Sultan Al Jaber, rese pubbliche dal Guardian e dal Centre for Climate Reporting domenica scorsa. 

Due settimane fa nel corso di un incontro online, moderato da Mary Robinson, l'ex Presidente dell'Irlanda, ora importante sostenitrice della transizione ecologica, Al Jaber – che, oltre della Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima in corso a Dubai, è anche a capo di Adnoc, la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, e di Masdar, la società statale di energia rinnovabile – ha affermato [min. 4] che non esiste alcuna prova scientifica che dimostri che l'eliminazione graduale dei combustibili fossili sia necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C al di sopra dei livelli preindustriali, e che l'eliminazione graduale dei combustibili fossili non consentirebbe uno sviluppo sostenibile a meno che non si voglia riportare il mondo nelle caverne.

Parole che richiamano drammaticamente slogan propugnati da chi da decenni semina dubbi sul cambiamento climatico e cerca di logorare ai fianchi e sabotare la transizione ecologica necessaria per rallentare il riscaldamento globale ed evitare che si inneschi una serie di effetti a catena e vengano superati pericolosi punti di non ritorno.

Climatologi attivisti ed esperti di diritti umani sono intervenuti evidenziando la gravità delle parole del dirigente petrolifero emiratino e presidente della Conferenza sul clima di Dubai. Per Teresa Anderson, responsabile globale per la giustizia climatica di ActionAid International, le affermazioni di Al Jaber “avulse dalla realtà” vissuta da “centinaia di milioni di persone in prima linea nella catastrofe climatica”. 

“È incredibilmente preoccupante e sorprendente sentire il presidente della COP28 difendere l'uso dei combustibili fossili. È innegabile che per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C dobbiamo tutti ridurre rapidamente le emissioni di carbonio ed eliminare gradualmente l'uso dei combustibili fossili entro il 2035. L'alternativa è un futuro ingestibile per l'umanità”, ha commentato il prof. Sir. David King, presidente del Climate Crisis Advisory Group ed ex consulente scientifico capo del Regno Unito

Mohamed Adow, direttore di Power Shift Africa, ha invece sottolineato come i commenti di Al Jaber dimostrino “quanto lui sia radicato nella visione dei combustibili fossili e sia chiaramente determinato a far sì che questa COP non faccia nulla per danneggiare gli interessi dell'industria del petrolio e del gas”. 

Nelle stesse ore in cui Guardian e Centre for Climate Research divulgavano le affermazioni di Al Jaber, veniva diffuso un rapporto, redatto da importanti scienziati del clima per Future Earth, Earth League e World Climate Research Programme, che va nella direzione esattamente opposta a quanto sostenuto dal presidente di COP28, dando la dimostrazione plastica della spaccatura tra comunità scientifica e organizzazione emiratina del vertice sul clima. Secondo il rapporto, la COP28 dovrebbe “compiere passi inequivocabili verso impegni chiari per un'eliminazione gestita di tutti i combustibili fossili”. 

Lo scienziato del clima Michael Mann ha chiesto le immediate dimissioni di Al Jaber o il boicottaggio della COP28 da parte di tutti.

Assegnare l’organizzazione della COP agli Emirati Arabi Uniti e la presidenza a Sultan Al Jaber, “è stato un terribile errore o un astuto stratagemma per permettere ai veri colori dell'industria dei combustibili fossili di brillare attraverso la foschia petrolchimica di Dubai?”, si chiede il giornalista del Guardian Daniel Carrington.

Che cosa dicono gli studi scientifici

In un commento a caldo, Joeri Rogelj, professore di scienza e politica del clima all'Imperial College di Londra e uno dei principali autori dei rapporti dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite), ha consigliato al presidente di COP28, Al Jaber, di “chiedere in giro l'ultimo rapporto dell'IPCC”, approvato all'unanimità da 195 paesi, tra cui anche gli Emirati Arabi Uniti. Nel rapporto, spiega Rogelj, Al Jaber potrà rendersi conto che tutti i modi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C hanno in comune la stessa cosa: un'eliminazione de facto dei combustibili fossili nella prima metà del secolo. “Tutto questo riporterà il mondo nelle caverne? Assolutamente no, se non per rinfrescarsi durante la prossima ondata di caldo torrido”, ironizza Rogelj. 

Nei modelli dell’IPCC che limitano il riscaldamento globale a 1,5°C, spiega Rogelj in un successivo thread su X, si prevede una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica e metano, ma a livelli diversi: solo la CO2 raggiunge lo zero netto e diventa negativa. Considerato che i combustibili fossili sono la principale fonte di emissioni di CO2, le implicazioni per carbone, petrolio e gas sono significative. In base alle previsioni dell’IPCC, “l'uso globale di carbone, petrolio e gas nel 2050 calerà di circa il 95%, 60% e 45% rispetto al 2019”. 

