#Grecia2015: Perché i neonazisti di Alba Dorata fanno ancora paura
7 min letturaFoto via EnetEnglish.
In partnership con i giornali locali del gruppo Espresso
Qualche giorno fa, circa 300 membri di Alba Dorata si sono riuniti nella hall di un albergo a Koropi, una cittadina fuori Atene, per un evento elettorale piuttosto particolare. Contrariamente agli altri partiti – che hanno invaso con gazebo e stand tutte le principali città greche – i neonazisti greci stanno tenendo un profilo bassissimo, e in questa campagna la loro presenza è impercettibile. Ad Atene, per esempio, i militanti stanno rintanati nelle loro sedi e il logo di Alba Dorata lo si può vedere quasi esclusivamente sui volantini infilati sotto i tergicristalli delle macchine.
Il motivo è piuttosto semplice: dal settembre del 2013, dopo l’omicidio del rapper antifascista KillahP, tutti i leader del partito sono rinchiusi nel carcere di massima sicurezza di Korydallos. Ed è proprio da qui che il deputato Ilias Kasidiaris – uno dei membri più in vista, nonché il prototipo del perfetto neonazista greco - si rivolge ai camerati radunati a Koropi.
Un evento elettorale di Alba Dorata nella cittadina di Papagos.
La sua voce è diffusa dagli amplificatori nella sala: “Le televisioni ci presentano come degli accoltellatori, dei criminali, degli ignoranti e degli immaturi. Ma come potete vedere, noi rappresentiamo il meglio che può offrire la società greca”. Il suo breve discorso telefonico infiamma i militanti del partito, e si conclude con l'affermazione che anche alle elezioni del 25 gennaio Alba Dorata registrerà un buon risultato elettorale: “Stiamo scrivendo la storia politica della Grecia moderna, e saremo i vincitori anche questa volta”.
Negli ultimi sondaggi elettorali Alba Dorata oscilla tra il terzo e il quarto posto, aggirandosi intorno al 5-6% del voto. Alcuni sondaggisti, tuttavia, sono convinti che il giorno delle elezioni i consensi potrebbero anche essere superiori – e questo nonostante le indagini, gli arresti e gli scandali.
Greek General Elections of January, 25 2015 - VOTE ESTIMATE-1, Wave 4: 20-23/1/2015 pic.twitter.com/yv6TOvJFXi
— Public Issue (@publicissue) January 23, 2015
Rispetto a qualche tempo fa c’è stata comunque una netta flessione – a un certo punto, Alba Dorata era salita al 14% - ma la resilienza del partito di estrema destra è uno dei fenomeni più preoccupanti e apparentemente inspiegabili del panorama politico greco.
A ogni modo, per non farsi mancare proprio nulla in questa campagna elettorale sottotono, il 22 gennaio il giornale greco Efimerida ton Syntakton ha pubblicato un video che riprende i militanti di Alba Dorata urlare “Sieg Heil” e cantare l’inno della Germania in mezzo a bandiere e simboli nazisti.
L’irrestibile ascesa (e caduta?) di un partito neonazista
Alba Dorata è la creatura del suo “Führer” Nikolaos Michaloliakos, figlio di collaboratori dei nazisti e da sempre militante di estrema destra. Prima di diventare un partito vero e proprio, Alba Dorata nasce nel 1980 come una rivista – scrive il giornalista Dimitri Deliolanes nel libro Alba Dorata. La Grecia nazista minaccia l'Europa– “dalla grafica scadente, con una periodicità incerta a diffusione militante”.
Per più di vent’anni, Michaloliakos e camerati rimangono un fenomeno pericoloso ma assolutamente marginale. Dal 2009 in poi, l’avvento della crisi economica e lo slittamento a destra del discorso politico greco (specialmente riguardo a temi come immigrazione e sicurezza) dissodano il terreno per l’aumento dei consensi al partito neonazista.
Tra ronde contro gli immigrati, pogrom nel pieno centro di Atene e pugni in diretta tv, l’affermazione arriva con la doppia elezione di maggio e giugno del 2012, dove il partito raccoglie il 7% dei voti ed elegge 18 deputati.
La conferenza stampa di Michaloliakos dopo le elezioni del 2012.
L’ingresso trionfale in Parlamento coincide con un’impressionante escalation di violenza per le strade della Grecia. Per citare alcuni degli esempi più eclatanti: l’8 settembre del 2012 una squadraccia di Alba Dorata assalta il mercato multietnico di Rafina; l’11 ottobre del 2012, ad Atene, i militanti interrompono lo spettacolo teatrale Corpus Christi, ritenuto blasfemo; il 17 gennaio del 2013 due neonazisti uccidono in pieno giorno l’immigrato di origine pakistana Shehzad Luqman; e il 12 settembre del 2013, nel quartiere ateniese di Perama, circa 50 albadorati tendono un’imboscata a un gruppo di militanti comunisti del KKE, mandandone in ospedale nove.
Secondo il giornalista Dimitris Psarras, autore del Libro nero di Alba Dorata, la strategia dei neonazisti greci assomiglia molto a quella dell’eversione nera in Italia: “Vogliono costringere l’altra parte a commettere atti violenti, proprio come la strategia della tensione usata in Italia negli anni ‘70”. E gli stessi deputati di Alba Dorata – come Ilias Panagiotaros – si dicono pronti a combattere “un nuovo tipo di guerra civile”.
La conferma che la frase di Panagiotaros non è una semplice provocazione arriva il 18 settembre del 2013, quando il simpatizzante George Roupakias uccide il rapper Pavlos Fyssas (KillahP) a Keratsini, vicino al Pireo. L’omicidio provoca una serie di proteste in tutto il paese e segna l’apice della strategia della tensione neonazista.
Roupakias (al centro della foto) con i camerati di Alba Dorata.
Dopo anni di inerzia, le autorità greche decidono di reagire e lanciano una vasta operazione di polizia contro il partito. Il 28 settembre del 2013 Nikos Mihaloliakos, dirigenti e deputati sono arrestati e accusati di una sfilza di reati, tra cui associazione per delinquere, omicidio, lesioni e detenzione illegale di armi.
Le attività criminali e paramilitari di Alba Dorata
L’inchiesta sul partito rivela una serie di fatti piuttosto agghiaccianti. Il sito Jail Golden Dawn ha raccolto i 60 casi oggetto d’indagine, che comprendono – tra le varie cose – aggressioni a migranti, sindacalisti e attivisti antifascisti, raid squadristi contro i centri sociali e assalti alle banche con tanto di molotov. Vengono anche ritrovati veri e propri arsenali a disposizione di membri di Alba Dorata in tutta la Grecia.
Una simile disponibilità di armi fa pensare a una sorta di struttura paramilitare parallela all’attività politica del partito. La circostanza viene sostanzialmente confermata da un militante “pentito”, che spiega alla polizia greca come funzioni realmente il partito: “Alba Dorata ha una struttura paramilitare e almeno tremila uomini pronti a tutto. Abbiamo circa 50 falangi pronte agli scontri di piazza, nonché commandos per azioni mirate, aggressioni contro gli immigrati e ritorsioni contri i nemici dell’organizzazione”.
Un altro testimone, nel corso di un’udienza del processo, ha parlato anche dei progetti a lungo termine del partito: “L’obiettivo finale di Alba Dorata è l’istituzione di un regime guidato da un partito unico, in cui lo stato e il partito formino una cosa sola e il primo è subordinato al secondo”.
In più, dagli hard disk dei computer sequestrati escono fuori più di 14mila foto e 900 video che documentano come Alba Dorata organizzasse campi d’addestramento militari e anche false esecuzioni, probabilmente per tenersi allenati in vista del “nuovo tipo di guerra civile”.
Greece's Golden Dawn investigated over mock execution pictures http://t.co/rcQRsCX1rh @guardianworld pic.twitter.com/230kV489kz
— The Guardian (@guardian) January 17, 2014
Altre foto pubblicate dalla stampa greca, invece, smentiscono clamorosamente quello che ripete da anni Mihaloliakos, ossia che “non siamo nazisti, ma fieri nazionalisti”.
Nella foto: Christos Pappas, numero due di Alba Dorata, e Nikos Mihaloliakos mentre fanno il saluto nazista.
Le carte documentano anche i canali di finanziamento del partito. L’avvocato Thanasis Kabayiannis, che rappresenta le parti civili al processo, ha spiegato a Channel 4 che le sezioni di Alba Dorata a Nikaia e Agios Panteleimonas (due quartieri di Atene) gestivano una “rete di protezione” – cioè fornivano i loro “servizi” a imprenditori e commercianti che volevano attaccare i propri rivali – ed erano coinvolte in attività estorsive nei confronti di negozianti e immigrati.