In sintesi, per rispettare la soglia di 1,5°C, il contributo dei combustibili fossili diminuirà in modo costante e deciso nel prossimo decennio e per tutto il secolo, come mostrato dal grafico allegato in uno dei tweet (in rosso il contributo energetico dei combustibili fossili, in evidente diminuzione).

Nei rapporti dell’IPCC si parla anche di altre strade che si basano su grandi quantità di cattura e stoccaggio del carbonio, ma non sono risolutive perché non riescono a ridurre le emissioni a un ritmo e a una scala tali da limitare il riscaldamento globale a 1,5°C con ampio margine (più di un decimo di grado).

Lo stoccaggio geologico del biossido di carbonio consiste nella iniezione in formazioni geologiche profonde o giacimenti esauriti di idrocarburi, della CO2 liquida ottenuta dalla cattura delle emissioni di centrali elettriche a combustibili fossili e da altri grandi impianti industriali. In questo caso, ogni nuovo impianto a carbone, petrolio e gas dovrà incorporare una tecnologia che catturi le emissioni prima che possano entrare nell'atmosfera. 

Uno studio recente dello Smith School of Enterprise and the Environment (SSEE) ha stimato che una transizione con Cattura e Stoccaggio di Carbonio costerebbe 30mila miliardi di dollari rispetto a una senza. Inoltre, secondo un'analisi dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis, la storia di questa tecnologia ci dice che “rappresenta un rischio finanziario e tecnico significativo e potrebbe rappresentare una soluzione, transitoria, da studiare per quei settori dove le emissioni sono difficili da abbattere (come il cemento)”. La ricerca ha rilevato in particolare che: 1) I progetti falliti sono notevolmente superiori alle esperienze di successo; 2) Queste esperienze si concentrano nel settore di lavorazione del gas naturale al servizio dei combustibili fossili, con conseguente produzione di ulteriori emissioni; 3) Il carbonio catturato è stato utilizzato per lo più per il miglioramento del recupero del petrolio, che non è evidentemente una soluzione per il clima.

In sintesi, ci sono fondati timori che “la CO2 fossile che si intende catturare, verrà catturata male con maggiore anidride carbonica nell’atmosfera”, spiega ancora Rogelj, che poi conclude:

“Perseguire gli sforzi per limitare il riscaldamento a 1,5°C in linea con le decisioni di Parigi, Glasgow e Sharm El Sheikh implica un declino chiaro, deciso e diretto del ruolo dei combustibili fossili nel sistema energetico mondiale”. 

Sulla questione sono intervenuti anche Michael Mann e il climatologo belga ed ex vicepresidente dell'IPCC, Jean-Pascal van Ypersele, con una lettera indirizzata a Sultan Al Jaber.

Nella lettera, scritta prima che venissero rese pubbliche le affermazioni di Al Jaber, Mann e van Ypersele mostrano la stretta correlazione tra incremento della concentrazione di CO2 e aumento delle temperature globali [ndr, cliccando sull'immagine qui sotto è possibile osservare l’andamento delle spirali animate di CO2 e temperature che sintetizzano il comportamento del sistema climatico]

Le spirali dell'aumento delle temperature e della concentrazione di CO2 nell'atmosfera che mostrano la stretta correlazione tra incremento della concentrazione di CO2 e aumento delle temperature globali .

Con l'aumento della concentrazione di CO2, aumenta anche la temperatura globale. La concentrazione di anidride carbonica è aumentata del 50% da quando carbone, petrolio e gas hanno iniziato a essere utilizzati su scala massiccia, mentre sempre più aree del pianeta erano soggette a deforestazione. “Di conseguenza la temperatura globale è aumentata di quasi 1,2°C e continuerà ad aumentare finché aumenterà la concentrazione di CO2”, proseguono i due scienziati del clima. Con le conseguenze che ben conosciamo, ormai: 

“L'obiettivo di 1,5°C è stato adottato non perché fosse facile da raggiungere, ma per la gravità dei danni che possiamo evitare rimanendo entro quella soglia di riscaldamento. Se l'umanità vuole evitare di superare l'obiettivo di 1,5°C, deve assicurarsi che la concentrazione di CO2 smetta di aumentare al più tardi entro il 2050. Ciò significa raggiungere l'azzeramento globale delle emissioni di CO2 entro il 2050, insieme a una significativa riduzione delle emissioni di altri gas serra (metano, ecc.)”.     

La cattura e lo stoccaggio del carbonio può essere utile ma solo se la capacità di stoccaggio permanente è sicura e limitata e se “non viene fatto in un pozzo petrolifero esaurito per estrarre altro petrolio, in una foresta o in una soluzione basata sulla natura che brucerà o sarà influenzata dal cambiamento climatico alla prima occasione”, concludono Mann e van Ypersele: 

“Ciò di cui il sistema climatico ha bisogno per mantenere l'obiettivo di 1,5°C non è solo un aumento delle energie rinnovabili, ma anche la graduale eliminazione dei combustibili fossili, tutti, carbone, petrolio e gas, oltre all'arresto della deforestazione netta entro il 2050. Una piccolissima parte dei combustibili fossili che usiamo oggi potrebbe essere ancora in uso per allora, a condizione che le loro emissioni siano catturate al 100% e immagazzinate in modo sicuro e permanente”.

Perché le parole di Al Jaber non sono sprovvedute come sembrano e vanno prese in seria considerazione

Dopo le rivelazioni di Guardian e Centre for Climate Reporting, Al Jaber ha organizzato una conferenza stampa in cui ha rivendicato il suo background di economista e ingegnere e ha sostenuto che chiesto più volte l'eliminazione graduale dei combustibili fossili e che i suoi sforzi per sostenere il cambiamento climatico sono stati ignorati dai media. “Rispetto la scienza in tutto ciò che faccio – ha detto Al Jaber – e le mie affermazioni sono state travisate e riportate fuori dal contesto in cui sono state pronunciate”. 

Ma le parole del presidente della COP28 non devono sorprendere più di tanto perché in realtà sono meno sprovvedute di quanto si possa pensare. E sono difficilmente travisabili come egli stesso sostiene.

“Finalmente si è tolto la maschera”, ha commentato l'ex vicepresidente statunitense Al Gore. “Era solo questione di tempo prima che venisse smascherato il suo assurdo travestimento per nascondere il più sfacciato conflitto di interessi nella storia dei negoziati sul clima”.

Come sono scelti i presidenti delle COP?

Ogni anno, da 28 anni, i firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) si riuniscono per la Conferenza delle Parti della Convenzione, nota anche come COP, scegliendo ogni anno un paese organizzatore e un presidente.

La COP ruota tra le regioni del pianeta, con gli Stati di ciascuna regione che scelgono chi si candiderà per organizzare il vertice - un piano che deve poi essere approvato da un comitato globale di rappresentanti regionali ospitato dal Segretariato delle Nazioni Unite per il clima.

Se nessun paese della regione interessata si offre di ospitare la conferenza, questa si tiene di solito nella sede del Segretariato a Bonn, in Germania.

Di solito, lo Stato o gli Stati che ospitano la conferenza detengono la presidenza della COP, come nel caso degli Emirati Arabi Uniti quest'anno.

Le affermazioni di Al Jaber sono politiche e perseguono un preciso obiettivo: ritardare quanto più possibile l’eliminazione dei combustibili fossili e la transizione ecologica con la loro sostituzione con soluzioni energetiche alternative. In che modo? Innanzitutto, puntando sul “phase down” (“diminuzione graduale”) invece che sul “phase out” (“eliminazione graduale”) dei combustibili fossili. Gli scienziati del clima sostengono con forza la seconda ipotesi per ridurre rapidamente le emissioni di petrolio e gas, mentre Al Jaber e l’industria dei combustibili fossili tengono aperta la porta alla prima. E poi, spostando la bilancia dei negoziati della Conferenza sul clima tutta sul finanziamento ai danni e alle perdite causate dai devastanti fenomeni meteorologici estremi (che molto spesso hanno colpito paesi già fortemente indebitati) e sulle azioni di adattamento (qui in realtà siamo lontani da un accordo: i paesi ricchi hanno offerto solo 160 milioni di dollari di contributi al Fondo per l'adattamento – appena la metà dell'obiettivo prefissato per quest'anno – ed è grande il timore che buona parte dei finanziamenti siano stati drenati dal fondo “perdite e danni”).

Due sono infatti le assi principali sulle quali ci si muove nelle politiche climatiche: azioni di mitigazione del cambiamento climatico, attraverso l’eliminazione graduale delle emissioni di gas climalteranti, e interventi di adattamento per prevenire gli effetti della crisi climatica, come le difese contro le inondazioni e i sistemi di allerta precoce. 

La COP28 si è aperta con un importante accordo sul fondo “perdite e danni” ma, come spiegano anche Mann e van Ypersele nella loro lettera indirizzata ad Al Jaber, intervenire solo su questo aspetto non risolve il problema. Anzi, in futuro, ci vorranno più soldi, almeno fino a quando ci sarà ancora spazio per poter intervenire.