Ilias Kasidiaris (al centro) regge una bandiera con una svastica. Foto scattata nel dicembre del 2012.
Impunità e ipocrisia
Nonostante la mole di prove, diversi osservatori hanno sottolineato come – in caso di assoluzione – i neonazisti potrebbero sfruttare politicamente il processo dipingendosi come dei perseguitati. Altri, invece, hanno messo in dubbio le credenziali antifasciste del governo di Samaras.
Nel marzo del 2014, Ilias Kasidiaris mette online il video di una conversazione (ripresa con la telecamera nascosta) avuta con Takis Baltakos, il segretario generale dell’esecutivo. In esso, Baltakos confida al deputato neonazista che gli arresti dei vertici del partito “erano stati orchestrati” dallo stesso Samaras “per motivi di consenso interno”, e che le prove non sono sufficienti a giustificare la repressione giudiziaria di Alba Dorata.
La pubblicazione di quel dialogo provoca un enorme scandalo politico che costringe Baltakos a dimettersi, e al contempo rivela l’esistenza di canali riservati di comunicazione tra Nea Dimokratia e Alba Dorata. Ma del resto, lo sdoganamento del partito neonazista era un fatto notorio già prima dell’inchiesta.
Se i partiti della destra greca hanno sempre mostrato una certa tolleranza nei confronti di Alba Dorata, il discorso si trasforma in aperta collusione quando si affronta il nodo dei rapporti tra polizia e neonazisti. Subito dopo l’omicidio di Fyssas, infatti, due alti dirigenti della polizia greca si sono dimessi; e quattro capi distretto sono stati sospesi per aver collaborato con i neonazisti. Dopo aver lanciato un'investigazione interna, inoltre, la polizia ha inviduato altri poliziotti collusi.
Nel 2012 un funzionario di polizia aveva raccontato al Guardian che l’infiltrazione di Alba Dorata nella polizia greca era arrivata a livelli inimmaginabili, e che le “sacche di fascismo” presenti nelle forze dell’ordine erano state volutamente ignorate dai vertici. Il poliziotto aveva poi sostenuto che la compenetrazione tra la polizia e Alba Dorata rappresentava un rischio letale per l’intero apparato democratico greco.
La minaccia di Alba Dorata non è ancora finita
Questo tipo di impunità di cui ha potuto godere Alba Dorata spiega fino a un certo punto l’ascesa dei neonazisti.
Il giornalista greco Kostas Kallergis ha ricostruito come il partito di estrema destra sia riuscito ad aumentare considerevolmente i suoi consensi nelle “roccaforti rosse” di Perama e Nikaia, due quartieri di Atene. Dimostrandosi attiva e presente sul terroritorio, Alba Dorata ha attratto nella sua orbita non solo i giovani disoccupati, ma anche la classe operaia colpita dalla crisi e delusa dai sindacati tradizionali, accusati di non essere riusciti a difendere i posti di lavoro.
Secondo Kallergis, sentito da Valigia Blu, “in un periodo di crisi, caos e incertezza, la gente tende verso gli estremismi in cerca di un cambiamento radicale. Chi è passato da sinistra all’estrema destra, ognuno per i suoi motivi, è rimasto deluso dagli ideali dei propri parenti, dai partiti tradizionali e dalla stessa tradizione politica della loro famiglia. Quello ad Alba Dorata è principalmente un voto di protesta”.
"Alba Dorata, unica opposizione nazionale": messaggio elettorale televisivo di Kostas Alexandrakis.
Per ora, comunque, il processo contro Alba Dorata ha indebolito il partito ma non ne ha determinato la scomparsa.
Come afferma Dimitris Psarras, in questi anni la Grecia "non ha subito solo una crisi economica, ma un collasso generalizzato del sistema politico. Attualmente, gran parte della popolazione non ha più alcuna fiducia nei media, nelle istituzioni democratiche e nella giustizia”. In più, alcune idee di Alba Dorata (per esempio quelle sull’immigrazione) sono “fortemente radicate” nella società greca.
Insomma, non sono ancora venute meno le ragioni politiche che hanno spinto una buona percentuale dell’elettorato greco a rivolgersi a un gruppo violento e antidemocratico.
"Credo che l'ascesa di Alba Dorata sia un fenomeno legato alla crisi, e che scomparirà quando sarà finita la crisi", dice Kallergis. "Per esempio, se il paese tornerà a crescere e se le persone torneranno a lavorare, allora smetteranno di considerare i migranti come la causa principale della loro disoccupazione".