Scrivono i due scienziati del clima: 

“L'adattamento ai cambiamenti climatici è essenziale per ridurre la gravità degli impatti. Deve avvenire e deve ricevere finanziamenti adeguati. Ma l'adattamento ha limiti rigidi e morbidi, e diventerebbe estremamente difficile e costoso oltre un riscaldamento di 1,5°C, come dimostrato dal Rapporto speciale dell'IPCC sul riscaldamento di 1,5°C.

Già oggi stiamo assistendo a un aumento delle perdite e dei danni, anche con un riscaldamento di 1,2°C. La discussione su perdite e danni non sarebbe diventata così difficile se il riscaldamento fosse stato fermato prima.

Mantenere vivo l'obiettivo di 1,5°C è essenziale per rendere semplicemente possibile l'adattamento.”

La via maestra sono le emissioni zero nette entro il 2050 e la strada più efficace e rapida è l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. “Il sistema climatico non fa politica. Non gioca con le parole. Capisce solo l'emissione o l'assorbimento reale delle molecole di gas serra”, concludono Mann e van Ypersele nella loro lettera. “Emissioni zero nette significa esattamente ciò che queste parole vogliono dire: non può essere emessa una sola tonnellata di CO2 che non sia assorbita al 100% in modo sicuro e permanente”.

La posta in palio della COP28

La decisione tra l’eliminazione o la riduzione graduale dei combustibili fossili potrebbe stabilire il successo o il fallimento del vertice sul clima di Dubai.

È ancora presto per dire se le parole di Al Jaber abbiamo affossato già in partenza la COP28. I segnali, però, non sono incoraggianti. La COP si è aperta con la rivelazione da parte di un’inchiesta di BBC News e Centre for Climate Reporting che gli Emirati Arabi Uniti hanno pianificato di utilizzare il loro ruolo di organizzatori della Conferenza sul clima per concludere accordi “segreti” sul petrolio e sul gas dietro le quinte del vertice. Al Jaber ha respinto le rivelazioni definendole “accuse false, non vere, non corrette e non accurate”. 

Secondo un’altra inchiesta condotta sempre dal Centre for Climate Reporting, questa volta insieme a Channel 4 News, l’Arabia Saudita avrebbe un piano per aumentare “artificialmente” il consumo di petrolio nei paesi africani e asiatici. In un'operazione sotto copertura, i giornalisti del Centre for Climate Reporting si sono spacciati per investitori petroliferi e hanno chiesto ai funzionari del ministero dell'Energia saudita se il paese avesse in programma di aumentare la domanda di petrolio in alcuni mercati. “Sì... è uno degli obiettivi principali che stiamo cercando di raggiungere”, è stata la risposta di uno dei funzionari. Il governo saudita non ha voluto commentare l’inchiesta.

Inoltre, stando ai dati raccolti dalla coalizione Kick Big Polluters Out, alla COP28 si sarebbero iscritti 2.456 lobbisti dell'industria fossile, il quadruplo rispetto alla COP27 di Sharm el-Sheikh del 2022 (per AP sarebbero oltre 1.300, il triplo dello scorso anno). Si tratta della terza “nazione” più rappresentata alla Conferenza, in numero nettamente superiore al totale degli delegati delle dieci nazioni considerate più vulnerabili ed esposte alle conseguenze della crisi climatica. 

Il bilancio globale, il Global Stocktake, sarà la “casa di vetro” che ci dirà chiaramente a che gioco avrà giocato il presidente della COP28, Al Jaber, e se il clima sarà stato ancora una volta sacrificato in nome degli interessi delle industrie dei combustibili fossili (e di tutte le altre figure, anche istituzionali e politiche, che gravitano nei loro rivoli).

Che cos'è il Global Stocktake?

Il Global Stocktake sarà il fulcro dei negoziati di Dubai. È il bilancio globale di due anni attraverso il quale gli Stati valuteranno i progressi fatti come comunità internazionale nell’ambito dell’Accordo di Parigi e quali azioni future intraprendere alla luce di quanto (poco) fatto finora. Uno dei risultati chiave della COP28 sarà proprio il contenuto del testo finale relativo al bilancio, considerato che dovrà essere un documento che conterrà le azioni comuni da fare e le valutazioni di cosa è stato fatto a livello globale. Ogni paese ha indicato le proprie priorità rispetto al bilancio: si va da proposte su come i singoli Stati dovranno aumentare l’ambizione dei loro piani climatici (i contributi nazionali determinati, NDC) agli obiettivi globali sulle misure di adattamento agli effetti del cambiamento climatico e sulla finanza climatica dal 2025 in poi. Data la natura onnicomprensiva del Global Stocktake, i contributi di ciascuna Parte sono tanto vari quanto i negoziati della COP: ognuno potrà fare pressione su obiettivi specifici come la transizione energetica, la trasformazione del settore industriale, lo sviluppo di particolari tecnologie. Ci si aspetta uno slancio sulle rinnovabili, ma destano preoccupazioni alcune “forzature” come la proposta della Russia di classificare il gas come “combustibile di transizione”, o quella dell’Australia di inserire tra gli obiettivi globali l’idrogeno a basse emissioni di carbonio. 

Nella prima bozza del Global Stocktake che sta circolando ci sono opzioni diverse che vanno da una chiara dichiarazione di “eliminazione ordinata e giusta dei combustibili fossili” a nessuna menzione, passando per l’accelerazione degli “sforzi per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili non abbattuti” e la rapida riduzione del “loro uso per raggiungere emissioni nette zero di CO2 nei sistemi energetici entro o intorno a metà secolo”. È la proposta caldeggiata dalle industrie fossili e dai paesi produttori di petrolio: la fine dei “combustibili fossili non abbattuti” passa per la discussa tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio di cui si parlava prima. 

Cosa si intende per combustibili fossili “non abbattuti”?

Per “non abbattuto” si intende la combustione di combustibili fossili in cui le emissioni di anidride carbonica (CO2) o di altri gas a effetto serra vengono rilasciate direttamente nell'atmosfera, contribuendo al riscaldamento globale.

Al contrario, “abbattuto” si riferisce alla combustione di carbone, petrolio e gas combinata con la cattura e lo stoccaggio permanente di una parte dei gas serra risultanti. Su questa proporzione si gioca la definizione condivisa di cosa si possa intendere per “abbattuto”.

La nota a piè di pagina dell'IPCC spiega che, per essere considerate “abbattute”, si dovrebbe catturare almeno il 90% delle emissioni da combustibili fossili delle centrali elettriche e il 50-80% del metano proveniente dall'approvvigionamento energetico. 

Tuttavia, questa definizione è ancora poco chiara perché si potrebbe intendere che i due requisiti siano in alternativa. Per chiarire questa confusione, Alaa Al Khourdajie, ricercatore dell’Imperial College di Londra, e Chris Bataille, ricercatore del Center on Global Energy Policy della Columbia University e uno degli altri autori dell'IPCC, hanno pubblicato un saggio in cui scrivono che il termine ‘abbattuto’ “dovrebbe essere riservato ai casi in cui le emissioni di carbonio in corso derivanti dall'uso di combustibili fossili sono ridotte del 90-95% o più; le emissioni di metano fuggitive a monte sono inferiori allo 0,5%, e si avvicinano allo 0,2%, della produzione equivalente di gas naturale; e le emissioni catturate sono immagazzinate in modo permanente".

Al Khourdajie osserva che la definizione vaga di combustibile fossile “abbattuto” dà un “falso, se non pericoloso, senso di sicurezza” che potrebbe portare a misure politiche e decisioni di investimento inadeguate.

“Non credo che lasceremo Dubai senza un linguaggio chiaro e una direzione chiara sull'abbandono dei combustibili fossili”, ha dichiarato David Waskow, direttore dell'iniziativa internazionale sul clima presso il World Resources Institute. “Assolutamente no”, ha risposto il ministro dell'Energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, quando gli è stato chiesto, durante un'intervista televisiva, se il suo paese avrebbe sostenuto un accordo che prevedeva la riduzione o l'eliminazione graduale dei combustibili fossili. “Si sta ponendo troppa enfasi sull'eliminazione dei combustibili fossili, del petrolio e del gas” e non abbastanza sulla “gestione delle emissioni a essi associate”, ha dichiarato al Financial Times l’amministratore delegato di Exxonmobil, Darren Woods.

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Questo, dunque, il clima dei negoziati di Dubai, nei giorni in cui il rapporto Global Carbon ha affermato che siamo sulla buona strada per bruciare più carbone, petrolio e gas nel 2023 rispetto al 2022, raggiungendo nuovi record di emissioni globali di anidride carbonica, derivanti dalla combustione di combustibili fossili e dalla produzione di cemento.

La posta in gioco è chiara. Chi avrà la meglio? Gli interessi del settore petrolio e gas o le indicazioni della scienza del clima e le necessità del pianeta e delle popolazioni di tutto il mondo?

I dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera

I dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Immagine in anteprima: UNclimatechange via Flickr

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